Televisione
17 novembre, 2025Sarà anche nata con le migliori intenzioni. Ma il risultato del prodotto Netflix su Alberto Genovese è quantomeno discutibile. A partire dalla voce narrante di Filippo Facci
Manca poco al 25 novembre, presto presto, tiriamo fuori tutto quello che giace in magazzino, dicono i curatori dei palinsesti. Così Netflix sfodera dal cilindro “Terrazza Sentimento”, docuserie in tre puntate che ripercorre il caso Genovese, l’imprenditore condannato per aver stuprato e torturato una ragazza per venti ore.
E la promuove come si deve, con frasi emozionali. «Se una donna subisce violenza non deve esistere nessun MA». Peccato però che, come gli studenti che passano ore sui libri e poi al momento dell’interrogazione si impappinano perché avevano imparato a memoria senza capire granché, il risultato sia alquanto straniante.
Alberto Genovese è raccontato come un povero ragazzino con gli occhiali da nerd, bullizzato e senza amici. Una volta cresciuto lavora fino a 18 ore al giorno collezionando successi. E quando diventa miliardario snob, ha bisogno di sentire che la gente gli vuole bene, così regala feste e cocaina in cui perdersi guardando il Duomo. Ma dopo l’arresto quasi tutti lo abbandonano. Perché Milano è cattiva, la droga è cattiva, i ragazzi che lo bullizzavano anche sono un po’ cattivi. Lui no, Genovese è dipendente dalle sostanze che fanno fare cose strane, lo sanno tutti.
Poi certo, ci sarebbe sempre questa diciottenne che è stata resa incosciente come un animale stordito, e tenuta per venti ore nella casa (bella, bellissima casa, guardate la piscina, guardate le porte senza maniglie che chic), seviziata, ridotta in cenere, e per far capire quanto sia sbagliato giudicare una donna che subisce violenza, si rivedono i talk dell’epoca.
Così, chi per caso si fosse perso Vespa che dice: «Se ti offrono la coca ti devi aspettare di dover dare qualcosa in cambio» può fare un ripassino. Infine la chicca.
Nella docuserie, che mescola verbali, chat ricostruite, intelligenza artificiale, viene eletto tra le voci narranti anche Filippo Facci. Il giornalista, fine intellettuale e portatore insano del politicamente scorretto, ha una lunga carriera dalla parte delle donne. Su Libero scrisse l’incauto verso: «Una ragazza di 22 anni era indubbiamente fatta di cocaina prima di essere fatta anche da Leonardo Apache La Russa», definì Michela Murgia affetta da «cessismo» e proprio di Genovese vergò parole difensive, perché «il garantismo è un mestiere faticoso».
Nella dettagliata cronaca che pubblicò sempre su Libero, Facci insinuava come poco opportuno il fatto che la vittima continuasse a stare sui social postando addirittura delle foto. Insomma, quando si dice la persona giusta al posto giusto. Come la serie ad hoc per la Giornata contro la violenza sulle donne, che se dio vuole arriva solo una volta all’anno.
DA GUARDARE
“The Traitors” su Prime Video si gode un insperato successo. Perché la cattiveria e le pugnalate alle spalle in tv pagano sempre. E chi l’avrebbe mai detto, Alessia Marcuzzi nel mantello della castellana cinica e spietata funziona molto più che nella sua abituale versione ridanciana.
MA ANCHE NO
Il programma che sta andando meglio al momento, con una crescita implacabile in termini di telespettatori, è “Uomini e donne” (Canale 5). I tronisti che scelgono, le coppie che si intersecano e gli ex che si chiariscono evidentemente sono molto più avvincenti di quanto osavamo sperare.
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