Egregio Presidente Mattarella,
Siamo giovani cittadine, le studentesse e gli studenti della Sapienza, da otto mesi in mobilitazione e da undici giorni in presidio permanente all’interno della nostra Università. Durante questo lungo percorso abbiamo lottato contro il genocidio in Palestina e ci siamo interrogate sulla complicità delle nostre Università nel massacro che continua ad acuirsi proprio in questi giorni.
Dall’inizio della mobilitazione, come le nostre compagne e compagni delle altre università italiane e mondiali, abbiamo chiesto ai rettori e alle rettrici uno spazio di dialogo e di prendere provvedimenti sui legami che i nostri atenei intrattengono con l’industria bellica e con le Università israeliane schierate in prima linea nel sostegno delle operazioni in Palestina.
Le uniche risposte che abbiamo ottenuto sono state silenzi, fughe e manganelli in maniera indiscriminata: un muro di gomma che è in contraddizione con l’approccio critico che è la condizione necessaria per la libertà della ricerca. Abbiamo constatato che le Università italiane sono sempre meno attente alla pluralità che dovrebbe caratterizzare i luoghi di formazione e sempre più subalterne al potere economico. Siamo i e le giovani tanto interpellate a costruire il futuro di questo paese, ma sembra che la nostra voce sia ascoltata solo se è allineata al potere costituito, anche davanti ad un genocidio.
Come garante della nostra democrazia e della Costituzione che ripudia la guerra, la sua presenza in ateneo ci interpella; ci chiediamo come sia possibile che in questi spazi che dovrebbero costruire le basi della democrazia non ci sia spazio per le voci di dissenso, che sono trasversali e molto condivise, come dimostrano anche le chiamate all’azione di intere facoltà deliberate in assemblee ufficiali e pubbliche.
La libertà di ricerca non può contrastare con la libertà di esistere dei popoli, e noi non vogliamo in nessun modo che la nostra ricerca e il nostro sapere siano applicati alla guerra e agli armamenti. La nostra generazione si trova davanti un futuro precario e incerto, costellato da guerra e catastrofi climatiche. Proprio per questo ci mobilitiamo e alziamo la voce, ma le istituzioni non solo sono sorde alle nostre rivendicazioni e paure, addirittura attivamente le contrastano e cercano di invisibilizzarle.
Riteniamo quindi che in questo clima di censura e repressione la sua visita a porte chiuse non faccia altro che rafforzare e legittimare il modus operandi adottato dalla governance dell’università, che ricordiamo non essere in linea con i principi di pace e democrazia promossi dalla costituzione di cui Lei è garante.
In conclusione, crediamo che in questo momento storico, e date le attuali circostanze ovvero il presidio fisso delle Tende contro il genocidio a Gaza, la sua visita alla Sapienza non possa svolgersi nella torre d’avorio del rettorato alla quale, come è stato più volte dimostrato, l’accesso delle studentesse e degli studenti è blindato. La invitiamo pertanto a raggiungerci al presidio delle tende, per avere finalmente quel confronto con le istituzioni che da tanto tempo ormai chiediamo.