Attualità
23 agosto, 2025La ricostruzione dopo il sisma procede a rilento e le frazioni si svuotano perché sono spariti i servizi e le reti sociali. E anche l’identità dei luoghi rischia ora di perdersi
Io sono nata qui, nella camera sopra la cucina», racconta Assunta Gabrieli indicando il soffitto della sua casa a Collemoresco, una delle 69 frazioni di Amatrice, dove ha scelto di restare anche dopo il terremoto del 24 agosto 2016. L’edificio, ristrutturato pochi anni prima, non ha subìto danni strutturali. Oggi è l’unica abitante nel paese, mentre tutti gli altri sono stati accolti a poche centinaia di metri nelle Sae, le Soluzioni Abitative di Emergenza, piccoli prefabbricati realizzati per ospitare temporaneamente le persone sfollate.
A Collemoresco quella notte cadde solo il campanile della chiesa di San Martino. Avvertite le scosse, gli abitanti si radunarono nella piazza principale del paese con le linee in tilt e la corrente saltata.
«Amatrice non c’è più», ripeteva la voce del sindaco Sergio Pirozzi, dalla radio di un’automobile. «Pensai che forse stava esagerando, per richiamare gli aiuti il prima possibile», racconta Attilio Commentucci, presidente dell’Associazione Enrico Gabrieli Collemoresco Aps. «In realtà era proprio vero, Amatrice era praticamente crollata e sia lì che nelle frazioni limitrofe ci furono quasi 300 morti». Solo allora tutti capirono che quello che era accaduto nella loro frazione aveva i tratti del miracolo. La situazione a pochi chilometri era ben diversa.
Oggi, all’ingresso della frazione, un belvedere si affaccia sulle montagne. Su una balaustra serpeggia la scritta: “Benvenuti a Collemoresco”. Fiori freschi adornano le fioriere. È Assunta che se ne prende cura: «Lo faccio per me, perché quando passo non mi deve dare l’impressione di una cosa abbandonata, ma lo faccio anche per chi ancora viene», racconta.
Sono passati nove anni da quella scossa di magnitudo 6.0 che colpì tutto il Centro Italia. La ricostruzione oggi sembra ancora lontana dal restituire vita ai luoghi. Ad Amatrice ci sono alcuni cantieri come l’ospedale, la zona rossa e parte delle abitazioni, ma non bastano a rispondere ai bisogni della popolazione. Servizi essenziali, lavoro, reti sociali, tutto ciò che serve per restare è venuto meno, soprattutto nelle frazioni. Colle Spada, per esempio, nel vicino Comune di Accumoli, oggi è disabitato.
Ha pagato il prezzo più alto: quello dell’oblio. Anche a Patarico, a meno di un chilometro da Collemoresco, il cimitero mostra i segni di quel tragico evento, quella precisa data ricorre in diverse sepolture, su altre invece si legge: «Salma priva di dati identificativi, lapide divelta dal sisma». Poco più avanti invece, nella frazione di Domo, i cantieri sono quasi ultimati. «Guardandoci intorno, chi come me ha avuto una casa ricostruita e quasi consegnata da un momento all’altro in 4 anni può ritenersi contento – dice un abitante – anche se poi intorno a noi ho visto tanti lavori che sono iniziati, poi interrotti e ricominciati».
Ci troviamo a nord ovest di Amatrice, i cartelli indicano sentieri tra Collemoresco, Patarico, Domo e Santa Giusta. Durante l’estate questi luoghi erano crocevia di feste in famiglia e tradizioni. «Noi avevamo un circolo, dove si cucinava tutti quanti assieme – racconta Colombo Neroni, che attualmente vive nelle Sae – veniva la banda, la musica, lì su quella piazzetta che sta lì davanti ad Assunta, c’erano balli locali, come il saltarello, i giochi. Per noi era una bella famiglia, si stava bene».
Patrimoni immateriali e relazioni sociali oggi rischiano di sparire, così come l’identità del paese stesso. Gli eventi sismici successivi, a ottobre e gennaio, hanno aggravato la situazione strutturale delle abitazioni, comportando una scelta obbligata: demolire per ricostruire. Impalcature e ancoraggi avvolgono ancora molte strutture: segni di una ricostruzione a tratti immobile. Daniele Gabrieli, che ha lasciato il paese, oggi vive all’Aquila con la compagna in attesa di un figlio, racconta: «Io sono innamorato di questo posto, ci sono nato e cresciuto, però non mi sono pentito di essere andato via».
Le sue sono parole sofferte, ricorda bene quella sera di fine agosto: «Mi trovavo ad Amatrice, tra le prime sensazioni ricordo l’odore forte di gas. Poi cominciavano a sentirsi i primi nomi, dicevano “questo non c’è più, quest’altro non c’è più”, mentre si cercano gli amici che poi non trovi, sotto le macerie». Nonostante questo Daniele oggi è ancora qui a visitare i suoi cari, per festeggiare i 92 anni di nonna Agata, che vive nelle Sae: «Le cose vanno troppo a rilento. Quando rifaranno le frazioni saranno paesi nuovi, ma vuoti. Fantasma».
Ma c’è un progetto che tenta di custodire il tessuto urbanistico della zona: «Collemoresco è stata rivalutata come Borgo Antico, è l’unica delle frazioni riconosciuta di notevole interesse pubblico» spiega Attilio Commentucci. Secondo i criteri del Ministero della Cultura e vista la sua struttura storica, mantenuta anche dopo il terremoto, la frazione farà parte di un progetto unico di custodia che ha previsto delle procedure ad hoc per la messa in sicurezza e tutela nel processo di ricostruzione. «Le peculiarità dei singoli edifici accrescono il valore estetico e tradizionale dell’intero insediamento rurale e rappresentano testimonianze di un passato […] le cui tracce sono rimaste intatte fino al giorno d’oggi», ha affermato il Ministero nella dichiarazione di notevole interesse pubblico nel dicembre 2022, a seguito della richiesta da parte del Comune di Amatrice.
Se da un lato l’unicità del borgo potrebbe essere vista come una possibilità di conservare un’identità storica, dall’altra gli abitanti della zona denunciano di non essere stati coinvolti nel processo. «Noi non abbiamo avuto voce in capitolo», racconta Luigina D’Amodio, un’altra abitante di Collemoresco.
«Ci siamo trovati la cosa fatta, avremmo potuto fare ricorso, però devi pagare un avvocato, e se io non ho le risorse per pagare l’avvocato?». «Si prolungano i tempi, certo. Ma è pure una questione di sicurezza», lamenta Neroni. C’è la paura di tornare a vivere in un edificio colpito da tre diversi terremoti, seppure a seguito di lavori di ristrutturazione e di adeguamento sismico.
Sul Borgo Antico non tutti gli abitanti sono della stessa opinione: Commentucci, con l’associazione Enrico Gabrieli, è stato il principale interlocutore con il Comune di Amatrice per avviare il progetto.
«Con le nuove tecniche attuali, la sicurezza in un edificio ristrutturato è equiparata a quella in caso di ricostruzione in cemento armato», afferma. «Collemoresco sarà preservato dallo scempio, a mio avviso, che c’è stato nel territorio amatriciano in cui si è persa veramente gran parte dell’identità architettonica e strutturale di cui era ricco. Le generazioni che apprezzeranno questo sono i figli dei figli di chi ha la casa in queste terre, quelli che magari oggi vivono altrove, ma qui hanno le radici», continua Commentucci, «quelli che si troveranno un paese, in mezzo a tanti paesi che saranno dei condomini, quartieri più o meno anonimi di una città». Se la ricostruzione sarà capace di parlare anche a loro, al di là di come avverrà, allora forse non tutto sarà stato perduto. Intanto, a quasi dieci anni dal sisma, più che sistemazioni temporanee, le Sae sembrano essere diventate residenze definitive per chi ha perso la propria casa nel sisma.

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