Sostenibilità
23 aprile, 2025

In Campania tempo scaduto per l'ambiente

La condanna della Cedu impone due anni per rimediare ai guasti ambientali che hanno sfregiato una regione e reso insalubre la vita di metà della popolazione che la abita

Tanto tuonò che piovve. E quindi, dopo mille segnali premonitori, come il tuono che annuncia la pioggia, è arrivata la decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) che ha condannato lo Stato italiano per violazione dell’articolo 2 (diritto alla vita) e dell’articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, a causa della gestione inefficace dell’emergenza ambientale nella cosiddetta Terra dei Fuochi e cioè in una vasta area della Campania colpita da decenni di sversamenti e incendi illegali di rifiuti tossici.

 

Leggendo la decisione, vi è un elenco drammatico (specie per chi come me vive da sempre in questi luoghi in cui l’emergenza ambientale è la punta di un iceberg caratterizzato non solo da criminalità organizzata che prende il nome di Camorra ma anche da illegalità diffuse) che sembra essere una litania, come lo sciogliere tra le mani la filza di grani di un doloroso rosario che lascia stupiti davanti a una unica gridata domanda: «Come è stato possibile tutto ciò?».

 

Nella decisione si prova a ricostruire il sistema di inefficienze che hanno concorso a causare un pluridecennale inquinamento che ha determinato (e determina all’attualità) un grave attentato alla salute collettiva, senza che, come emerge dalla ricostruzione, ci sia stata una gestione capace di attivare quel fondamentale obbligo di protezione dei consociati in capo alle istituzioni pubbliche.

 

E la responsabilità è tanto più amplificata se solo si pensa che la zona della Terra dei Fuochi ha una popolazione esposta di circa 2.900.000 abitanti, pari al 52 per cento della popolazione dell’intera Campania.

 

In questa pattumiera d’Italia forse nessuno può essere considerato esente da responsabilità perché evidentemente gli sforzi messi in campo non sono stati all’altezza di impedire quello che la Commissione parlamentare d’inchiesta ha definito un vero e proprio disastro ambientale, ritenendo il fenomeno, che ha portato anche a un grave inquinamento delle falde acquifere, di impatto storico «paragonabile solo alla diffusione della peste nel XVII secolo».

 

La Cedu pone l’accento su alcuni fondamentali profili chiamando un po’ tutti alle armi per la difesa della salute pubblica e delle generazioni future che passa inevitabilmente per la tutela dell’ambiente (come anche sancito dal novellato articolo 9 della Carta fondamentale).

 

Il primo monito è quello relativo alla imposizione di una strategia globale con la previsione di misure per garantire la completezza e il coordinamento del loro approccio, con un chiaro accentramento delle competenze in modo da evitare un’inutile frammentazione delle responsabilità e quindi con l’indicazione di una autorità che potesse accorpare in sé pieni poteri (e il governo italiano ha subito nominato un Commissario unico nazionale per la bonifica della Terra dei Fuochi).

 

Ma ciò che più colpisce dei precetti indicati nella decisione Cedu è la indicazione di fare uno sforzo per sviluppare, in adeguata consultazione con le parti interessate a livello locale, regionale e/o nazionale, compresi i rappresentanti della società civile e delle associazioni interessate, una strategia globale. È un chiaro riferimento alla cosa pubblica e a un immediato coinvolgimento di ogni forza in campo, ogni intelligenza che non potrà esimersi dal dare un contributo. È il sovvertimento della regola dell’indifferenza dei consociati nella certezza che, probabilmente, il delegare in bianco non è più tollerabile e che solo una vera e propria rivoluzione delle coscienze può fare da motore per la riappropriazione dell’ambiente salubre per il pieno godimento dei diritti umani.

 

Infine la Cedu sottolinea l’importanza di istituire una piattaforma informativa pubblica che raccolga, in modo accessibile e strutturato, tutte le informazioni rilevanti relative al problema della Terra dei Fuochi e alle misure adottate o previste per affrontarlo, con informazioni sul loro stato di attuazione. Un dovere di informazione come previsto dalla Convenzione di Aarhus, collegato ai doveri di protezione e di solidarietà da una parte ma anche, dall’altra, il tentativo di rafforzare la conoscenza in capo ai cittadini, sia per dare loro possibilità di valutare concretamente i rischi per la loro salute e la loro vita, sia per consentire a loro di essere vigili sentinelle in un territorio che merita cure e attenzione. La Terra dei Fuochi corrisponde in grande parte alla storica Campania felix così denominata quella parte dell’Ager Campanus da Plinio il Vecchio per indicare la feracità di un meraviglioso territorio. Si tratta quindi di una terra ferita nel profondo della sua interiore magnificenza ed esteriore bellezza.

 

Due anni è il termine concesso dai giudici di Strasburgo per far fronte alle carenze sistemiche che hanno caratterizzato la risposta dello Stato al problema della  Terra dei Fuochi. Un termine che sembra brevissimo ma che, se vissuto nella coralità della partecipazione, può diventare un metodo per porre al centro dall’azione quotidiana di ogni portatore di interessi il bene comune che non è solo l’ambiente ma deve avere il sapore del riscatto. Nel nome dei tanti morti ammazzati dall’inquinamento e dal malaffare che ispireranno quella rivoluzione gentile che sarebbe imperdonabile non alimentare.

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