È quello che succede a Venezia. Non è una pratica vietata, ma è indicativo di quale sia l’interesse primario dell’ente che dovrebbe gestire i posti letto per gli universitari e risolvere l'emergenza abitativa. Per cui ha ricevuto anche i fondi del Pnrr. "È inaccettabile" protesta l'Udu

Tra gli alloggi turistici irregolari scoperti a Venezia nelle ultime settimane c’è anche uno studentato: il Santa Marta dell’Università Ca’ Foscari gestito dalla società Camplus che, come è emerso dai controlli congiunti della Guardia di Finanza e della Polizia locale, affittava 28 stanze ai turisti in visita alla città per 150 euro a notte, per un tempo che andava da una a sette, come si legge su La nuova Venezia.

 

«I clienti arrivavano al Camplus Santa Marta attraverso la piattaforma Airbnb: è qui che Camplus aveva messo in vendita le camere dello studentato universitario, al pari di qualsiasi altro host che propone posti letto per turisti. Dopo i controlli e le sanzioni staccate a carico della società (due da duemila euro ciascuna), gli annunci sulla piattaforma di annunci sono spariti», scrive il giornalista Giacomo Costa sul quotidiano.

 

Come chiarisce in una nota il principale sindacato studentesco, l’Unione degli universitari - che da mesi cerca di portare all’attenzione del governo sia i prezzi troppo alti per un alloggio nelle città delle principali università del Paese, sia i pochi posti letto a disposizione per gli studenti - non è vietato che uno studentato privato affitti camere ai turisti (purché rispetti la normativa e abbia le dovute autorizzazioni). Ma è indicativo di quale sia l’interesse primario dell’ente che dovrebbe gestire gli alloggi per gli universitari e in accordo con gli enti regionali garantire il diritto allo studio.

 

«È inaccettabile che di fronte all’emergenza abitativa che migliaia di studenti affrontano, ci siano studentati che violino la normativa vigente. L’investimento nelle residenze è diventato troppo spesso un modo per speculare sulle spalle della comunità», chiariscono gli studenti che già da tempo sottolineano come l’Italia stia sprecando i soldi del Pnrr che dovrebbero servire alle residenze per studenti. E come i soggetti privati beneficiari dei fondi del Piano di ripresa e resilienza, proprio come Camplus, stessero puntando più al profitto che alla tutela del diritto allo studio.

 

Come si può leggere dal sito di Cassa depositi e prestiti, e come ribadiscono anche gli studenti, lo studentato Santa Marta è stato realizzato con fondi pubblici, circa 30 milioni di euro, ha ricevuto un contributo iniziale dal Miur di circa 4 milioni di euro ed è stato rifinanziato anche con le risorse del Pnrr con l’obiettivo di creare 630 nuovi posti letto per gli studenti. Di cui, però, soltanto 183 in convenzione con l’ente locale per il diritto allo studio anche se, si legge sempre sul sito di Cdp, «Camplus Venezia Santa Marta nasce con l’intento di favorire l’offerta di alloggi a canone calmierato agli studenti del capoluogo veneto».

 

«Alla fine a essere danneggiati siamo proprio noi studenti, che dovevamo essere i veri beneficiari di questi interventi, invece siamo costretti a lasciare gli alloggi universitari anche se magari ne abbiamo ancora bisogno, ad esempio per una ricerca di tesi, oppure banalmente perché non abbiamo un’altra casa in cui tornare. E tra una decina di anni, tra l’altro, gli studentati finanziati dal Pnrr potrebbero essere completamente affittati a turisti», denuncia ancora l’Udu riferendosi al fatto che sebbene gli alloggi vengano finanziati con i soldi pubblici non ci sono vincoli a lungo termine che definiscano il numero di posti da offrire per il diritto allo studio. «Il problema più grave è la mancanza di trasparenza sui posti letto finanziati dal Pnrr» concludono gli studenti che il 28 agosto hanno dato vita alla protesta "Gli studentati non sono alberghi£, davanti al Santa Marta: «Ad oggi non sappiamo neanche esattamente la tariffa media che il soggetto gestore farà pagare agli enti per il diritto allo studio. Il ministero guidato da Anna Maria Bernini  ha negato la nostra richiesta di accesso civico per conoscere i dettagli sul canone».