Attualità
2 settembre, 2025Il 6 settembre un migliaio di persone Lgbtqia+ in pellegrinaggio a San Pietro per l’Anno Santo. Una storica prima apertura del Vaticano. E l’ultimo lascito di papa Francesco
«Questo pellegrinaggio romperà il silenzio e darà speranza a molte persone, perché è un evento unico in duemila anni di storia della Chiesa». A parlare è Gonzalo Vilchis, messicano di 41 anni. Dieci anni fa era un seminarista nella Congregazione di San Camillo de Lellis quando, dopo un sentito coming out, si è ritrovato solo e ingabbiato in un silenzio di pregiudizio e omofobia. Scappato a un cammino che sarebbe stato segnato dalle terapie di conversione, purtroppo ancora in uso in alcuni ambienti refrattari al Concilio Vaticano II, oggi fa parte di una rete internazionale di cattolici arcobaleno e si trova a Roma per prendere parte all’evento del prossimo 6 settembre, che radunerà in piazza San Pietro circa un migliaio di persone Lgbt con le loro famiglie, le suore e i sacerdoti che in questi anni stanno accompagnando le persone queer in un sincero percorso di fede.
Tecnicamente, non si tratta di un vero e proprio Giubileo: sul sito ufficiale dell’Anno Santo è calendarizzato un “Pellegrinaggio dell’Associazione La Tenda di Gionata e altre associazioni”. Eppure, è la prima volta che la Chiesa cattolica riconosce alle persone Lgbt di attraversare la Porta Santa in un evento non solo storico, ma rivoluzionario se si pensa che su quei sampietrini il 13 gennaio 1998 Alfredo Ormando urlò la sua protesta contro la Chiesa che demonizzava l’omosessualità, dandosi fatalmente fuoco. Allora come ora, la policy di gran parte della Curia in materia è riassunta dalla massima sibillina “don’t ask don’t tell” che, salvo gli anatemi latini riportati in rescripta o formule della dottrina, è la potente arma a disposizione di chi di Lgbt non vuole proprio sentirne parlare.
Lo stesso evento giubilare è stato al centro di un’odissea, tanto da essere stato prima rimosso dal calendario e, in seguito, reinserito dopo l’ennesima approvazione che – riferiscono alcune fonti – pare sia venuta dallo stesso papa Francesco. In un certo senso, quest’evento di riconciliazione e speranza andrebbe letto come l’ultimo lascito del pontefice argentino nei confronti delle persone credenti Lgbt: la chiosa postuma a quella domanda retorica che, nel suo primo anno di pontificato, aprì uno spiraglio per una Chiesa realmente più inclusiva: «Se uno è gay e cerca il Signore, chi sono io per giudicare?». Dodici anni dopo, uscita dall’armadio in cui la Chiesa stessa l’aveva relegata a suon di encicliche e documenti nell’era di Wojtyla e Ratzinger, con Bergoglio la comunità Lgbt ha visto una luce nuova, seppure a tratti tiepida.
Non era mai accaduto nella storia della Chiesa cattolica di vedere persone orgogliose della loro identità non conforme rivendicare pubblicamente la loro fede all’interno delle mura vaticane. L’evento sarà anticipato il 5 settembre da una conferenza promossa dalla testata americana “Outreach” con il gesuita James Martin: «Abbiamo gruppi di pellegrini cattolici Lgbt e i loro familiari dalla Francia, Germania, Stati Uniti, ma anche da Australia, Lituania e dal Sudamerica. Infatti tutte le liturgie abbiamo dovuto tradurle in diverse lingue» spiega Innocenzo Pontillo, presidente de La Tenda di Gionata, l’associazione nata nel 2018 dall’intuizione di don David Esposito per accogliere le persone scartate, per mutuare l’invito di papa Bergoglio: «A volte mi sento orfano di Francesco. Con tutte le contraddizioni che gli venivano rimproverate, aveva una forza pastorale e un amore autentico per le persone» riflette Pontillo.
D’altronde, l’ordine dei Gesuiti, a cui il pontefice apparteneva, è stato fra i primi a conciliare cattolicesimo e omosessualità, come ricorda il braccio di ferro tra padre John McNeil e la Santa sede negli anni Ottanta. Fra i promotori del prossimo pellegrinaggio c’è un gesuita, padre Pino Piva, coordinatore della pastorale Lgbt in varie diocesi italiane. Nel giorno precedente il pellegrinaggio vero e proprio, la Chiesa del Gesù, tempio romano della Compagnia fondata da Ignazio di Loyola, ospiterà la veglia di preghiera notturna “Chiesa casa per tutti” durante la quale sarà consegnata la croce arcobaleno portata a Roma da un gruppo di pellegrini arcobaleno da Terracina. Nella stessa chiesa, poche ore prima del pellegrinaggio, grande attesa ci sarà per la Messa presieduta da monsignor Francesco Savino, vicepresidente della Cei e voce progressista della Chiesa italiana. Sono poi numeri a dare la tara dell’evento, come puntualizza Pontillo: «I pellegrini iscritti al pellegrinaggio giubilare sono oltre mille, di cui il 30 per cento dal resto del mondo».
C’è, dunque, una forte dimensione di fede, che trova eco in quei cattolici pionieri che hanno aperto la strada con grande sofferenza personale e ostracismo istituzionale, come Ferruccio Castellano, che al primo incontro su cristianesimo e omosessualità nel giugno 1980 disse: «I cristiani che rifiutano ogni compromesso in ordine al loro orientamento sessuale, difficilmente possono accettare dei compromessi nel campo della fede». Oggi le sue parole sono ancora attuali, spiega Ana González, 27enne ingegnera spagnola che attraverserà la Porta Santa con la sua compagna: «Questo pellegrinaggio è un evento molto importante per noi come comunità, perché siamo stati prima rifiutati, poi accettati ma sotto condizione. La Chiesa si muove molto lentamente rispetto ai movimenti sociali, per questo è necessario per me esserci». Le fa eco la compagna Águeda Ibáñez, ricercatrice di 25 anni: «La comunità Lgbt per molti anni è stata respinta sia dalla Chiesa che dalla società. Questo pellegrinaggio è una grande opportunità per essere visti nel mondo, perché le persone Lgbt e cristiane devono essere visibili affinché la Chiesa cambi».
Dentro la Chiesa cattolica, invisibilità è l’altro nome dell’omofobia: nel 2022, in pieno sinodo italiano, circa cinquanta sacerdoti con orientamento omosessuale o bisessuale, in una lettera denuncia anonima indirizzata ai vescovi italiani hanno parlato di «silenzio come unica via di sopravvivenza». La Chiesa cattolica è tuttora un contesto dove esporsi è rischioso, se si pensa che alla Giornata mondiale della gioventù di Lisbona del 2023 alcuni pellegrini Lgbt hanno subìto insulti e lanci di pietre da parte di altri partecipanti. L’apprensione, mista all’eccitazione per il prossimo pellegrinaggio è, pertanto palpabile. Chi può, cerca nei gruppi virtuali rassicurazioni: c’è chi chiede se sia consentito l’utilizzo di bandiere o s’informa su sacerdoti che confessino senza condannare: «È vero che nella chiesa una larga maggioranza accetta che siamo omosessuali. Ma poi pretende che il nostro modo di vivere sia l’opposto del nostro modo di sentire e di amare» confessa, con parole piene di amara verità, Ana.
LEGGI ANCHE
L'E COMMUNITY
Entra nella nostra community Whatsapp
L'edicola
Vergogna - Cosa c'è nel nuovo numero de L'Espresso
Il settimanale, da venerdì 5 settembre, è disponibile in edicola e in app