Attualità
23 ottobre, 2025La premiazione dei migliori ristoranti e i migliori vini. Video, foto e momenti clou dell'evento in diretta sul sito de L'Espresso
Si è concluso l’evento di presentazione de Le Guide de L’Espresso 2026, giunte quest’anno alla loro 46esima edizione: “I 1000 Ristoranti d’Italia” e “I 1000 Vini d’Italia”. Sul palco del teatro degli Arcimboldi di Milano, Guido Meda - vicedirettore Sky Sport e responsabile redazione motori - e Federica Masolin - giornalista e conduttrice Sky Sport -, che hanno aperto la serata. Tra le novità di questa edizione, il numero di ristoranti premiati con i cappelli, che passano da 500 a 300.
Il primo a salire sul palco è Tommaso Sacchi, assessore alla Cultura del Comune di Milano. “La città è felice di accogliere la presentazione delle Guide. Un saluto a tutta la filiera dell’ottava arte. Finalmente, usciamo dall’idea che il mondo dell’enogastronomia non possa essere un pezzo della cultura italiana”, dice Sacchi, portando i saluti del sindaco Beppe Sala.
“L’Ottava arte, una scelta ben precisa. Consideriamo la cucina italiana una delle eccellenze del nostro Paese”, dice dal palco dell’Arcimboldi il direttore de L’Espresso, Emilio Carelli, ricordando che il 10 dicembre la cucina italiana diventerà patrimonio immateriale dell’umanità. Poi, ricorda il settantesimo anniversario del nostro giornale e la digitalizzazione dell’archivio storico: oltre mezzo milione di pagine, scansionate una per una.
"La cucina italiana ci unisce, è uno degli elementi che mette insieme la nostra identità in Italia e nel mondo - dice il ministro dell'Agricoltura, Francesco Lollobrigida -. Il 10 dicembre auspico che si riesca ad arrivare a riconoscere la nostra cucina come patrimonio immateriale dell’Unesco. È un percorso iniziato nel 2023 e che darà il giusto riconoscimento ai nostri ristoratori e anche alle nostre tante città a cui il cibo è collegato, che è un veicolo per attrarre milioni di turisti".
Poi, mostra un moderato ottimismo quando il direttore Carelli gli chiede un commento sulla grande partita dei dazi statunitensi. "Noi quest’anno tocchiamo il record di esportazioni agrifood, di esportazioni di vini, siamo la nazione che meglio ha saputo valorizzare l’olio d’olivo, abbiamo il record nel settore caseario. I dazi - dice Lollobrigida - ci devono spaventare meno di quanto crediamo".
"Non ci piacciono i dazi che sono stati inseriti dagli Stati Uniti perché mettono in discussione un modello di sviluppo - sottolinea -. Ci stiamo battendo con i nostri amici statunitensi per eliminarli. Non rinunceranno al parmigiano e ai nostri vini. I nostri concorrenti nel settore del vino sono i Paesi europei che hanno gli stessi nostri dazi. Possono essere, per esempio, quelli sudamericani, ma loro hanno il doppio dei dazi. Siamo ottimisti - aggiunge -. I dazi non saranno ininfulenti, ma siamo convinti che i nostri prodotti saranno resilienti. Abbiamo visto la nostra economia crescere anche in termini di export".
Non poteva mancare un passaggio sulla questione, su cui si dibatte in Europa, dell'etichettatura sui rischi per salute sul vino. "Ci stiamo battendo per far si che il vino non venga catalogato come alcool - dice il ministro dell'Agricoltura -. Esistono ricerche cosi folli che pensano che anche l’acqua possa far male. L’uomo esce dalla barbaria quando inizia a coltivare il vino. Immaginiamo di togliere il vino dalla storia: quanti quadri scomparirebbero dalla storia? Dire che il vino danneggia la salute credo sia un azzardo - sostiene -. Va invitata la moderazione del consumo, certo. Noi ci batteremo per proteggere vino, vigneti e quello che viene dall’assunzione di questo prodotto".
"Sono convinto - continua - che all'interno dell'Unione europea, dove esiste un sistema di etichettatura concordate, non prevalga la ‘prepotenza’ di una nazione che vuole mettere le etichette sul vino senza produrne neanche una goccia. In sede europea stiamo attuando tutto quel che possiamo per difendere questo straordinario prodotto. Lo facciamo con altri, dalla Spagna alla Francia. Abbiamo in asse lo stesso obiettivo: garantire la possibilità di informare sempre in maniera corretta senza peròl dover terrorizzare".

È Leonardo Maria Del Vecchio a salire sul palco per ricevere la prima menzione speciale della serata, che Meda gli ha conferito definendolo come colui che sta trasformando l’accoglienza in un linguaggio contemporaneo e globale, capace di unire impresa, stile e visione, caratteristiche tipiche dell’identità italiana. Il presidente del Gruppo LMDV Capital si è aggiudicato il Premio Miglior Esperienza Italiana per aver reso, come spiega il moderatore, “l’esperienza un nuovo codice dell’accoglienza, raccontando l’Italia attraverso luoghi che diventano emozione, identità e racconto”.

Dopo Del Vecchio è stato il turno del primo "salotto" a cui partecipano Massimo Bottura, (Chef patron dell’Osteria Francescana di Modena); Federico Bricolo (presidente di Veronafiere), Dominga Cotarella (Presidente di Fondazione Campagna Amica Coldiretti), Matteo Lunelli (Presidente e Amministratore Delegato delle Cantine Ferrari Trento) e Iginio Massari.
"Io da solo sono Massimo Bottura, con la mia squadra siamo l’Osteria francescana. Ora - dice ricordando il progetto Food for soul - siamo la famiglia dell’Osteria francescana. Con tutti i nostri ristoranti siamo quasi un migliaio di persone, ma attraverso i refettori che abbiamo aperto. In dieci anni abbiamo coinvolto 140 mila volontari e chef di tutto il mondo".
"Ogni sei mesi abbiamo più di 500 referenze e ogni sei mesi a turno riguardiamo i prodotti e li portiamo al miglioramento - racconta Massari - perché siamo quel che mangiamo oggi, e non quello che mangiavamo ieri. La scienza ci aiuta, ci aiuta l'intelligenza artificiale. Nel prossimo futuro non saremo quello che saremo oggi. Possiamo parlare di tradizione - aggiunge - ma la tradizione di una volta non è certo l’esigenza dell'uomo di adesso".

Lunelli sottolinea la necessità di "fare sistema" perché "il vino è sempre espressione di un territorio", mentre Cotarella ribadisce l'importanza di "educare i ragazzi" e di raccontare "questa nostra ricchezza con entusiasmo". Da Bricolo, invece, un rifiuto del pessimismo sui dazi, perché "l’Italia giocherà di squadra" e per la capacità del settore vitivinicolo di "allearsi con la ristorazione italiana. Quest'alleanza - aggiunge - deve essere sempre più stretta".
Nel chiudere il primo panel, Lollobrigida ha un commento per tutti gli ospiti. Ricorda che Massari gli “suggerì di riconoscere ai maestri di queste discipline l’opportunità di essere riconosciuti come simboli". Dice che è stato Bottura "a candidare l’Italia e la cucina italiana a patrimonio immateriale dell’Unesco. I 250 mila ristoranti italiani nel mondo, i 70 mila negli Stati Uniti, già testimoniano l’apprezzamento", aggiunge. Elogia "la scuola di alta qualità della famiglia Cotarella". Ho visto - prosegue - nella cantina di Lunelli un pilota giapponese di Formula 1 e ho capito come si potesse abbinare la tradizione e l’innovazione".
Ma dopo il primo talk, ecco la prima premiazione. I "110 cum laude", con cui le Guide de L'Espresso premia i sette migliori vini:
- Alta Mora
- Castello di Ama
- Elvio Cogno
- Ferrari Trento
- Giovanni Rosso
- Podere Forte
- Tenuta Sette Ponti.
Nasce un nuovo premio, quello dell'Outsider dell'anno, annunciato dalla curatrice de Le Guide, Fabiola Fiorentino. "Nasce dall'esigenza di dare voce a tutti quei personaggi e di quelle storie che hanno deciso di cambiare rotta. Essere outsider non significa essere folli, ma cambiare e farlo con coraggio, forse la parola più bella che può descrivere questo ruolo", dichiara Fiorentino. "Outsider? Gli altri mi definiscono così", dice il premiato, Alberto Gipponi in videomessaggio, prima di salire sul palco e ricevere il suo riconoscimento. "È tipo Jessica Rabbit. Non è che scegli di essere un outsider, io faccio quello che credo ogni giorno da quando la cucina mi ha abbracciato e poi diventa vita. Ogni giorno è ricerca, anche negli altri, perché ognuno può insegnare qualcosa. Il valore altrui non può mai essere un limite per noi, ma solo un vantaggio", commenta Gipponi.

Fiorentino chiede un minuto per ricordare la scomparsa di Aimo Moroni, maestro e pioniere della moderna cucina italiana, tra gli applausi del pubblico. Klugmann: «Ogni volta che mi si chiede qualcosa fuori dalla mia natura ho un blocco e seguo la mia strada. Sono fortunatissima: non conosco la divisione tra la vita privata e quella lavorativa".
Poi, il secondo talk. Con Fiorentina, dialogano Antonino Cannavacciuolo (Chef patron di Villa Crespi), Enrico Dandolo (Vicepresidente della Fondazione Gualtiero Marchesi), Antonia Klugmann (Chef de L’Argine a Vencò), Cristina Scarpellini (produttrice di Tenuta Scerscè) e Federico Veronesi (fondatore di Tenimenti Leone).

"Faccio qualcosa che mi piace e mi definisce come persona, non conosco la divisione tra vita privata e vita lavorativa - dice Klugmann -. A 46 anni posso dire che quello che faccio mi definisce in modo profondo e muta come cambio io. Non sono la stessa persona di ieri, sono in mutamento come lo è la mia cucina. Anche da bambina - aggiunge - non ho mai accettato l’autorita per sé stessa, accetto una regola solo quando ne capisco il significato e ne abbraccio le convinzioni".
"La paura di sbagliare", per Cannavacciuolo, "è quello che ti fa tenere i piedi per terra insieme all’ossessione di fare sempre meglio. Noi dobbiamo essere d’esempio per tutti i giovani che lavorano con noi. Oggi è facile avere tutti gli ingredienti sul tavolo, ma vent'anni fa non era così. Il consiglio ai giovani? Provarci, perché è quando si è giovani che è il momento di sbagliare. Se sai girare lo sbaglio a tuo favore diventa successo".
Ma dopo il secondo panel della serata, il momento più atteso della serata: i "cinque cappelli", il premio che L'Espresso dà ai migliori ristoranti d'Italia che, quest'anno, sono 21:
- Antica Corona Reale. Guidato da Gian Piero Vivalda, con Davide Ostorero in sala, l’Antica Corona Reale unisce eleganza francese e cuore piemontese in piatti tecnici e identitari, frutto di sei generazioni di storia.
- Piazza Duomo. Enrico Crippa, con la famiglia Ceretto, firma ad Alba una cucina rigorosa e visionaria: estetica d’arte, tecnica estrema e orto biodinamico per un’esperienza che unisce pensiero, forma e gusto assoluto.23 ottobre | Teatro Arcimboldi | Milano
- Villa Crespi. Antonino Cannavacciuolo firma a Villa Crespi una cucina emozionale e tecnica, dove Nord e Sud dialogano in armonia. Un’esperienza totale, raffinata e accogliente, affacciata sul Lago d’Orta.
- Cracco. Carlo Cracco, con Luca Sacchi ai fornelli, propone nel cuore di Milano una cucina urbana e visionaria: tecnica, tensione estetica e identità moderna per un ristorante che unisce eleganza, provocazione e pensiero.
- D’O. Davide Oldani traduce a Cornaredo rigore e sensibilità in una cucina umanistica e contemporanea: piatti equilibrati, creativi e gustosi, dove tecnica e memoria convivono in armonia perfetta.
- Da Vittorio. La famiglia Cerea porta avanti l’eredità di Vittorio e Bruna con una cucina sontuosa e impeccabile, dove tecnica, materia e tradizione dialogano in perfetta armonia nel cuore di Brusaporto.
- Dal Pescatore Santini. La famiglia Santini incarna da un secolo l’essenza della cucina italiana: armonia, tradizione e territorio in piatti sublimi, serviti con grazia in un’oasi di eleganza e serenità.
- La Peca. Nicola e Pierluigi Portinari firmano una cucina di equilibrio e creatività, dove tecnica, materia e stagionalità si fondono in piatti nitidi e golosi, immersi nel calore dei Colli Berici.
- Le Calandre. Massimiliano Alajmo intreccia tecnica e poesia in una cucina d’avanguardia e sensibilità rara: piatti autoriali, equilibrati e sorprendenti che rendono Le Calandre un simbolo assoluto d’eccellenza.
- L’Argine a Vencò. Antonia Klugmann esprime nei suoi piatti l’anima concreta e spigolosa del Friuli: cucina essenziale, intensa e sincera, dove natura, tecnica e pensiero si fondono in pura autenticità.
- Al Gatto Verde. Nell’elegante Casa Maria Luigia, Jessica Rosval intreccia radici emiliane e sensibilità canadese in una cucina raffinata e luminosa, segnata dal fuoco, dall’armonia dei sapori e da creatività colta.23 ottobre | Teatro
- Osteria Francescana. Massimo Bottura celebra trent’anni di genio con una cucina che trasforma l’umile in sublime: ironica, colta e visionaria, fonde memoria e invenzione in piatti di rara intensità poetica.
- Enoteca Pinchiorri. Riccardo Monco e Alessandro della Tommasina rinnovano con eleganza l’eredità Pinchiorri: una cucina colta e precisa, che unisce tecnica e grazia in un’esperienza d’arte, storia e misura.
- Dalla Gioconda. Davide Di Fabio firma una cucina luminosa e sostenibile, dove tecnica ed emozione si incontrano tra mare e collina. Un racconto raffinato e leggero, sospeso sul blu dell’Adriatico.
- La Madonnina del Pescatore. Moreno Cedroni, genio inquieto e visionario, reinventa il mare con intelligenza e poesia: una cucina di equilibrio e invenzione, dove anche le spine diventano pura meraviglia.
- Uliassi. Mauro Uliassi orchestra una cucina sensoriale e poetica, sospesa tra mare e terra:ricordi, profumi e intuizioni si fondono in piatti di intensità rara e armonia sorprendente.
- La Pergola. Heinz Beck eleva l’arte culinaria con rigore scientifico e grazia estetica: una cucina limpida e complessa, dove gusto e benessere si fondono in equilibrio perfetto, sospesi sulla Città Eterna.
- Reale. Niko Romito eleva la materia a pensiero puro: una cucina ascetica e luminosa, dove l’essenziale diventa emozione e la semplicità, frutto di rigore assoluto, si fa rivelazione.
- Quattro Passi. Fabrizio Mellino rinnova con sensibilità la tradizione di famiglia: una cucina mediterranea luminosa e profonda, dove mare, terra e memoria dialogano con grazia e autenticità.
- Piazza Duomo. Ciccio Sultano racconta la Sicilia con mente colta e cuore appassionato: una cucina di memoria e invenzione, dove tecnica, intensità e poesia trasformano ogni piatto in racconto.
- La Madia. Pino Cuttaia trasforma la memoria in emozione pura: una cucina intima e simbolica, dove gesti antichi e sensibilità moderna si fondono in un racconto poetico dell’anima siciliana.
Sul palco, poi, Jacopo Veneziani. Ma che c'entra uno storico dell'arte, famosissimo tra i più giovani (e non solo), con la cucina? "Ci sono tanti punti in comune tra arte e cucina. Sì, è un’opera gastronomica: è l'ottava arte". Spazio al terzo panel, moderato dalla responsabile Cultura de L'Espresso Sabina Minardi. "L’estetica è il modo in cui ci colleghiamo al mondo attraverso la bellezza. È una forma di pensiero, ma anche un gesto - dice Minardi -. È nello sguardo, nella luce, nel dettaglio che la cucina e il vino diventano arte. E allora, insieme a Jacopo, proveremo a capire come la forma diventa linguaggio, e come la cucina, attraverso la tecnica, la luce e l’armonia, possa davvero essere la nostra ottava arte".
E presenta gli ospiti del terzo panel: Moreno Cedroni (chef e patron de La Madonnina del Pescatore), Diego Cusumano (produttore e mecenate del vino, fondatore della cantina Cusumano), Niko Romito (chef e patron del ristorante Reale) e Jessica Rosval (chef del ristorante Al Gatto Verde di Modena).
“Pensavo all’effimero, al tempo, all’ottava arte - dice Romito -. Mentre l’artista immortala in quel momento l’arte e la lascia lì, la cucina ha a che fare con il tempo, con l’uomo, con l’effimero. Perché finisce nell’istante in cui lo mangiamo. È una grande fragilità, non lascia qualcosa. Però questa fragilità fa sì che il piatto successivo sia più bello del precedente. In quel gesto c’è la bellezza. La bellezza è qualcosa che poi racconta qualcosa di definito. Si arriva alla bellezza dopo un lavoro di ricerca".

"Dodici anni fa ho deciso di lasciare il Canada e ho voluto scoprire la bellezza del mondo. La prima fermata", per Rosval, è stata l'Italia. "Sono stata rapita dalla sua bellezza. Ma non solo per i paesaggi, ma per le storie, per le tradizioni, per le persone. La bellezza della cultura l’ho scoperta qui. Abbiamo fatto partire il progetto “roots” - spiega - per aiutare le persone migranti, attraverso la cucina, a stabilirsi qui".
La bellezza italiana, per Cedroni, "è nelle tradizioni, nelle ricette della tradizioni. Che non sono perfette, anzi sono imperfette. Lo sono come le ricette della mamma; buonissime, ma sempre diverse. Questo fa sì che l'imperfezione non sia mai una noia".
Per Veneziani, "ci sono punti in comune tra il modo di costruire un piatto o un’opera: ci sono ingredienti diversi, che a volte non c’entrano nulla tra loro, ma proprio per questo creano qualcosa di meraviglioso". "Le opere d’arte - aggiunge - sono come messaggi in bottiglia lasciati da qualcuno, in un certo periodo storico: non sai mai chi li intercetta e come li interpreta. Con un piatto diverso: anche quando è finito, lo porti dentro di te. Come Proust con la madeleine.»

Last but not least, i premi speciali. Ecco quali sono:
Miglior vino dolce
Daniela Soprano - CANTINE FLORIO Marsala DOC Riserva Vergine 2009. Non una semplice etichetta ma una dichiarazione di estetica enologica: un monumento al tempo che il tempo lo sfida, un vino-simbolo, un manufatto ineffabile.
Miglior vino rosso da uve autoctone
Fabio Mecca - PATERNOSTER Aglianico del Vulture Superiore DOCG Barone Rotondo 2020
La celebrazione dei 100 anni di storia di un marchio leggendario e del legame inscindibile con una varietà ora al centro della mappa vitivinicola mondiale.
Miglior vino bianco da uve autoctone
Rosa Fanti - AZIENDA AGRICOLA ROSA FANTI Rubicone IGT Trebbiano Fiammarossa 2024
Un impeccabile progetto di ritorno alla terra che porta con sé le stigmate della predestinazione in una bottiglia che ha tutto il sapore della riscoperta varietale.
Miglior cantina
Alessandro Cellai - VALLEPICCIOLA. Una cantina-progetto, capace di valorizzare l’impagabile territorio di Castelnuovo Berardenga tra Chianti Classico e varietà internazionali.
Miglior produttore under 40
Marianna Neri - CASANOVA DI NERI Giovanni, Gianlorenzo e Marianna Neri. Con Il Cinese la cantina apre una nuova fase del Brunello, è il segno che anche i classici sanno cambiare restando fedeli a se stessi.
Miglior enologo
Andrea Delpiano - Giovane e determinato, capace di decifrare territori diversi tra loro e portarli all’eccellenza: emblema della qualità raggiunta dai tecnici del vino italiano.
Miglior area vitivinicola
Sandro Santini - Rimini DOC. Il vino romagnolo è la veracità di referenze che sanno, sempre e comunque, di mare. Forse è arrivato il momento di riscoprine, tutti insieme, il valore.
Vino promessa
Tommaso Inghirami - GRIGNANO Chianti Rùfina DOCG Aboca 2023. Un’idea di Chianti innovativa al servizio di un areale la cui tradizione è radicata nel tempo, Grignano si conferma uno dei prospetti più interessanti del panorama toscano.
Miglior vino sotto i 15 euro
Francesco Allegrini - ALLEGRINI Valpolicella DOC Classico 2024. Un Valpolicella Classico da decenni paradigma di qualità ed accessibilità, capaci di viaggiare a braccetto abbinando freschezza ad eleganza.
Miglior vino orange
Marilina Paternò - CANTINA MARILINA Terre Siciliane IGP Moscato Cecile 2018. Un prezioso Moscato Bianco in versione orange proveniente dalla Val di Noto che rappresenta un’affermazione di duttilità territoriale.
Miglior maître
Nicola Dell’Agnolo - Il Luogo di Aimo e Nadia. L’understatement dell’umiltà e del lavoro quotidiano in un sodalizio che ha scritto la storia dell’alta cucina italiana con un approccio fatto di prossimità e accuratezza.
Miglior abbinamento cibo-vino
Giuseppe Palmieri - Osteria Francescana. L’accostamento tra “La Contadina” – piatto che celebra il connubio tra cibo semplice e creazione artistica – e il Trebbiano d’Abruzzo dop Fontecanale - vino che parla di radici contadine attraverso la lente di una di una prospettiva ontologica.
Miglior sommelier
Nicoletta Gargiulo - O me o il mare. Per la capacità di trasformare l’abbinamento cibo-vino in un’esperienza evocativa ed esperienziale, vero terzo occhio dell’itinerario degustativo.
Migliore team di sala
Mariella Organi - Madonnina del Pescatore. Un congegno perfettamente oliato, dove il segreto è accompagnare senza imporre, tramite gestualità impeccabile, una delle esperienze fondanti della moderna gastronomia italiana.
Miglior carta dei vini
Daniele Tagliaferri - Achilli al Parlamento. L’approdo al magico equilibrio fra la scintilla iniziale della sfrenata passione per il vino e una cucina accurata, appagante ed elegante, interconnessa alla tradizione.

La serata si conclude tra gli applausi del pubblico. Poi, si alza il sipario: nel retropalco, lo show cooking curato da Da Vittorio e il dj set che porta la firma di Twiga.

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