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Le opposizioni esultano: "500 mila firme contro l'Autonomia"

di Simone Alliva   1 agosto 2024

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15/07/2023 Napoli. Il Partito Democratico a Napoli contro il Ddl del governo per l'autonomia differenziata. Nella foto la segretaria del partito Elly Schlein

Detenuti politici scomparsi in Russia. Ermini esce dalla direzione Pd. Toti libero entro il fine settimana. Trump attacca Harris: "Era indiana. Adesso è diventata nera". I fatti da conoscere

Trump attacca Harris: "Era indiana. Adesso è diventata nera". 

L'ex presidente Donald Trump ha affermato che la sua rivale democratica per le presidenziali 2024, la vicepresidente Kamala Harris, «è diventata nera" qualche anno fa. «All'improvviso, ha cambiato identità» ha aggiunto. Trump è stato intervistato a un convegno di giornalisti neri a Chicago e ha risposto a un intervistatore gli ha chiesto se era d'accordo con i repubblicani di Capitol Hill che hanno definito Harris un'«assunzione secondo criteri DEI (diversità, equità inclusione)». Trump ha risposto mettendo in discussione l'eredità di Harris. «È sempre stata di origine indiana e ha sempre promosso solo l'eredità indiana. Non sapevo che fosse nera fino a diversi anni fa, quando è diventata nera, e ora vuole essere conosciuta come nera. Quindi non so, è indiana o è nera?" ha detto l'ex presidente. «Rispetto entrambi, ma ovviamente lei no, perché è sempre stata indiana e poi all'improvviso ha cambiato identità ed è diventata una persona nera», ha detto alla convention della National Association of Black Journalists. «Penso che qualcuno dovrebbe indagare anche su questo». La madre di Harris era indiana e il padre è giamaicano, entrambi immigrati negli Stati Uniti. Harris è nata a Oakland, in California, e ha frequentato un'università storicamente nera, la Howard University, a Washington. È la prima donna, la prima nera e la prima vicepresidente asiatico-americana. Non è mancata la risposta della Harris: «americani meritano di meglio. La nostra battaglia è per il futuro e per la libertà». La vicepresidente ha concluso: «Quello di Trump è sempre lo stesso vecchio spettacolo di divisione e mancanza di rispetto. Gli americani hanno bisogno di un leader che dice la verità, che non risponde con ostilità e rabbia ai fatti e che capisce che le differenze non ci dividono».

 

 

Detenuti politici scomparsi in Russia. C'è l'ipotesi dello scambio

Da Vladimir Kara-Murza a Ilya Yashin, da Ksenia Fadeyeva a Oleg Orlov. Negli ultimi giorni, alcuni tra i più noti detenuti politici russi sarebbero misteriosamente scomparsi dalle carceri in cui erano rinchiusi. A denunciarlo sono stati di volta in volta i loro familiari, i loro avvocati, i loro sostenitori. Dove si trovino non si sa. C'è chi ipotizza che vengano trasferiti in segreto da un centro detentivo a un altro, lasciando i loro cari completamente all'oscuro, come purtroppo avviene spessissimo in Russia. Ma la domanda che tanti si pongono è: perché così tante persone e tutte nello stesso momento? Difficile dare una risposta, anche se un'ipotesi si fa sempre più largo tra gli osservatori: quella di un possibile scambio di detenuti su vasta scala tra il Cremlino e i Paesi occidentali. Non c'è ancora nulla di certo, anzi. Ma sembrano puntare in questa direzione anche la grazia che il dittatore bielorusso Lukashenko ha concesso ieri a un cittadino tedesco condannato a morte e le condanne - ritenute di ovvia matrice politica - inflitte nei giorni scorsi in tempi insolitamente rapidi al corrispondente del Wall Street Journal Evan Gershkovich e alla reporter russo-americana Alsu Kurmasheva (per concedere la grazia serve una condanna). Inoltre, Putin ha lasciato capire di volere il rilascio di Vadim Krasikov: un presunto ex agente russo accusato di aver ucciso un ex comandante ceceno a Berlino. Sono almeno otto i cittadini russi considerati prigionieri politici del regime di Putin che non si sa dove siano esattamente. E a loro si aggiunge il cittadino americano Paul Whelan, condannato a 16 anni per accuse di spionaggio che lui ha sempre respinto dicendosi vittima di un "teatrino politico". La sua avvocata oggi ha infatti affermato di "non sapere dove si trovi" e di aver chiesto alle autorità russe se il suo assistito sia nella colonia penale in Mordovia, dove è stato recluso finora. Tra i detenuti politici russi l'ultimo di cui si sono perse le tracce è Vladimir Kara-Murza, uno dei volti più noti dell'opposizione. Kara-Murza - condannato a 25 anni per essersi opposto alla guerra in Ucraina - stando a quanto detto alla Reuters dal sistema penitenziario russo sarebbe stato trasferito dalla colonia penale IK-6 di Omsk "verso un'altra destinazione" non meglio specificata. La sua vicenda resta avvolta nel mistero. Uno dei suoi legali ha infatti detto al giornale Meduza che secondo il carcere di Omsk si troverebbe ora nell'ospedale del sistema penitenziario nella città siberiana. Kara-Murza denuncia problemi di salute che, secondo i suoi avvocati, sarebbero la conseguenza degli avvelenamenti che si sospetta abbia subito nel 2015 e nel 2017. Ma è impossibile dire se il dissidente si trovi in effetti in ospedale o meno. "Nonostante la colonia ci abbia detto che si trova in ospedale a Omsk, non c'è alcun contatto con lui", ha riferito infatti l'avvocato aggiungendo che, stando alle notizie a sua disposizione, "alle 10 del mattino è arrivato a Omsk un volo speciale, che è volato a Mosca verso le 16". Impossibile anche dire se Kara-Murza fosse o meno a bordo dell'aereo. Stando a informazioni non confermabili della testata Agentstvo, dal 26 luglio a oggi la compagnia statale Rossija avrebbe però effettuato almeno otto voli "speciali" dalle regioni in cui erano incarcerati i detenuti politici che non si sa ora dove siano.

 

Ermini esce dalla direzione Pd e il campo largo si ricompatta

Con una telefonata al presidente del Pd Stefano Bonaccini l'ex vicepresidente del Csm e deputato David Ermini ha deciso di lasciare la direzione nazionale del Partito Democratico per le polemiche scaturite a seguito della sua nomina a presidente della holding del Gruppo Spinelli, l'imprenditore portuale agli arresti domiciliari al centro dell'inchiesta per corruzione in Liguria. Un avvocato, tra i massimi dirigenti del Pd, al servizio dell'imprenditore finito agli arresti domiciliari insieme all'ex presidente della Regione Giovanni Toti. Ieri in Liguria è scoppiato il caos tra maggioranza e opposizione. Oggi, la sua uscita di scena ricompatta il campo largo delle opposizioni in Liguria alle prese con l'imminente nuova campagna elettorale, in particolare il centrosinistra visto che l'ex ministro dem Andrea Orlando, candidato in pectore per il centrosinistra e il M5s alle prossime regionali, ha chiesto a Ermini di "fare un passo indietro", anche sulla scia dei malumori manifestati da vari esponenti di M5s, Lista Sansa e la sinistra indipendente di Linea Condivisa. "Ho manifestato a Bonaccini il mio sincero stupore e la mia amarezza per le strumentalizzazioni che sono state fatte e che continuano sul mio ruolo nella direzione nazionale. - ha detto oggi Ermini - Non avrei mai pensato che assumere un incarico professionale potesse suscitare imbarazzi, che risentono evidentemente della situazione e del clima a Genova e in Liguria. Per questo, poiché non voglio creare alcuna difficoltà al Pd ho riferito al presidente Bonaccini che lascerò la direzione nazionale". "Ringrazio David Ermini perché, con la scelta di dimettersi da membro della direzione nazionale del Pd, toglie di mezzo polveroni, incomprensioni e strumentalizzazioni", commenta il presidente del Pd Bonaccini. "Quello che dovevo dire, l'ho detto ieri ad Ermini", chiude il caso Orlando. Il coordinatore regionale del M5S Roberto Traversi afferma che "le dimissioni di Ermini erano e sono un atto dovuto: per il M5s politica e affari devono correre su binari paralleli e rimanere su due pianeti completamente separati". Anche il capogruppo della Lista Sansa nel Consiglio regionale della Liguria Ferruccio Sansa ha chiuso il caso: "È stato giusto sollevare una questione che ci ha messo a disagio. Si è deciso di affrontare il problema della nomina di Ermini anche se non c'era un'inchiesta penale, come quella che ha travolto il centrodestra e Toti. Andrea Orlando e i dirigenti del Pd di Elly Schlein hanno preso una posizione netta. È un importante segno di cambiamento per il Pd e per tutta la coalizione". "Il problema è stato risolto, Ermini avrebbe potuto farlo precedentemente, non l'ha fatto, ma oggi sì anche perché sono intervenuti Orlando e c'è stato un dibattito nella coalizione, mi sembra che sia un fatto positivo" interviene il capogruppo di Linea Condivisa Gianni Pastorino. Per Alleanza Verdi Sinistra Liguria resta aperta la questione Renzi: "la presenza di Italia Viva all'interno della coalizione non è scontata".

 

 

C'è l'ok della procura. Toti sarà libero entro il fine settimana

Ormai è una questione di ore e dopo oltre 80 giorni per Giovanni Toti, ormai ex presidente della Regione Liguria, è sempre più concreta l'idea di tornare un uomo libero. La procura di Genova ha dato parere positivo alla revoca della misura a cui era sottoposto dal 7 maggio per corruzione. La decisione della giudice per le indagini preliminari Paola Faggioni arriverà con ogni probabilità domani, al massimo venerdì. Per i pubblici ministeri Federico Manotti e Luca Monteverde, insieme all'aggiunto Vittorio Ranieri Miniati, le dimissioni hanno fatto venir meno il rischio di reiterazione del reato. Il pericolo di inquinamento probatorio era già venuto meno con la pronuncia del tribunale del Riesame. Una strada differente si apre per l'imprenditore portuale Aldo Spinelli. La procura ha infatti espresso parere negativo per lui. Sull'orientamento dei pm hanno pesato le valutazioni sempre del Riesame. "E' palese - avevano scritto il giudici - l'esistenza, a carico di Spinelli, di un metodo da sempre adottato dall'indagato nel perseguimento degli interessi economici-imprenditoriali delle aziende che formano il gruppo da lui formato". L'imprenditore, ancora le parole del Riesame, "ha poi espressamente sostenuto di avere da sempre, nella cura dei propri interessi imprenditoriali, contattato gli esponenti politici di turno in relazione ad attività amministrative che rivestivano un particolare interesse per le aziende del suo gruppo imprenditoriale". E poi la bordata finale: "al di là di eventuali movimenti societari nel gruppo Spinelli, la proprietà dell'azienda resta nelle mani di Aldo e Roberto (il figlio, ndr)". I giudici avevano sottolineato che anche se si era dimesso rimaneva socio di maggioranza. Una circostanza che fa permanere "un evidente interesse economico dell'indagato al buon andamento delle società facenti parte del gruppo imprenditoriale da lui creato e dunque non può di certo ritenersi indifferente al loro andamento". A nulla, dunque, sarebbe servita la mossa dell'avvocato Sandro Vaccaro di nominare come presidente del cda di Spininvest l'ex vicepresidente del Csm e ormai ex membro della direzione del Pd David Ermini. Il giudice dovrà decidere in tempi brevi anche se accogliere la richiesta di giudizio immediato per Toti, Spinelli e l'ex presidente dell'Autorità portuale Paolo Emilio Signorini. In caso positivo il processo non potrebbe iniziare prima di metà ottobre. Il periodo più probabile sarebbe quello di metà novembre. Il legale di Toti, Stefano Savi, e quelli di Spinelli, Vaccaro e Andrea Vernazza, hanno già detto che non sceglieranno alcun rito alternativo (abbreviato o patteggiamento). Lo stanno valutando, invece, i difensori di Signorini, gli avvocati Mario ed Enrico Scopesi. Se fosse confermata la data di novembre, l'inizio del processo non coinciderebbe con le elezioni. In Liguria si andrà al voto presumibilmente il 27 e il 28 ottobre, salvo eventuali decisioni del Governo. Le date sono state formalizzare sulla base dell'intesa tra il presidente facente funzione della Regione Liguria Alessandro Piana e la presidente della Corte d'Appello di Genova Elisabetta Vidali. Si è tenuto conto "delle esigenze tecniche organizzative rappresentate dagli uffici regionali e da quelli della Corte affinché le procedure elettorali si svolgano secondo la normativa e nel migliore dei modi"

 

 

Le opposizioni esultano: "500 mila firme contro l'Autonomia"

Il traguardo delle 500 firme per il referendum contro l'Autonomia differenziata per molti è raggiunto, anche se manca l'ufficialità. In tanti esultano, anche se l'unico dato certo è quello che arriva dalla raccolta online. A dare l'ultimo aggiornamento è il senatore del Pd Alessandro Alfieri: sono 355 mila e 167 i contrassegni contati sulla piattaforma nel pomeriggio. "Prevediamo di arrivare a 500 mila online all'inizio del weekend", aggiunge il responsabile Riforme della segreteria dem. Per il leader di Europa Verde Angelo Bonelli, manca anche meno per il raggiungimento della soglia: "solo 36 ore". Nell'entusiasmo diffuso tra i diversi componenti del Comitato promotore, ci sono i più ottimisti. 

Il segretario Maurizio Landini sottolinea le "altre centomila firme raccolte ai banchetti" soltanto dalla Cgil. Mentre fonti parlamentari raccontano un risultato già in tasca: secondo i dati ufficiosi aggregati che arrivano dai banchetti delle varie Regioni le firme sarebbero più di 150 mila. E così la somma, tra online e banchetti, supererebbe di gran lunga il quorum necessario per la Corte di Cassazione. Quello delle 500 mila. In serata arriva l'esultanza del leader Giuseppe Conte: "un segnale potentissimo, una grande ondata di partecipazione che ci ha portato alle 500 mila firme in pochissimi giorni".

 L'entusiasmo rimbalza da una parte all'altra del campo largo. "Un segnale molto forte di mobilitazione e di quanto sia sentita la battaglia", afferma il dem Alfieri. Il leader di Si Nicola Fratoianni sottolinea lo "straordinario afflusso" proprio ai banchetti, come "risposta del Paese alla controriforma della destra". Per Bonelli c'è "una fortissima volontà popolare di bloccare questo spacca-Italia". 

Per Riccardo Magi di Più Europa, "in 10 giorni, tra firme cartacee e digitali, mezzo milione di italiani ha già detto no all'Autonomia differenziata, un successo incredibile che è solo l'antipasto della batosta che aspetta Giorgia Meloni quando i cittadini saranno chiamati a pronunciarsi su questa riforma". Il comitato promotore, però, non ha intenzione di fermarsi ai 500 mila contrassegni. L'obiettivo è andare avanti per tenere alta l'attenzione e accrescere la partecipazione dei cittadini, online come nelle piazze. L'obiettivo è un milione di firme, si ripete da più parti. Gioiscono intanto anche la Cgil e l'Anpi. E mentre tra le forze di opposizione ci si prepara a depositare i contrassegni, l'esecutivo affronta il tema dell'autonomia con i rappresentanti nazionali di ventotto ordini professionali. "Alle Regioni - si legge in una nota di palazzo Chigi - non sarà devoluta la competenza in merito all'istituzione di nuovi albi professionali, mentre resterà ferma per le stesse la possibilità di costituire albi meramente ricognitivi o di comunicazione e di aggiornamento che riguardano professioni già riconosciute dalla legge statale".