La fedeltà alle origini, gli scoop, la verifica delle notizie. E ora l’informazione via social e l’intelligenza artificiale. La prima agenzia italiana celebra il compleanno con una grande mostra

C'era una volta il take. Asciutto, sintetico, asettico. Prima dei caroselli su Instagram, dei tweet diventati post, delle stories e dei video sottotitolati. Delle notizie che diventano emozioni e prendono fuoco. Il take, il lancio solo testo e niente foto, da sempre è il “core business”, l’attività principale delle agenzie di stampa. L’informazione cambia, nell’era di Elon Musk e Mark Zuckerberg siamo tutti produttori di notizie e addio ai professionisti e ai fact-checker, nel grande imbroglio del controllo scambiato per libertà di espressione. Ma il take è ancora lì, anticipato dal brivido del flash, essenziale per i giornalisti e per chi si occupa a vario titolo di comunicazione.

E allora buon compleanno Ansa: la prima agenzia di stampa italiana festeggia con la mostra “80 anni di storia, 80 anni di Ansa”, al MaXXI di Roma fino al 9 febbraio. Testi e soprattutto foto: i sette Papi che si sono avvicendati, la cronaca, la politica, l’arte, gli spettacoli, le guerre, lo sport. Perché l’Ansa è una miniera di immagini: 13 milioni in archivio e circa 2.500 trasmesse ogni giorno. In mostra, tra le tante, il volto sorridente di una donna mentre i giornali annunciano la nascita della Repubblica italiana, il fulmine che colpisce la basilica di San Pietro nel giorno delle dimissioni di Benedetto XVI, il corpo di Aldo Moro nel bagagliaio della famigerata Renault 4 rossa ritrovata in via Caetani. E, ancora, la crisi del Covid-19, i colpi di piccone sul muro di Berlino, la storica partita a carte in aereo con Sandro Pertini e Enzo Bearzot insieme alla nazionale di calcio al ritorno dalla Spagna nel 1982.

Nacque sulle ceneri della guerra e del fascismo l’Agenzia Nazionale Stampa Associata, fondata a Roma nel 1945 (la redazione principale si trova in via della Dataria 94, alle pendici del Quirinale) in forma cooperativa dai primi sei quotidiani dell’Italia liberata, per succedere alla disciolta Agenzia Stefani e garantire al Paese un’informazione di base indipendente. «Pochi sanno che l’Ansa è nata su input degli alleati: per far ripartire il Paese consigliarono al governo italiano che fosse creata un’agenzia di stampa posseduta da editori affinché fosse libera e indipendente proprio dagli editori», dice Luigi Contu, da sedici anni direttore dell’Ansa: «Quindi fu creata una cooperativa che comprendeva tra gli altri L’Unità, Il Popolo, Avanti!. I giornali usciti dalla lotta di Liberazione si unirono per dividersi le spese e ricevere un servizio. Lo statuto che fu approvato all’epoca, rimasto lo stesso fino ai nostri giorni, prevede oggettività, pluralismo e tempestività».

Se nello sport l’importante è partecipare, infatti, tra le agenzie di stampa è fondamentale arrivare primi. Come quella volta, l’11 febbraio 2013, che la vaticanista dell’Ansa Giovanna Chirri diede in perfetta solitudine la notizia delle “dimissioni” di papa Benedetto XVI. Uno scoop mondiale.

Oggi l’agenzia resta una cooperativa e gli editori sono diventati trenta, tra cui quelli delle principali testate italiane (per dire, ci sono il Corriere della Sera, la Repubblica, la Stampa e il Sole 24 Ore). Se avessimo davanti due lanci, uno del 1945 e uno di oggi, che differenza noteremmo? «Esiste una continuità assoluta. Il primo take dell’Ansa è moderno, sembra un tweet, frasi oggettive e sintetiche che fotografano la realtà. È questo il linguaggio dell’agenzia, ieri come oggi», prosegue Contu, che allarga il ragionamento alle nuove tecnologie: «Sono cambiati gli strumenti e le piattaforme, ma non abbiamo snaturato il linguaggio e il metodo. Questo ci ha consentito di sbarcare nel mondo digitale: anche lì c’è bisogno di informazione certificata, verificata, controllata e testimoniata sul territorio».

Le verifiche servono per appurare le notizie, ma qualche giorno fa Meta ha annunciato che abbandonerà i programmi di fact-checking di terze parti su Facebook, Instagram e Threads, da subito negli Stati Uniti e poi con ogni probabilità in Europa. Zuckerberg, fondatore e amministratore delegato di Meta, ha anche accusato i “verificatori” delle informazioni di essere stati troppo faziosi politicamente e aver «distrutto più fiducia di quanta ne abbiano creata». «Ci sentiamo un po’ gli antesignani dei fact-checker», commenta Contu: «Non contestiamo i politici, le loro dichiarazioni, ma sui fatti, sui documenti, sulla cronaca pubblichiamo quello che accade e verifichiamo personalmente».

In un’epoca di profonda trasformazione la riflessione è d’obbligo. Anche nel mondo dell’informazione si fa strada l’intelligenza artificiale, utilizzata principalmente per velocizzare i flussi delle redazioni, automatizzando trascrizioni e traduzioni. Che uso fa l’Ansa dell’Ia? «Utilizziamo l’intelligenza artificiale per catalogare le notizie e distribuirle nelle diverse piattaforme in maniera automatica. Abbiamo anche adottato un codice etico sull’intelligenza artificiale che prevede che nessun giornalista possa usare l’intelligenza generativa per creare contenuti», conclude il direttore: «Abbiamo un sistema di Ia che traduce il flusso delle agenzie internazionali con le quali siamo collegati e lo porta sui nostri desk in italiano o in inglese. Quindi, per dire, oggi possiamo leggere un’agenzia coreana in tempo reale. È un fatto nuovo, che apre opportunità e allarga le nostre fonti». Il futuro è già iniziato.