Il disegno di legge approvato dalla Camera e ora al Senato è un’accozzaglia di norme che si abbatte sul sovraffollamento carcerario e l’arretrato giudiziario

Ciò che è bisogno diventa pericolo, quel che è dissenso si trasforma in minaccia, quanto di odioso riserva la quotidianità delle città assurge al rango di emergenza assoluta.

Sembra scritto nel tinello di casa da una famigliola inebetita di fronte alle notizie dell’ultimo tg, tra prevedibili – e irripetibili –  imprecazioni di contorno, ciò che con enfasi, da statisti minori, hanno chiamato disegno di legge sicurezza. Un’accozzaglia di norme che si abbatte come un macigno sul buon senso, la Costituzione, il Codice penale e, naturalmente, il sovraffollamento carcerario e l’atavico arretrato giudiziario.

Un compendio di insulsa retorica forcaiola, una summa inconcludente di pensiero manettaro che si potrebbe liquidare con una risata se di mezzo non ci fosse l’intenzione, neanche troppo velata, di intimidire, annichilire, anestetizzare un Paese, fingendo di cullarlo per quelle paure indotte, ingigantite dalla propaganda.

Va in onda la striscia sulle case occupate dai senzatetto ed ecco che il nonno impreca a difesa dei poveri proprietari deprivati dei loro beni dopo una vita di sacrifici. Non una parola, per dire, sul quartier generale di CasaPound a Roma. Passa il video sulle proteste contro gli scempi ambientali o l’inerzia di fronte alle catastrofi ed ecco che l’attenzione devia dalla minestra a un’intemerata contro le code e a pieno sostegno delle ragioni degli automobilisti incolonnati. Inferociti e con il motore acceso. Si passa al piatto forte dell’offerta informativa: giovani nomadi incinte che alleggeriscono i passeggeri delle metro. Il tormentone tracima dall’alveo dei tg, invade la prima serata e dilaga nei talk show di approfondimento. 

Qui la famiglia ha già trascurato il frittatone e fieramente indignata insorge all’unisono invocando: galera. Per tutti: madri e figli, neonati e nascituri. Tutti dentro, al pari di quegli altri. Tutti in celle dove sarà reato anche solo resistere passivamente per far arrivare all’esterno il flebile lamento dei cancellati per sentenza dalla faccia della civiltà. E intanto un colpo di spugna spazza via, per esempio, l’abuso d’ufficio e una spruzzata di bromuro, dopo gli scandali, intorpidisce le norme antimafia. Hai visto mai finissero per riguardare anche qualche colletto bianco e non i soliti quattro boss matricolati.

Più galera per (quasi) tutti è il motto. E più galera promette la legge già passata alla Camera e ora al Senato. Galera per chi si oppone, dagli studenti ai No Tav, per chi solo fruga sul web alla ricerca di notizie su ordigni, galera per chi protesta, chi si ripara in un edificio che perfino i palazzinari disprezzano. Galera per chi borseggia. E niente cannabis light, assurta al rango di peste del Secolo mentre sulle droghe vere anche il più piccolo barlume di politica di contrasto e prevenzione sembra scomparso. Così come per il resto, se di fronte ai femminicidi e alle violenze di genere l’unica trovata a effetto è la solita panzana della castrazione chimica. Derubricare tutto a basso istinto è l’imperativo. Meglio risolverla con l’idea bislacca di una manciata di pillole che provare davvero a cambiare la testa alle future generazioni. Nel Paese dei «buoni a nulla, ma capaci di tutto», il telepopolo trova ciò che non sapeva neppure di dover cercare fino a quando qualcuno non gli suggerisce la domanda per servirgli la risposta. E dal tinello alla cabina elettorale, è un attimo.