L’anarchico Cospito, detenuto in regime speciale, aveva richiesto alcuni volumi, da Gramsci a Scurati alla fisica quantistica. Negati senza motivo. “Ma per sopravvivere in questo isolamento è vitale”

Niente libri in cella. Se la legge diventa accanimento

Il programma Ludovico, inventato da Anthony Burgess nel suo romanzo “Arancia Meccanica” e poi portato sullo schermo da Stanley Kubrik, era un trattamento sperimentale. Per limitare le tendenze aggressive, ai soggetti individuati venivano somministrati farmaci mentre erano costretti a guardare scene di violenza, tenendo gli occhi sempre aperti con l’ausilio di pinze. Per girare quella famosa scena, gli occhi di Malcolm McDowell, protagonista della trasposizione cinematografica del lavoro di Burgess, furono anestetizzati. Le forme di tortura inflitta a chi è privato della libertà personale possono essere innumerevoli, e sia la letteratura che il grande schermo le hanno spesso immaginate, quando non anticipate.

 

Ci sono cinque sezioni del carcere di Bancali, in provincia di Sassari, che sono state costruite sottoterra. Lì, dove la luce e l’aria fanno fatica ad arrivare, vivono gli uomini sottoposti al regime speciale (art. 41 bis della legge sull’ordinamento penitenziario). La luce artificiale è sempre accesa e, quando piove, l’intero reparto può allagarsi. Fino a pochi mesi fa, chi era sottoposto a quel regime, aveva diritto a due ore d’aria al giorno. Poi, una recente sentenza della Consulta, in riferimento a quanto sollevato dal Tribunale di Sassari, ha affermato che ampliare le ore d’aria (fino a un massimo di 4) è rispondente al senso di umanità. Principio costituzionale che, evidentemente, vale anche per coloro che sono sottoposti al regime speciale.

 

E proprio facendo riferimento a quel principio che viene da domandarsi quale sia la ragione sottesa al rifiuto, netto e reiterato, di consegnare alcuni libri ad Alfredo Cospito, anarchico condannato a 23 anni di carcere e sottoposto al regime di 41 bis dal 2022. In due diversi reclami Cospito ha elencato i titoli che sistematicamente gli vengono negati senza alcuna ragione e senza che si abbia contezza di chi sia effettivamente a operare questa scelta (forse la direzione del carcere o l’Autorità giudiziaria).

 

In un primo momento gli sono stati negati quattro libri (di cui uno sulla fisica quantistica e un altro sui vangeli apocrifi) e poi, alla richiesta di altri titoli e di un inserto di giornale, vi è stata un’ulteriore opposizione, o quasi. L’inserto culturale gli è stato consegnato con le prime dieci pagine strappate e dei libri, tra cui l’ultimo di Scurati e uno su Gramsci, nessuna traccia. Tutto ciò in aperta controtendenza rispetto a quanto avvenuto nei mesi precedenti, quando al detenuto venivano dati regolarmente i libri da lui richiesti e acquistati. Il netto rifiuto a consegnargli ciò che gli spetterebbe di diritto (poiché già autorizzato), ricorda quanto avvenne nel 2023, quando la direzione dell’istituto sardo gli negò la possibilità di tenere in cella la foto dei genitori defunti.

 

Si potrebbe dire che un libro è solo un libro. Eppure, trascorrere venti ore al giorno soli, chiusi in una cella sottoterra, con luce accecante e la possibilità di parlare solo con due o al massimo tre persone rigidamente individuate durante l’ora d’aria, nessuna attività esterna, nessun trattamento rieducativo, nessun contatto con i propri familiari, possono rendere quel libro l’unica cosa in grado di dare sostanza a quel senso di umanità. "I libri – ha scritto Alfredo Cospito nel suo ultimo reclamo – sono vitali per la mia sopravvivenza in questo isolamento mortale".

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