L'assassino reo confesso della ex fidanzata ha rinunciato alla prima udienza. In aula il padre della vittima. Il procuratore: no alla spettacolarizzazione del giudizio

Si è aperto questa mattina nella Corte d'assise di Venezia il processo a Filippo Turetta, lo studente padovano che nell'autunno scorso ha rapito e ucciso con 75 coltellate l'ex fidanzata Giulia Cecchettin, 22 anni. L'imputato, accusato di omicidio doloso pluriaggravato, occultamento di cadavere, porto abusivo d'armi e sequestro di persona, rischia l'ergastolo. Dopo l'arresto, Turetta aveva confessato. Oggi è rimasto nel carcere veronese di Montorio. Il suo avvocato, Giovanni Caruso, ha annunciato che nelle prossime udienze «verrà in aula».

 

Alle 9 del mattino è arrivato nel palazzo di giustizia Gino Cecchettin, il padre della vittima, con una spilla con l'immagine della figlia e la scritta: «Vola in alto Giulia. Noi con te».

 

L'udienza si è aperta con le richieste di costituzione di parte civile, presentate dagli avvocati di cinque familiari di Giulia (il padre, la sorella Elena, il fratello Davide, lo zio Alessio e la nonna Carla), a cui non si è opposta la difesa dell'imputato. L'avvocato ha chiesto invece alla corte di escludere, per mancanza di danni diretti, i due enti pubblici (i comuni di Fossò e Vigonovo) e le quattro associazioni contro la violenza sulle donne che hanno chiesto di costituirsi.

 

In aula, accanto al pubblico ministero Andrea Petroni, si è presentato il procuratore capo di Venezia, Bruno Cherchi, che ha lanciato un appello a «non spettacolarizzare» il caso giudiziario: «Il processo serve ad accertare le responsabilità personali. Questo non è il processo contro il femminicidio, ma nei confronti di un singolo imputato. Se si sposta questo quadro a obiettivi più alti si snatura il processo, che non è uno studio sociologico, che si fa in altre sedi». Il procuratore ha collegato l'assenza di Turetta alla «pressione mediatica», commentando: «Sarebbe grave se una persona che ha diritto di partecipare a un processo e di difendersi non lo facesse per questo».