A Kanina, nella zona di Kolwezi, tutta la popolazione viveva esclusivamente lavorando nelle cave a cielo aperto e nelle miniere. Ora, grazie a un progetto di solidarietà e sviluppo, sono state create una scuola e una fattoria. Per migliorare le aspettative di vita di una popolazione allo stremo e dare una speranza alle giovani generazioni

Nel 2011 gli oltre 32.000 abitanti del villaggio minerario di Kanina, nella zona di Kolwezi, in Repubblica Democratica del Congo, vivevano esclusivamente lavorando nelle miniere artigianali e nelle cave a cielo aperto, la forma più pericolosa e precaria di impiego nel settore estrattivo che attrae ex-soldati e disperati di vario genere in cerca di fortuna da tutto il Congo.


A Kolwezi migliaia di questi minatori hanno occupato negli anni le concessioni di Gécamines, la compagnia statale, che li ha lasciati proliferare senza pianificazione e senza offrire alternative di sviluppo. Il clima di anarchia dominante nella comunità ha contribuito nel tempo ad alimentare tensioni e violenza a carico dei più deboli, donne e bambini.


Secondo i dati raccolti nel 2012 dalla Fondazione Internazionale Buon Pastore, oltre la metà dei bambini di Kanina tra i 5 e 12 anni sono orfani o in condizioni di vulnerabilità e nessuno di loro aveva mai frequentato regolarmente la scuola. Per integrare il magro reddito familiare, nonostante i divieti nazionali e internazionali, il settanta per cento riferiva di lavorare regolarmente nelle miniere guadagnando al massimo 2 dollari al giorno, subendo gravi violenze fisiche e psicologiche.


Nessuno dei bambini intervistati ricordava quando avesse fatto l'ultimo pasto e il trenta per cento dichiarava di non aver mangiato da più di due giorni. Molti raccontavano di portare un po' di terra in tasca per riempire lo stomaco. Tra le ragazze e le donne della comunità, la maggioranza dichiarava violenze e sfruttamento sistematici, già dalla più giovane età.


La situazione è stata esacerbata dalle recenti espulsioni di massa violente degli artigiani minerari dalle concessioni delle grandi compagnie estrattive. Compagnie come KCC (partecipata della multinazionale Svizzera Glencore) che, negli ultimi cinque anni, sono riuscite ad eludere il pagamento allo Stato congolese di 153,7 milioni di dollari tra tasse e dividendi.


Soldi che sarebbero dovuti servire a offrtire infrastrutture e servizi in un'area in cui mancano tutto: strade, acquedotti, illuminazione, scuole, pozzi. E in cui la popolazione vive in casupole di fango umide e buie, senza alcun tipo di arredo e solo il capo villaggio possiede una sedia.


Per migliorare le condizioni di vita dei bambini e delle donne senza creare ulteriori fratture all'interno della comunità, la Fondazione Internazionale Buon Pastore, realizzato in loco dalle Good Shepherd sisters di Kolwezi, ha realizzato un programma che si articola in cinque progetti, per affrontare contemporaneamente le diverse cause che alimentano questo ciclo di sfruttamento, povertà e violenza. Il programma di recupero scolastico che ha portato 937 bambini minatori fuori dalla miniera e sui banchi di scuola offrendo un pasto al giorno e sostenendo il reddito delle famiglie. Il Centro per l'Economic Empowerment ha creato un programma di formazione e lavoro per i membri della comunità considerati “irrecuperabili”, come le adolescenti semianalfabete, troppo grandi per essere reinserite nel percorso scolastico, già vittime di sfruttamento e considerate dalle famiglie un peso poiché il loro valore è misurato solo in virtù della dote per un matrimonio in età molto precoce. A distanza di due anni dall’inizio del progetto quattrocento tra donne e ragazze affermano di essere più consapevoli dei propri diritti e di aver cominciato ad esercitare la propria capacità decisionale nell’ambito della famiglia e della comunità. E' stato creato un centro Protezione dell’Infanzia per garantire la prevenzione delle violenze sistematiche su bambini, ragazze e donne, offrendo la possibilità di denunciare le violenze e ottenere supporto psicologico e legale. Le iniziative di Mobilitazione Sociale sono state spese a ridurre le tensioni comunitarie attraverso attività ricreative e sociali, educando ai diritti e doveri civici tutta la comunità e attuando iniziative collettive di lobbying per obbligare le compagnie minerarie e il governo ad investire in infrastrutture e servizi.

Grazie a queste attività politici e imprenditori si sono dovuti esporre e hanno cominciato a prendere pubblicamente impegni per arginare i fenomeni di sfruttamento contro bambini e donne, assicurando maggiore vigilanza e investimenti per migliorare le condizioni di vita complessive della comunità. Infine, la cooperativa agricola Maisha Farm, costituta da 54 persone, in rappresentanza di 432 membri della comunità, ha cominciato a coltivare la terra, allevare animali e formare oltre 700 persone. Alla fine del primo anno la produzione agricola ha garantito la copertura, in media, del dieci per cento del fabbisogno alimentare annuale per circa cinquecento persone. Sulla situazione nella zona di Kolwezi e sul progetto della Fondazione Buon Pastore è stato realizzato il documentario 'Maisha: A Life Outside the Mines ' che documenta con immagini inedite, riprese direttamente nelle inaccessibili miniere del Katanga, in Repubblica Democratica del Congo (RDC, le condizioni di vita dei cosiddetti “schiavi dei minerali digitali”.
L'anteprima mondiale del documentario è prevista a Roma, il 29 Ottobre alle ore presso la Sala Marconi di Radio Vaticana, in Piazza Pia, 3.


La Fondazione Internazionale Buon Pastore ONLUS (www.fondazionebuonpastore.org) è un'organizzazione non governativa che supporta i programmi di sviluppo sostenibile delle Good Shepherd sisters (www.buonpastoreint.org).

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