L’intervista
Luciano Canfora: «Gli studenti incarnano la coscienza che si ribella. L’antifascismo? Una lotta attualissima»
Per il professore, la scuola, l’università e il sindacato sono i luoghi dove vivono la speranza e la battaglia in difesa dei diritti. Un dissenso che il potere reprime, anche con il manganello. Perché l’autoritarismo è un’esperienza che si perpetua
La scuola, l’università, il sindacato. A questi tre luoghi occorre guardare, se si vuole trovare la speranza nei tempi bui che corrono. Luciano Canfora, classe 1942, storico del mondo antico e filologo di fama internazionale, li elenca di slancio. «Sono tre realtà spesso malviste, afflitte da problemi gravi, ma importantissime. Perché qui la coscienza è sempre viva, perché qui si svolge la vita vera. Nelle prime due, i giovani sviluppano una mente critica. Nella terza si difendono i diritti sociali, quelli legati al lavoro», spiega il professore emerito dell’Università di Bari. Proprio mentre gli studenti fanno le barricate per ribadire che non si può essere complici dello sterminio perpetrato dalle forze israeliane nella Striscia di Gaza; proprio mentre si raccolgono i corpi di altri operai morti nello scempio di ogni misura di sicurezza.
«Le proteste che infiammano gli atenei dell’intero pianeta, al di là della semplicità dei motti che le sintetizzano, sono certamente da apprezzare. I ragazzi e le ragazze s’indignano di fronte a ciò che accade in Medio Oriente, è un fatto molto positivo», commenta Canfora. Quelle manifestazioni, infatti, provano l’esistenza di «una coscienza morale che si ribella. Dalla fine degli anni Sessanta in poi, i movimenti hanno via via incentrato la loro lotta su questioni diverse; contro gli autoritarismi o nel rivendicare il diritto allo studio, per esempio. Ora i nodi sono la pace, la guerra, i profitti derivanti dalla produzione e dalla vendita di armamenti».
Una partecipazione che spicca nel panorama italiano di «analfabetismo politico»: ossia «il misto di disgusto, sfiducia e conoscenza tanto superficiale da essere quasi deleteria che nasce dalla separazione netta tra i cittadini, pur di buona volontà, e le formazioni politiche. Queste ultime non sono più partiti, ma comitati elettorali che propinano slogan nel corso di telegiornali trasformati in varietà». Ecco perché il professore ha condensato una serie di temi e di parole fondamentali per la democrazia nel suo nuovo “Dizionario politico minimo” (curato da Antonio Di Siena e pubblicato da Fazi Editore). Oltre a generare distacco, l’ignoranza può diventare il grimaldello attraverso cui il potere manipola l’informazione o impedisce la circolazione delle idee: «Basta citare il caso del monologo sul 25 aprile dello scrittore Antonio Scurati censurato dalla Rai. O la recente notizia, passata in sordina, del ritrovamento di fosse comuni nei territori palestinesi».
Del resto, lo stesso Canfora è diventato preda della caccia al dissenso intellettuale. Il prossimo ottobre si aprirà il processo che lo vede imputato per diffamazione aggravata nei confronti di Giorgia Meloni: la presidente del Consiglio, quand’era ancora leader d’opposizione, rispose con querela e richiesta di risarcimento del danno al professore che l’aveva definita «neonazista nell’animo» durante un incontro con gli alunni di un liceo. Senza indugiare su una vicenda che lo tocca personalmente, lui si limita a ricordare che nemmeno Giulio Cesare reagì alle caustiche invettive rivoltegli, sotto forma di versi, da Catullo. «Replicare, si sa, significa raddoppiare l’offesa».
Dalle aule di giustizia alle cariche della polizia, la repressione serra i ranghi davanti ai giovani che manifestano per chiedere d’interrompere la cooperazione con Israele e per esprimere solidarietà alla Palestina. «Il nostro Paese, suddito della Nato, copia il modello degli Stati Uniti. Dove chi contesta il sostegno a Tel Aviv da parte dell’amministrazione è punito, intimidito, fermato», riprende Canfora. «Da noi il manganello è stato usato fisicamente contro gli studenti, talvolta anche minorenni, come avvenuto a Pisa nei mesi scorsi. Ma spesso viene impiegato per sollecitare gli spiriti; una funzione che fu elogiata da Giovanni Gentile, già ministro della Pubblica Istruzione del primo governo Mussolini, in un discorso tenuto a Palermo nel 1924». Secondo il professore, inoltre, «accusare i movimenti di antisemitismo è una stupidaggine perché le proteste sono indirizzate all’esecutivo del premier Benjamin Netanyahu, non al popolo israeliano. Il quale, a sua volta, scende in piazza». Quanto alle frange violente, «ci sono sempre state: il malfunzionamento delle strutture organizzative agevola le infiltrazioni. Lo Stato, però, detiene il monopolio della forza e non deve porsi sullo stesso piano dei facinorosi».
Il richiamo a Gentile, «filosofo del manganello», evoca il pericolo di rigurgiti del Ventennio. Oltre a quello di essere bollati come ossessionati dai fantasmi del passato. «Si finge che tale rischio non esista e intanto, in modo strisciante, si filtra l’esperienza fascista. Che passa di generazione in generazione. Fu Silvio Berlusconi ad avviare l’operazione, sdoganando il Movimento sociale italiano e avallando l’idea che, fino alla promulgazione delle leggi razziali, il fascismo fosse una cosa buona», conclude il professore. «E non va meglio all’estero. Esempi? I comizi del partito di estrema destra Vox, in Spagna, mettono i brividi. In Finlandia, nel 2023, tre ministri degli Affari economici sono stati costretti a dimettersi nell’arco di poche settimane per le loro simpatie verso il nazismo».
Ma una spiegazione e una via di salvezza Canfora le indica nel suo “Dizionario politico minimo”. «L’arretramento della sinistra sul terreno dei diritti sociali ha coinciso con lo svuotamento della parola “antifascismo”. Il fatto che oggi al vertice della Repubblica – presidenza del Consiglio, presidenza del Senato – ci siano persone che incarnarono direttamente l’esperienza dell’Msi, rivendicandola con orgoglio, ha riproposto la questione. Ma dell’antifascismo bisogna tornare a parlare come di un corpo vivente, non venerarlo come un cadavere mummificato. Antifascismo non è semplicemente l’avere lottato allora, ma realizzare ciò che è stato messo per iscritto nella Costituzione. Per questo non è una battaglia retrograda, bensì attualissima».