Attualità
21 agosto, 2025All'alba il blitz che ha anticipato a sorpresa i tempi rispetto all'appuntamento del 9 settembre. Per i mancati sgomberi il Viminale era stato condannato a risarcire 3 milioni di euro alla famiglia Cabassi, proprietaria dei locali
La data cerchiata sul calendario era il prossimo 9 settembre, per il 134 esimo tentativo di sgombero dopo gli ultimi andati a vuoto. Invece l’ufficiale giudiziario ha anticipato a sorpresa i tempi e poco prima delle 8 di questa mattina — 21 agosto — si è presentato davanti allo storico centro sociale milanese Leoncavallo (al suo interno non c’era nessuno) per lo sfratto dai locali occupati di via Watteau. Polizia e carabinieri hanno chiuso tutti gli accessi all’area: le operazioni dovrebbero durare alcune ore, mentre si sono radunati radunando in modo pacifico diversi attivisti che hanno raccolto gli appelli lanciati sui social dalle associazioni dell’attivismo milanese e non solo.
Lo sgombero atteso dal 2003
Uno sgombero, quello del Leoncavallo, atteso da 2003 su richiesta della proprietà — la famiglia Cabassi — ma andato a vuoto già per 133 volte. Per questo, a novembre dello scorso anno il ministero dell’Interno era stato condannato a risarcire tre milioni di euro ai Cabassi; soldi che il Viminale ha poi chiesto a Marina Boer, la responsabile legale dell’associazione “Mamme del Leoncavallo”. L’ultimo tentativo lo scorso 15 luglio, con una grande mobilitazione pacifica che ha impedito all’ufficiale giudiziario di sgomberare i locali occupati nel 1994 dopo lo sfratto dai locali di via Leoncavallo, dove l’omonimo centro sociale è nato nel lontano 1975.
"30 giorni per trovare un accordo con la proprietà"
“È uno sfratto esecutivo — dicono le Mamme del Leoncavallo —. Avremo 30 giorni per trovare un accordo con la proprietà per prendere un po' di cose”. Da anni è in corso una trattativa con il Comune di Milano per una nuova possibile sede in zona Porto di mare. “Di certo il Leoncavallo è andato”, aggiunge l’associazione che gestiva il centro sociale che parla di “tragedia”, pur “preferendo aspettare per altre dichiarazioni. "Certamente ci rivolgeremo alla città per avere un riscontro", ha detto Marina Boer, la presidente dell'associazione Mamme del Leoncavallo, in via Stella dove si stanno radunando frequentatori e sostenitori del centro sociale al grido di "Viva il Leoncavallo" e "Riprendiamocelo". "Speriamo non sia la fine" ha aggiunto Boer, consapevole che "cercare una alternativa è molto difficile. Il modo in cui si è conclusa questa fase è molto triste e dolorosa e dà l'immagine della volontà di non dialogo", ha concluso.
Il legale: "Non mi pare una buona idea ripetere il passato”
“Dopo quarant'anni di nuovo uno sgombero ad agosto. Non mi pare una buona idea ripetere il passato”, spiega Mirko Mazzali, legale del Leoncavallo alla notizia della esecuzione dello sfratto. “C'era una data, il 9 settembre, e dovrebbe essere rispettata. Cerchiamo di capire perché è successo e se è legittimo. Avevano richiesto l'uso della forza pubblica per il 9 settembre, se hanno anticipato immagino ci sia una ordinanza del questore” ha aggiunto. Su un commento politico si limita a dire che "bisogna sentire il Comune, il sindaco". Lo stesso sindaco Beppe Sala che, da quanto si apprende, sarebbe stato all'oscuro dell'anticipo dello sgombero a oggi e che, fino a questa mattina, sarebbe stato ignaro dell'intervento delle forze dell'ordine.
PIantedosi: "Viene ristabilita la legalità"
"Lo sgombero del centro sociale Leoncavallo segna la fine di una lunga stagione di illegalità - è il primo commento del ministro del'Interno, Matteo Piantedosi -. Per trent'anni quell'immobile è stato occupato abusivamente. E al danno si è aggiunta la beffa: lo Stato costretto persino a risarcire i danni dell'occupazione. Oggi finalmente viene ristabilita la legalità. Il governo ha una linea chiara: tolleranza zero verso le occupazioni abusive. Dall'inizio del nostro mandato sono già stati sgomberati quasi 4mila immobili. Lo sgombero del Leoncavallo è solo un altro passo di una strategia costante e determinata che porteremo ancora avanti", conclude.
Le reazioni politiche
A stretto giro sono arrivate reazioni più politiche. La prima — puntuale — è stata quella di Matteo Salvini, che quelli spazi li frequentava quando era un giovane comunista padano e che li difendeva quando il “suo” sindaco, il leghista Formentini, voleva già sgomberarli trent'anni fa. "Decenni di illegalità tollerata, e più volte sostenuta, dalla sinistra: ora finalmente si cambia. La legge è uguale per tutti: afuera!”, ha scritto sui social il leader della Lega.
Per Nicola Fratoianni, "nulla è più carente nelle nostre città degli spazi sociali, culturali e democratici, ma nonostante questo la destra di governo agisce per ridurli ulteriormente, facendo sgombrare il Leoncavallo a Milano, un'esperienza che per oltre trent'anni ha arricchito la vita sociale della città, mettendosi a disposizione di centinaia di associazioni e di diverse generazioni di artisti e attivisti. Questo sgombero - continua il coportavoce di Avs - è lo sgombero di chi non tollera la politica come organizzazione dal basso delle persone perché la concepisce solo come attività di supporto della speculazione e delle lobby".
"In pieno agosto, fregandosene del confronto in corso da tempo e dei tentativi di arrivare ad una soluzione positiva su cui erano impegnati in molti, tra i quali proprio gli esponenti del Leoncavallo, ecco che sgomberano il centro sociale. Una scelta, quella del ministro Piantedosi, grave, salutata subito da quell'avvoltoio di Salvini", ha commentato il capogruppo del Pd in Regione Lombardia, Pierfrancesco Majorino. "Un luogo che era diventato nel tempo un laboratorio importante di iniziative culturali e sociali. Una realtà che considerare un tema di 'ordine pubblico' è assolutamente folle e strumentale".
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