Quando mi sono ammalata ho capito a cosa servono i genitori. Nel mio caso, la mamma», racconta Roberta Giuliani, con un tono di voce che tradisce l’emozione. A 22 anni le è stato diagnosticato un linfoma di Hodgkin, un tumore del sistema linfatico raro, che colpisce circa 4 persone ogni 100.000 abitanti. Il primo trapianto, fatto a Roma, non era stato sufficiente per controllare la malattia: per questo motivo Giuliani ha deciso di spostarsi a Milano, dove è stata presa in cura dai medici del San Raffaele. Qui è stata sottoposta a un Tcse di tipo allogenico, una procedura medica che mira a sostituire le cellule del sangue malate con cellule sane o “difettose”, provenienti da un donatore, in questo caso esterno, senza patologie. «Mia mamma cercava di farmi vivere quanto più possibile una vita piena d’amore. Averla vicino mi ha sicuramente fatto bene», racconta. Una vita che è stata possibile anche grazie alla ricerca scientifica e al contributo di Airc, che domenica 11 maggio sarà nelle piazze italiane, in occasione della Festa della Mamma, dove i volontari distribuiranno le Azalee della ricerca. L’obiettivo è quello di raccogliere nuove risorse da destinare ai progetti che studiano i tumori che colpiscono le donne: solo lo scorso anno, in Italia, sono state stimate circa 175.600 nuove diagnosi.
La fondazione italiana per la ricerca sul cancro porta avanti diverse iniziative simili per dare un contributo alla scienza, come la diffusione del libro di Fabio Manni, “La Scuola in Ospedale. Un Faro oltre la malattia” (Pensa MultiMedia), che racconta la sua esperienza di insegnamento nella scuola all’interno del “Vito Fazzi” di Lecce.
Al San Raffaele, Giuliani ha incontrato Luca Vago, ricercatore dell’Airc che l’ha seguita durante il trattamento. «Il trapianto di cellule staminali ematopoietiche è una procedura che nel corso degli ultimi 30 anni ha beneficiato moltissimo della ricerca, passando dall’essere l’ultima spiaggia al diventare sempre di più una terapia standard», spiega. «La ricerca ha permesso di rendere sempre più utilizzabili procedure incredibilmente complesse come questa. E di curare, così, pazienti come Roberta». Per raggiungere risultati di questo tipo, l’impegno di Airc è costante: nel 2025 celebra il suo 60esimo anniversario con un investimento di oltre 141 milioni di euro a supporto di 673 progetti, 90 borse di studio e 8 programmi speciali, coinvolgendo oltre 5.400 ricercatori in tutta Italia.
Il rischio di complicanze gravi o di mortalità legate a interventi come quello subito da Giuliani non è nullo, ma diminuisce sempre più. «Lo scopo del mio gruppo di ricerca è proprio questo: capire i meccanismi che la malattia utilizza per ricomparire dopo il trapianto e sviluppare nuove strategie per evitare che questo accada», spiega Vago. Se Giuliani ha un futuro, il merito è soprattutto dei passi avanti che ha fatto la ricerca. Secondo quanto riportato da Aiom, oggi circa la metà delle persone malate di cancro è destinata a guarire, mentre, stando ai dati di Airc, due donne su tre che si ammalano di tumore sono vive a cinque anni dalla diagnosi. È proprio questa, sottolinea Giuliani, l’importanza di donare: «Ho visto con i miei occhi che ogni euro si trasforma in cure fondamentali. Quelle che ti offrono un domani».