Respinta in commissione la proposta di Magi. Ventuno Paesi su ventisette in Europa, secondo i dati di Amnesty international, prevedono una forma di riconoscimento sulle tenute di chi gestisce l'ordine pubblico. L'Italia continua a essere tra le poche eccezioni

L'emendamento al ddl Sicurezza proposto da Riccardo Magi (+Eu) che prevede il numero identificativo sulle divise e la bodycam per gli agenti delle forze dell'ordine impegnati nella gestione dell'ordine pubblico, nel corso ad esempio di manifestazioni o eventi, è stato respinto dalle commissioni riunite Giustizia e Affari costituzionali, che hanno ripreso l'esame degli emendamenti sul provvedimento.  «Non c'è intento punitivo o intimidatorio nei confronti degli agenti, ma ci sono al contrario tutte le garanzie per la tutela della riservatezza», aveva sottolineato Magi illustrando il suo emendamento, sottoscritto poi anche da Avs, ma che aveva parere contrario di relatori e governo. 

 

«Una misura che non solo ci richiedono gli standard internazionali, ma che avrebbe il merito di tutelare sia i cittadini da eventuali abusi sia gli stessi operatori del comparto sicurezza, garantendo loro trasparenza. Evidentemente tutto questo al governo e alla maggioranza non interessa: molto meglio proteggere le mele marce e parlare a vanvera di quanto vogliono bene a polizia e carabinieri», ha commentato Magi. «La mia proposta di legge su bodycam e identificativi è comunque depositata in Parlamento, pronta per essere esaminata, discussa e votata. Prima di rincorrere il prossimo caso di cronaca, sarebbe utile che le opposizioni facessero una battaglia comune anche su questo, visto che identificativi e bodycam sono già realtà in tantissimi Paesi europei e non solo».

 

Secondo una mappatura di Amnesty International, sono 21 su 27 gli Stati membri che hanno deciso di adeguare le proprie normative interne alle richieste dell’Unione Europea. Belgio, Bulgaria, Croazia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Grecia, Irlanda, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia e Spagna sono i paesi che hanno introdotto misure di identificazione per gli agenti impegnati in attività di ordine pubblico.

 


La Germania le prevede in nove regioni su 16. In altri Länder per i corpi di polizia regionali la polizia è libera di scegliere se riportare un’etichetta identificativa o meno (a Berlino, però, dal luglio 2011 la polizia ha l’obbligo di esporre un codice di riconoscimento di quattro cifre). Mentre in Ungheria e in Svezia, pur non essendo previsto un obbligo, gli agenti di polizia espongono nome e grado sull’uniforme, oltre che un codice quando indossano l'equipaggiamento speciale. La Grecia nel 2010 ha introdotto l’obbligo, per tutti gli agenti, di rendere visibile nelle proprie spalline un numero di riconoscimento individuale. Nel 2013 è toccato alla Francia, che ha imposto a tutti gli agenti in servizio, sia in uniforme che in borghese, l’obbligo di esposizione del codice alfanumerico di riconoscimento.  

 

Nella risoluzione del Parlamento europeo del 12 dicembre 2012 sulla situazione dei diritti fondamentali nell’Unione europea, il paragrafo 192 «esorta gli Stati membri a garantire che il personale di polizia porti un numero identificativo». Anche il Relatore speciale delle Nazioni Unite per il diritto alla libertà di assemblea pacifica e di associazione e quello sulle esecuzioni extragiudiziali, sommarie o arbitrarie raccomandano, in merito alla corretta gestione delle manifestazioni, che «i funzionari delle forze di Polizia siano chiaramente e individualmente identificabili, ad esempio esponendo una targhetta col nome o con un numero». Nel 2022 una delegazione di Amnesty International Italia ha consegnato al Capo della Polizia e direttore Generale della Pubblica Sicurezza, prefetto Lamberto Giannini, oltre 155.000 firme raccolte in calce alla petizione della campagna che chiede l’introduzione di una legge sui codici identificativi per le forze di polizia impegnate in operazioni di ordine pubblico.