Terrorista di destra, killer della 'ndrangheta, infiltrato dei carabinieri in Cosa Nostra, falso pentito: la sua carriera criminale incrocia molti misteri d'Italia. Per i giudici era una pedina dei servizi deviati

Condanna definitiva per Paolo Bellini, il quinto complice dei Nar: la strage di Bologna fu fascista e piduista

Il super killer nero Paolo Bellini è stato condannato all'ergastolo anche dalla Cassazione come quinto esecutore materiale della strage di Bologna, di cui viene così riconfermata la matrice neofascista e piduista. Il verdetto emesso oggi dalla sesta sezione penale della Suprema Corte convalida e rende definitiva la sentenza di colpevolezza decisa dalle Corti d'assise di primo grado, nell'aprile 2022, e d'appello, nel luglio 2023. Bellini è il quinto terrorista di destra condannato per l'eccidio del 2 agosto 1980 alla stazione dei treni, che provocò 85 morti e più di duecento feriti.

 

Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, all'epoca terroristi dei Nar, insieme al loro complice di Terza Posizione, Luigi Ciavardini, allora 17enne, tutti rei confessi di molti altri omicidi, ma non della strage, erano stati giudicati colpevoli anche dalla Cassazione già nel 1995. Quella prima storica istruttoria è costata una condanna definitiva per i depistaggi anche a Licio Gelli, il capo della loggia massonica P2, mandante delle gravissime manovre orchestrate dai vertici piduisti dei servizi segreti militari per alimentare false piste estere. Le ultime indagini sono state aperte nel 2018 dalla Procura generale di Bologna, grazie a nuovi elementi di prova scoperti dall'Associazione dei familiari delle vittime e dai loro legali. Tra il 2020 e il 2024 è stato condannato in tutti i gradi di giudizio Gilberto Cavallini, che era l'armiere e tesoriere oltre che killer dei Nar, nonchè personaggio di collegamento con i terroristi veneti Ordine Nuovo, collegati alla P2 e ai servizi segreti deviati già dagli anni delle stragi di Piazza Fontana, Peteano e Brescia.

 

Anche Bellini negli anni di piombo era un killer nero: era un neofascista di Avanguardia Nazionale e lui stesso ha ammesso di aver assassinato, nel 1975, uno studente emiliano di sinistra, Alceste Campanile. Un delitto rimasto impunito, che Bellini ha confessato solo quando ormai era coperto dalla prescrizione. Per la strage di Bologna, si è sempre proclamato innocente. Ma non ha negato di aver avuto una carriera criminale impressionante.

All'epoca della strage di Bologna, Bellini era ricercato per vari reati ed è rientrato in Italia con una falso passaporto brasiliano. A Foligno, con l'aiuto di tre parlamentari missini, è diventato pilota di aerei privati con cui trasportava personalità come l'allora procuratore di Bologna Ugo Sisti, poi diventato direttore centrale delle carceri.

Dopo un arresto e una condanna per assalti a ville e furti di opere d'arte in Toscana, Bellini è stato detenuto in Sicilia. Dall’aprile 1991 all’autunno 1992 si è infiltrato in Cosa Nostra, per conto di un maresciallo dei carabinieri che cercava di recuperare quadri rubati dalla mafia. Quindi ha incontrato Antonino Gioè, un boss poi condannato per la strage di Capaci (e deceduto in suicidio misterioso), che era stato in carcere a Sciacca insieme a quel finto «pilota brasiliano». éroprio Bellini è stato il primo a suggerire a Cosa Nostra la strategia di attacco ai beni culturali, poi realizzata dalla mafia nel 1993, con gli attentati più misteriosi.

 

In quei mesi, mentre sembrava lavorare per lo Stato, l’ex neofascista era già diventato in realtà un killer della ’ndrangheta. Scoperto e arrestato sette anni dopo, si è accreditato come collaboratore di giustizia e ha confessato di aver commesso, dal 1990 al 1999, otto omicidi, due tentati omicidi e un attentato esplosivo con decine di feriti in un bar di Reggio Emilia, sempre per conto della mafia calabrese.

 

Nel 2023, dopo la condanna in primo grado per la strage di Bologna, è stato riarrestato per un nuovo piano omicida: secondo l'accusa, stava cercando un sicario per far uccidere l'ex moglie Maurizia, che ha testimoniato nell'ultimo processo in corte d'assise facendo crollare il suo alibi. Bellini era stato già indagato, infatti, nella prima istruttoria sula strage di Bologna, quando emerse la sua notevole somiglianza con un sospettato che fu visto uscire in fretta dalla stazione poco prima della bomba. All'epoca fu salvato dalla testimonianza della moglie, che confermò la sua versione difensiva: all'ora della strage sarebbe stato a Rimini con la famiglia. Gli avvocati dei familiari delle vittime hanno però recuperato un video amatoriale, girato da un turista tedesco arrivato in treno a Bologna, che ha documentato la presenza sul luogo della strage di un uomo identico a Bellini, come hanno accertato le perizie. Nel nuovo processo, la stessa ex moglie lo ha riconosciuto con certezza in quel video, spiegando che all'epoca aveva mentito: «Avevo solo 25 anni e pensavo fosse innocente, che non fosse capace di commettere omicidi come poi lui stesso ha confessato».

 

Tra le prove a suo carico, evidenziate nelle sentenze di condanna, ci sono anche le testimonianze di due ex detenuti (compagni di cella di Bellini e suo fratello, di cui raccolsero le confidenze) e le intercettazioni del capo dei terroristi neofascisti del Triveneto, Carlo Maria Maggi, condannato come organizzatore della strage di Brescia.

 

Le sentenze di Bologna spiegano che Bellini è stato sicuramente protetto e coperto per molti anni da apparati di sicurezza e servizi segreti deviati, di cui è diventato «una pedina». Se dopo la sua prima condanna all'ergastolo dovesse pentirsi veramente, una sua confessione piena e totale potrebbe chiarire e forse riscrivere tutta la storia delle stragi, dalle bombe neofasciste degli anni Settanta agli attentati della mafia siciliana e calabrese mentre crollava la Prima Repubblica. Ma un personaggio come Bellini potrebbe anche tentare un nuovo bluff: di certo finora ha sempre negato qualsiasi rapporto con i servizi e la P2.

 

La sentenza della Cassazione ha reso definitive anche le condanne per depistaggio di un ex capitano dei carabinieri e dei servizi, Piergiorgio Segatel, e di un immobiliarista, Domenico Catracchia, che all'epoca gestiva anche appartamenti del Sisde, il servizio segreto civile. Uno di quei covi, in via Gradoli a Roma, fu incredibilmente affittato, sotto falsi nomi, prima a due terroristi delle Brigate Rosse, durante il sequestro Moro, e poi a un latitante dei Nar che un anno dopo la strage di Bologna ospitò Francesca Mambro.

 

Le nuove indagini di Bologna, ora convalidate dalla Corte Suprema, hanno anche identificato come «mandanti e finanziatori» della strage Licio Gelli e il suo braccio Umberto Ortolani, accusati di aver versato soldi in nero ai terroristi di destra e ai primi depistatori, la super-spia Federico Umberto D’Amato e l'allora senatore missino e giornalista Mario Tedeschi, inventori delle false piste palestinesi e libiche. Sono tutti morti da tempo, dunque non hanno potuto né dovuto difendersi da accuse così gravi.

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