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Il ballo delle poltrone in Europa: dopo Metsola, Von der Leyen cerca la riconferma

di Simone Alliva   17 luglio 2024

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E poi il terremoto giudiziario nel comune di Venezia. L'Iran smentisce il coinvolgimento nell'attentato contro Trump. L'Ucraina pronta allo scambio di 90 prigionieri con la Russia. I fatti del giorno

Maggioranza record per Metsola, Ursula vede i meloniani
La settimana del potenziale capolavoro politico di Ursula von der Leyen è, per il momento, la settimana di Roberta Metsola. La presidente del Parlamento europeo, come previsto, è stata riconfermata alla testa dell'unica istituzione eletta dai cittadini tra gli organi dell'Ue. Meno prevista era la maggioranza che l'ha incoronata: 562 eurodeputati hanno detto sì alla maltese, un record, nel nome di larghissime intese che hanno visto a bordo elementi di praticamente tutti i gruppi i politici.

Von der Leyen non avrà gli stessi numeri. La presidente della Commissione uscente si è trasferita da lunedì a Strasburgo. Ha visto, per ultimi, i Conservatori. E non li ha convinti. Ma la partita per il suo bis, sul fronte di Ecr, si gioca altrove. E avrà nel colloquio telefonico con Giorgia Meloni il suo momento chiave. Con il gruppo dei Conservatori von der Leyen ha trascorso - parole sue - "un'ora intensa". Ha toccato temi cari a meloniani, come la migrazione, la necessità di un commissario alla sburocratizzazione per le imprese, la messa a punto di un Green Deal che sia pragmatico. Sulla migrazione, spiegano fonti parlamentari, a Fdi è piaciuta la volontà di von der Leyen di continuare con le partnership con i Paesi terzi che, per la premier italiana, sono oramai un'assioma. Sul Green Deal, invece, la fumata è stata grigio-nera. "Serve un radicale cambio di passo e il superamento di un approccio ideologico sulla transizione", ha sottolineato Carlo Fidanza, primo a parlare nel gruppo. I polacchi del Pis hanno usato toni ancora più netti, Marion Marechal non è stata da meno. Al momento, la gran parte di Ecr è orientata per il no, al massimo per l'astensione (che comunque vale come voto contrario). La riunione è terminata con pochi sorrisi e tanti punti interrogativi.

Von der Leyen è tornata a tessere la sua tela tra i corridoi dell'Eurocamera, consapevole tuttavia che, anche con Ecr, la partita resta aperta. La telefonata con Meloni, con il passare dei giorni, rischia di diventare un Godot dai contorni poco definibili. Da qui a mercoledì sera ogni momento può essere quello buono. Ma con la premier von der Leyen non potrà solo soffermarsi sul programma. Dovrà parlare del peso che avrà l'Italia nella Commissione del futuro. E per incassare il sì dei 24 meloniani dovrà assicurare alla loro leader una vicepresidenza dell'esecutivo Ue, andando oltre l'assegnazione di una delega di peso. Sul profilo, il principale indiziato resta quello di Raffaele Fitto. Il ministro per gli Affari Ue, il Sud, la Coesione e il Pnrr potrebbe avere un portafoglio che include il bilancio comunitario e il Next Generation Ue. E mentre von der Leyen vedeva Ecr Fitto era a Bruxelles, per un faccia a faccia - guarda caso - proprio con il commissario al Budget, Johannes Hahn. "Un proficuo scambio di vedute", ha twittato Fitto. Secondo i rumors strasburghesi il ministro potrebbe arrivare al Pe mercoledì ma nessuno, né al Pe né dal suo staff ne ha dato una conferma ufficiale. Von der Leyen, rispetto a Ecr, ha un problema.

Un endorsement dei meloniani potrebbe allargare la pattuglia dei franchi tiratori, soprattutto tra i Liberali e i Socialisti. E potrebbe far evaporare l'aiuto dei Verdi, al momento piuttosto sicuro e anche corposo: si tratta, in teoria, di 53 voti. Allo stesso tempo von der Leyen deve fare i conti con un Ppe che sotterraneamente ribolle. L'ingresso dei Greens in maggioranza a molti non piace. L'eventuale sì di Fdi semina, allo stesso tempo, più di un malumore. I tre partiti filo-Ue contano 401 eletti. Con il supporto dei Verdi von der Leyen avrebbe un margine di oltre 90 voti rispetto al quorum di 361. "Non c'è altra scelta", spiega al Pe chi è convinto che, seppur senza entusiasmo, von der Leyen ce la farà. "I 562 voti di Metsola possono avere un effetto positivo sul voto su Ursula", ha sottolineato Fulvio Martusciello. Eppure, la maggioranza record di Metsola si staglia come un'ombra sulla tedesca del Ppe. In caso di clamorosa debacle, gli occhi saranno tutti su Metsola.

 

L'Iran smentisce il proprio coinvolgimento nell'attentato contro Trump
L'Iran intende portare l'ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump davanti alla giustizia per il suo ruolo nell'assassinio del generale Qasem Soleimani, me respinge ogni accusa di coinvolgimento nel recente attentato contro il candidato Repubblicano alla Casa Bianca. "La Repubblica Islamica, senza alcun dubbio, porterà la questione dell'assassinio del generale Soleimani davanti alla giustizia internazionale" ha dichiarato il ministro degli Esteri iraniano ad interim, Ali Bagheri Kani.

Secondo quanto riportato ieri dalla stampa statunitense nelle ultime settimane il Secret Service aveva rafforzato la sicurezza attorno a Donald Trump dopo aver ricevuto informazioni su un presunto piano iraniano per un attentato contro l'ex Presidente. Secondo le fonti tuttavia non esiste alcuna indicazione che Thomas Matthew Crooks, l'attentatore che sabato scorso aveva ferito Trump prima di essere abbattuto dall'Fbi, fosse collegato in alcun modo al complotto. Nell'agosto del 2022 il Dipartimento della Giustizia aveva avviato un'inchiesta su un membro delle Guardie della Rivoluzione iraniane per un presunto tentativo di organizzare un attentato contro John Bolton, ex Consigliere per la Sicurezza nazionale di Trump, considerato "una probabile rappresaglia" per l'assassinio del generale Soleimani, avvenuto due anni prima. Un'altro possibile obbiettivo iraniano sarebbe stato l'ex Segretario di Stato di Trump, Mike Pompeo, secondo quanto reso noto da fonti dell'Fbi.

 

HRW denuncia crimini guerra di Hamas il 7 ottobre 
I gruppi armati palestinesi a Gaza hanno commesso "centinaia" di crimini di guerra durante l'attacco senza precedenti in Israele del 7 ottobre. Lo denuncia l'ultimo rapporto di Human Rights Watch (HRW). L'indagine, che costituisce uno degli studi internazionali più approfonditi finora sull'attacco che ha scatenato l'attuale guerra a Gaza, descrive nel dettaglio tutta una serie di crimini che non possono essere prescritti dal diritto internazionale. "È impossibile per noi quantificare i casi con precisione", ha detto Belkis Wille, direttrice associata dell'organizzazione per i diritti umani in una conferenza stampa, aggiungendo che "ovviamente ce ne sono stati centinaia quel giorno".

Fra i crimini di guerra denunciati dall'organizzazione ci sono "attacchi deliberati e indiscriminati contro civili e beni civili, uccisioni intenzionali di detenuti, trattamenti crudeli e inumani, violenza sessuale e di genere, mutilazione e furto di resti umani, uso di scudi per i diritti umani nonché atti di saccheggi". Il rapporto si concentra sulle violazioni del diritto internazionale umanitario, un insieme di regole riconosciute dagli stati per la condotta in guerra, la maggior parte delle quali sono ancorate alle Convenzioni di Ginevra. Human Rights Watch ha inoltre identificato i "crimini contro l'umanità" come "l'uccisione pianificata di civili e la presa di ostaggi", si legge nel rapporto. Il gruppo islamico palestinese Hamas è considerato l'autore dell'attacco, ma il rapporto cita diversi altri gruppi armati che hanno commesso crimini di guerra il 7 ottobre, tra cui la Jihad islamica palestinese. "La realtà è che la violenza peggiore chiaramente non è stata commessa dai civili di Gaza", ha detto Wille, che ha sottolineato "la natura incredibilmente pianificata e coordinata" dell'attacco alle città, ai kibbutz e alle basi militari nel territorio israeliano che circonda Gaza. Più di 815 civili sono stati uccisi durante questo attacco, secondo il rapporto. Secondo le stime, in tutto quel giorno sono stati uccisi 1.195 israeliani fra civili e militari.

 

Luigi Brugnaro

 

Bufera corruzione su Venezia, indagato sindaco Brugnaro
Un terremoto giudiziario si è abbattuto sul Comune di Venezia. In un'inchiesta per corruzione, legata alla vendita di aree pubbliche e di palazzi comunali, è stato indagato il sindaco della città, Luigi Brugnaro, assieme a due funzionari del suo gabinetto, Morris Ceron, e Derek Donadini. Nella stessa inchiesta della Guardia di Finanza, ma in un filone diverso, è stato arrestato l'assessore comunale alla mobilità Renato Boraso. In cella anche l'imprenditore edile Fabrizio Ormenese. Agli arresti domiciliari sono finiti invece altri 7 funzionari comunali e di partecipate pubbliche, tra le quali l'azienda dei trasporti comunale Actv. Per altri sei indagati è stata disposta l'interdizione per 12 mesi dai pubblici uffici. In tutto gli indagati sono 18; tra essi anche il direttore generale dell'Actv, Giovanni Seno, e il responsabile del settore appalti, Fabio Cacco. Una bufera, per proporzioni e portata politica, seconda solo all'inchiesta sugli appalti del Mose, che 10 anni fece scattare 35 arresti in laguna. A Boraso, ex Forza Italia transitato sotto le insegne della 'lista Brugnaro' e in Coraggio Italia - movimento fondato da Brugnaro assieme a Giovanni Toti - la Procura di Venezia contesta 11 episodi di corruzione, concussione e autoriciclaggio: vicende dal 2015 a oggi tra cui la vendita al ribasso di Palazzo Papadopoli, che vede coinvolti in un altro filone anche il sindaco Luigi Brugnaro e il suo capo di gabinetto Morris Ceron.

Per l'accusa Boraso, all'epoca assessore al Patrimonio, si sarebbe fatto consegnare 73.200 euro dagli emissari del magnate di Singapore Chiat Kwong Ching, con fatture alla sua società "Stella consulting" per consulenze inesistenti, nel 2017 e nel 2018; cifre poi girate ad altre due sue aziende. "Ha sistematicamente mercificato la propria pubblica funzione, svendendola agli interessi privati", dice il gip. E in un'intercettazione il sindaco lo mette in guardia: "Tu non mi ascolti, tu non capisci un c… Mi stanno domandando che tu domandi soldi, tu non ti rendi conto, rischi troppo… Se io ti dico di stare attento, ti devi controllare". Per Brugnaro, Ceron e Donadini, la vicenda oggetto d'indagine è quella dell'area dei Pili, comprata dall'imprenditore di 'Umana' quando non era ancora in politica, a soli 5 milioni, poi zona di lottizzazione, per la quale Brugnaro aveva avviato una trattativa (poi fallita) sempre con Chiat Kwong Ching. Quattro ettari e mezzo di terreni, inquinati dalle lavorazioni di Marghera, finiti sotto il controllo di 'Porta di Venezia', facente sempre capo a Brugnaro, ma con "gestore di fatto" - scrive la Procura - il vice capo di gabinetto in Comune Derek Donadini. Dal 2017 anch'essa in mano al blind trust di diritto newyorkese creato dal sindaco per parare le accuse di conflitto di interessi. E' proprio sui meccanismi del blind trust indaga la Gdf. Brugnaro, Ceron e Donadini, è scritto nell'ordinanza, "concordavano con Ching il versamento di un prezzo di 150 milioni di euro in cambio della promessa di far approvare il raddoppio dell'edificabilità e l'adozione delle varianti urbanistiche necessarie per l'approvazione del progetto edilizio". Brugnaro si dice "esterrefatto" e aggiunge: "so di aver sempre svolto e di continuare a svolgere l'incarico di sindaco come un servizio alla comunità, gratuitamente, anteponendo sempre gli interessi pubblici". E sui Pili precisa: "Quella è un'area già edificabile da prima della mia amministrazione". Tuttavia, secondo i magistrati, gli stessi Brugnaro, Ceron e Donadini, in un incontro a Venezia "concordavano con Ching la cessione dell'immobile comunale Palazzo Papadopoli al prezzo di oltre 10 milioni di euro, inferiore al valore di 14 milioni... e ciò al fine di facilitare le trattative con Ching per la cessione del terreni dei Pili, di proprietà del Brugnaro". Riduzione del valore dell'immobile effettivamente avvenuta, tramite "atti contrari ai doveri di ufficio posti in essere da Brugnaro, da Ceron e Donadini, che agivano per conto del primo".

 

Ucraina pronta a scambio di 90 prigionieri con la Russia
Russia e Ucraina sono pronte a scambiare 90 prigionieri di guerra in un accordo facilitato dagli Emirati Arabi Uniti. Lo riferisce Bloomberg, citando una persona a conoscenza della questione. La settimana scorsa, i media ucraini hanno riferito che il commissario parlamentare per i diritti umani Dmytro Lubinets aveva affermato che il governo, con l'aiuto degli Emirati Arabi Uniti, stava pianificando presto un "grande" scambio di prigionieri con la Russia. Russia e Ucraina hanno condotto alcuni scambi di prigionieri nella guerra durata 27 mesi, iniziata dopo che la Russia ha invaso il suo vicino piu' piccolo. Nell'ultimo scambio, avvenuto a giugno e facilitato sempre dagli Emirati Arabi Uniti, Russia e Ucraina hanno restituito 90 prigionieri ciascuna.