Navi fantasma russe e operazioni sospette: il golfo di Augusta è il nuovo hub per il traffico di petrolio?

La Dda di Catania apre un fascicolo. L'inchiesta di Greenpeace: "Alcune società italiane aiutano la shadow fleet del Cremlino"

"Da metà 2024, le acque al largo della Sicilia sono diventate il nuovo hub per la flotta fantasma russa, l’insieme di navi usate da Putin per aggirare le sanzioni europee sul petrolio, introdotte dopo l’invasione dell’Ucraina". Lo riporta Greenpeace, che da gennaio a novembre 2024 ha monitorato, insieme alla trasmissione Report di Rai 3, le attività di una cinquantina di petroliere al largo del Golfo di Augusta, in provincia di Siracusa. La Direzione distrettuale antimafia di Catania, guidata dal procuratore Francesco Curcio, ha aperto un fascicolo sulla vicenda, mossa dai sospetti su spostamenti e soste di diverse petroliere in queste acque. 

Secondo Greenpeace, appena oltre il confine delle acque territoriali italiane avvengono dei trasporti di greggio e prodotti petroliferi da una nave all'altra, i cosiddetti ship to ship transfer (Sts). La scelta di condurre queste operazioni in mare aperto non sarebbe casuale: così facendo è più facile nascondere l'origine russa del carico e violare quindi l'embargo europeo sul petrolio proveniente da Mosca, una delle sanzioni occidentali contro il Cremlino per l'aggressione all'Ucraina. Su 52 petroliere monitorate, l'indagine ha rilevato 33 trasferimenti Sts. "Dieci di questi hanno coinvolto almeno una nave della flotta fantasma russa. Tutto avvenuto alla luce del sole, sotto il naso dell’Italia", afferma l’ong ambientalista.

Il report evidenza come il volume di greggio russo trasportato dalla shadow fleet negli ultimi due anni sarebbe cresciuto di molto, fino a coprire il 70 per cento delle esportazioni via mare di Mosca. Un fenomeno, secondo l’organizzazione, che potrebbe aver giovato della complicità e della negligenza italiane, tanto al livello pubblico quanto privato. Secondo le norme europee, infatti, le navi che battono bandiera russa (o sono classificate dal registro navale russo) non possono accedere ai porti dei Paesi Ue, così come accade per le imbarcazioni che hanno appena fatto un trasferimento di greggio con una nave della flotta, finché non hanno scaricato il carico altrove.

Alle aziende dei 27 Stati membri è poi esplicitamente vietato sia di fornire servizi di assistenza tecnica, finanziaria e di altro tipo alla shadow fleet, sia di vendere navi cisterna in Russia o destinate all’uso sul territorio russo. “Nonostante ciò, alcune società italiane attive nel settore del trasporto marittimo agiscono a beneficio della flotta fantasma russa”, secondo quanto riportato da Greenpeace. La mancata vigilanza delle autorità italiane competenti permetterebbe così a Mosca di aggirare l’embargo sul petrolio russo e quindi di aiutare l’industria bellica di Putin, dato che, stando alle stime dell’inchiesta, un rublo su tre dei proventi delle fonti fossili sarebbe destinato alle spese militari del Cremlino.

Le attività delle imbarcazioni della shadow fleet sarebbero rischiose anche al livello ambientale: le principali conseguenze delle loro operazioni riguardano soprattutto l’ecosistema marino e costiero dell’Italia. Secondo l’inchiesta dell’ong, il 60 per cento di queste navi ha più di 15 anni. Ciò significa che, oltre a essere fatiscenti, sono anche prive di assicurazione adeguata contro i danni da sversamento di petrolio. “Spesso hanno una manutenzione insufficiente, assetti proprietari opachi e bandiere di comodo, cioè di Stati poco attenti ai regolamenti internazionali - spiega Greenpeace -. Il risultato è che in caso di incidente è molto difficile risalire ai responsabili e avere accesso ai fondi per coprire i costi di un eventuale disastro ambientale”.

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