Attualità
25 ottobre, 2025Un enorme salone disordinato e l’esplosione della moka
Non varrà più come scusa sottintesa per il caratteraccio, le sfuriate, i toni alti, certi passaggi logici che vanno da Nietzsche al definitivo “sono puttanate” l’essere un irriducibile zitellone e quindi, secondo il luogo comune, umorale, lunatico, instabile seppure brillante. A 81 Massimo Cacciari sposa Chiara Petriarca, una signora di 52 anni con cui convive a Milano da alcuni anni. Tutto può succedere, come nel film di Jack Nicholson e Diane Keaton che in originale ha un titolo ancora più adatto all’occasione: Something gotta give, su qualcosa devo cedere.
Ho conosciuto Cacciari di persona al culmine della sua scapolaggine quando andai a intervistarlo per Repubblica a Venezia nel 2005. Era febbraio, nevicava, la città in bianco e nero, struggente. “Vieni a casa. Scendi col vaporetto a San Tomà, vai verso il campo, giri a sinistra, c’è una costruzione bassa marrone, suoni il campanello”. Eseguo. Parto dal Lido dove si svolgeva un inutile congresso di Rifondazione, attraverso il Canal Grande, sbarco.
Era da poco accaduto il primo botto. Di fronte all’infausta candidatura di Felice Casson decisa dai Ds per il comune di Venezia, a Cacciari erano girate le scatole e aveva deciso di presentarsi per battere non tanto la destra ma la sinistra. Gesto allo stesso tempo umorale dettato dall’affronto e calcolato. Il pm gli era anrtipatico, i Ds non lo avevano consultato, la Margherita, il suo partito, non vedeva l’ora di fare un dispetto agli ex PCI. Con una rimonta clamorosa Cacciari sconfisse proprio Casson al ballottaggio e fu amatissimo sindaco per altri 5 anni.
Entrai in un appartamento a prova di coppia. Ma non a prova di bomba come scoprii più tardi. Il salone occupava molto più della metà dello spazio. Pieno di libri sulle pareti e per terra, il tavolo di lavoro enorme vicino al lato corto della stanza rettangolare. Due divani dall’altra parte, un tavolinetto. Lo trovai avvinghiato alla cornetta del telefono fisso, micione, sussurrava parole dolci a qualcuna. Arrivarono altre telefonate e Cacciari sapeva trasformarsi. Chiamò Massimo Carraro, imprenditore del nord est, invenzione politica del professore e candidato alla regione Veneto nel 2005 (dove perse). Cambiò tono. Urlava nel telefono: “Se sostieni quei comunisti di merda, Massimo, ti distruggo. Tu non eri nessuno, devi stare dalla mia parte”.
Comincia l’intervista, la prima dopo l’annuncio del ritorno. Fu una piccola esclusiva. Vuole un caffè? Preparò la moka, tornò al tavolo. Passarono dieci, venti minuti. Lui dimenticò, io anche. Si sentì un’esplosione. Il secondo botto della giornata. Corremmo in cucina. Era scoppiata la caffettiera. Gli schizzi di caffè coprivano pareti e soffitto. Lui commentò laconico: “Un’altra volta”. Può capitare a tutti, anche a chi ha una famiglia, persino a quelli che hanno una squadra di colf. Ma il botto della moka mi sembrò un sintomo inequivocabile dell’uomo solo, volutamente solo.
Il filosofo è uno scapolo speciale, va detto. A 61 anni, nel 2005,aveva ancora capelli e barba nerissimi, magro, affascinante, un vero intellettuale, saggista, sindaco della città più famosa delmondo, editorialista di classe, amministratore adorato. Lui è sempre stato riservatissimo sulla vita privata. Mai sposato, niente figli, leggende metropolitane a iosa su studentesse innamorate, rare foto abbracciato a una donna, un amore quasi paterno per il nipote Tommaso Cacciari, leader no global e ancora oggi impegnato come attivista, figlio del fratello Paolo. Da qualche anno si è trasferito a Milano ed è li che convive con la promessa sposa.
A 81 anni non sarà il caso di usare l’espressione “mettere la testa a posto”, come antiche generazioni dicevano ai maschi che tardavano a prendere moglie. Ma qualcosa sarà successo, anche se lui non dirà una parola e gli amici si limitano a un vago: “Lei sa reggere il confronto”.
Di Patriarca i soliti social raccontano quel pochissimo che ha deciso di condividere. È triestina, ha 700 amici su Facebook dove usa il soprannome Claros e 160 follower su Instagram. "Se puoi sognare puoi fare", si legge nella bio. Le piacciono il tennis, il giardinaggio, il mare e la cucina. Sui suoi profili molte foto di ricette: dal «tortino senza cottura», «alla pasta di piselli», fino alla «torta invisibile alle mele».
Le pubblicazioni sono state affisse a Milano e a Venezia. Non si conosce la data della cerimonia né il luogo.
Il matrimonio è spesso un “divergente accordo”, formula filosofica che al professore è particolarmente cara. Cacciari ha deciso di vedere se oltre che nella filosofia funziona anche nella vita.
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