Sardegna e Piemonte distanti su tutto

Dalla Sardegna al Piemonte, storie di un Paese in cui la salute diventa una roulette. A Cagliari l’Oncoematologia pediatrica è nell’ospedale Microcitemico, sprovvisto di alcuni servizi essenziali. «Quando ho scoperto la malattia di mio figlio – ricorda la presidente di Asgop (Associazione sarda genitori oncoematologia pediatrica) Francesca Ziccheddu – lui ebbe uno shock anafilattico, all’epoca il rianimatore c’era. Oggi i rianimatori pediatrici sono presenti solo nell’ospedale Brotzu a un chilometro dal Microcitemico. Dare assistenza ai bimbi, spostandosi da una struttura all’altra, dipende dal singolo medico che decide di assumersi una responsabilità legale che per contratto non avrebbe. Così quello che è un diritto alle cure, diventa un favore». Eppure, la società scientifica Aieop indica il reparto cagliaritano come centro regionale per i tumori infantili. «Quando ho parlato con i dirigenti – racconta Ziccheddu – mi sono sentita rispondere che una rianimazione pediatrica per un numero esiguo di posti letto, sarebbe stato uno spreco e che sarebbe più conveniente trasportare il bambino in elicottero al Bambino Gesù di Roma o al Gaslini di Genova. Un discorso da bottega – continua – che affida la vita dei nostri figli all’incognita delle condizioni meteo». E non è l’unica carenza perché a Cagliari i bambini viaggiano in ambulanza dal reparto all’ospedale centrale anche per una trasfusione perchè al Microcitemico manca il centro trasfusionale. Lo psicologo, poi, dipende da un’altra Asl, in pratica l’impegno con i bambini è lasciato alla sua spontaneità.

 

Di tutt’altro segno l’organizzazione sanitaria che ha reso Torino un modello virtuoso con servizi coordinati dalla rete Oncologica pediatrica guidata da Franca Fagioli. Il sistema prevede un hub centrale e spokes periferici, ovvero dieci centri sul territorio di Piemonte e Valle d’Aosta. I bambini oncologici vengono seguiti nella fase cruciale nell’hub che è l’ospedale pediatrico Regina Margherita di Torino attrezzato di tutti i servizi necessari, una volta che il bimbo è stabile, viene affidato all’ospedale periferico il più vicino possibile al domicilio del paziente con personale formato nel reparto torinese. 

 

Nella rete tra reparto e Asl è inserita l’associazione Ugi (Unione genitori italiani contro il tumore nei bambini). Un rapporto che già negli anni Ottanta ha favorito lo sviluppo della chemioterapia dedicata. «E la scelta di un interlocutore unico ha evitato la dispersione di energie», ricorda la segretaria generale Ugi Emma Sarlo

 

Funziona anche il supporto psicologico. Dagli esordi l’Ugi individuò l’esigenza di uno psicologo stabile, finanziando prima una borsista, diventata poi dipendente Asl che ha concluso la carriera da coordinatrice nazionale. Al pensionamento ha lasciato una squadra di professionisti: psicologi ma anche logopedisti, neurologi, neuropsicologi, ortottisti che seguono i pazienti nella riabilitazione. E di recente, frutto del circuito virtuoso tra pubblico e privato sociale che permette all’Ugi di gestire anche 21 case del Comune per le necessità delle famiglie dei ricoverati, è arrivata anche la prima palestra riabilitativa all’interno del nosocomio.

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