Un gruppo di ragazzi e ragazze, tra i 14 e i 18 anni, che cammina svogliato e vagamente assonnato per i corridoi della propria scuola ronzando fino al cortile per i venti minuti di ricreazione concessi dal fitto orario didattico, dopo i quali si tornerà – seduti e fermi – dietro il proprio banco. Tutti hanno qualcosa in mano. Chi un pacchetto di patatine, chi una lattina con una bibita gassata, qualcuno ha conquistato entrambe. È un’immagine che chiunque sia entrato in un istituto superiore italiano negli ultimi 15-20 anni vede andare in scena tutti i giorni. Basta inserire più o meno un euro e cinquanta in uno dei tanti distributori automatici strategicamente posizionati tra le aule e la merenda di metà mattinata è servita. Poco importa se questa routine, ripetuta nel tempo, può portare a problemi di salute.«Il cibo ultra-formulato sta minacciando il futuro dei nostri giovani. La qualità è la chiave: su quello cattivo – sottolinea il segretario generale della Coldiretti Vincenzo Gesmundo – si gioca una partita fatale per il nostro Paese. È tempo di scegliere consapevolmente per proteggere la salute e il domani delle nuove generazioni». Il problema è stato al centro dell’evento “Cibo naturale: un patrimonio da difendere”, organizzato da Coldiretti dal 13 al 15 giugno a Udine. All’iniziativa hanno preso parte personalità del mondo scientifico e attori istituzionali ed è stato lanciato anche un Manifesto per l’educazione alimentare nelle scuole.
Il programma si articola in cinque punti fondamentali: stop ai distributori automatici pieni di cibi spazzatura, più alimenti a km 0 nelle mense dei bambini, una strategia nazionale contro l’obesità infantile, un patto con le famiglie e un solido programma di formazione nelle classi. «Vogliamo costruire un futuro più sano per i nostri figli, partendo dall’educazione al cibo – dichiara il presidente Ettore Prandini – Un’alimentazione consapevole è la prima forma di prevenzione e rispetto per la salute, l’ambiente e l’economia agricola del Paese».
Si deve quindi ripartire dalle scuole, dove ci si forma dal punto di vista culturale e sociale e dove si plasmano abitudini e stili di vita. In questo senso è interessante un’analisi –presentata nel corso della stessa kermesse di Udine – condotta proprio da Coldiretti, insieme con il centro di ricerca Ixè. Dallo studio emerge che circa un alunno su due acquista abitualmente prodotti come snack dolci e salati e bevande energetiche per fare il classico spuntino durante l’intervallo. Anche perché questi si trovano in poco meno dell’80 per cento delle macchinette, secondo i dati di Okkio alla salute – l’osservatorio dell’Istituto superiore di sanità che si occupa di rischi correlati al sovrappeso e all’obesità nei minori – rielaborati dalla Fondazione Aletheia. La frutta, invece, si trova solo nell’1 per cento dei distributori.Per quanto riguarda le mense scolastiche, la situazione non è migliore. Sempre l’analisi Coldiretti-Ixè svela che appena un genitore su tre è soddisfatto del servizio che in media costa oltre 80 euro al mese. Bastoncini di pesce industriali, polpette con carne ricostruita e aromi artificiali, fino al purè liofilizzato. E poi – viene sottolineato nel report – budini e merendine pronti, oli raffinati (spesso di palma) e piatti surgelati con tutto il campionario esistente di additivi, conservanti e coloranti. Questo nonostante esistano dei criteri ambientali minimi previsti dalla legislazione nazionale per i contratti della ristorazione collettiva che però vengono disattesi, soprattutto nelle mense gestite attraverso grandi appalti industriali per ragioni di costo, conservazione e praticità.
Di educazione alimentare in Italia si parla sin dalla metà degli anni Settanta con le prime conferenze sul tema, ma è solo nel nuovo millennio che, grazie a un approccio meno tecnico e più psicologico, vicino alle nuove generazioni, si è riusciti a far riflettere criticamente sulle proprie abitudini migliaia di ragazzi e ragazze nel nostro Paese. Il ministero dell’Istruzione è poi impegnato su questo fronte da tempo e nel 2015, in occasione dell’Expo di Milano, ha diramato delle linee guida sul tema.
Ma, come mostrano i dati, lo sforzo non è sufficiente. Serve, per Coldiretti, un patto educativo tra scuola, famiglia e agricoltori, soprattutto per far capire ai giovani l’importanza dell’origine del cibo e il valore di una dieta sana e sostenibile. Bisogna rilanciare le mense scolastiche con prodotti a km zero, locali, stagionali e di filiera corta. E poi investire e dedicare tempo alla formazione, insegnando ai bambini da dove vengono gli alimenti che consumano, quali sono i principi di una dieta equilibrata e quali rischi comportano i cibi ultra-processati.
«Oggi assistiamo a una vera e propria pandemia silenziosa». Lo ha detto, durante l’evento di Udine, Ruggiero Francavilla, professore ordinario di Pediatria a Bari. «Giorno dopo giorno, un bambino che mangia male si contamina. Gli effetti non si vedono subito, ma arrivano. E sono gravi. Le cosiddette malattie del progresso – legate all’ambiente, al cibo, agli stili di vita – oggi uccidono più delle malattie infettive. E gli effetti possono essere devastanti. Per esempio, alcuni pesticidi sono legati alla diminuzione del quoziente intellettivo e all’aumento di patologie neurologiche. Questo comporta anche un aumento di bambini con difficoltà, con problematiche comportamentali, con minori capacità di apprendimento. Perciò – conclude – parlo di epidemia silenziosa».