In Italia non si combatte dal 1945. Un’eccezione storica che ora però sembra giunta alla sua fine. E Il ripetuto appello di Papa Francesco è stato un'altra fondamentale eredità

Il 25 aprile 2025 non ha segnato solo i primi ottant’anni dalla fine del fascismo e dall’inizio della democrazia in Italia. Ha anche segnato i primi ottant’anni di pace vissuti dal nostro Paese da quasi due millenni. Vale la pena di riflettere su questa circostanza.

 

L’ultimo lungo periodo in cui non furono combattute guerre sul territorio dell’attuale Italia parte dal 69 dopo Cristo, anno della seconda battaglia di Bedriaco (nei pressi di Cremona) in cui le truppe di Vespasiano sconfissero quelle di Vitellio, e finisce nel 170 dopo Cristo quando popoli germanici distrussero Oderzo e assediarono Aquileia durante il principato di Marco Aurelio. Un secolo e un anno senza guerre. Da lì in poi non c’è più stata tregua se non per periodi più brevi. Roma tramontò tra guerre civili e invasioni barbariche e iniziarono le guerre tra i suoi successori, tra cui la devastante lotta tra Goti e Bizantini nel VI secolo. Seguirono le lotte legate alle invasioni dei Longobardi e alla loro graduale espansione verso Sud, e all’invasione dei Franchi che pose fine ai regni longobardi nel 774. 

 

Poi vennero le guerre che accompagnarono la disgregazione dell’impero carolingio, l’emergere dei comuni italiani e delle varie signorie, sempre in lotta tra loro per tutto il basso Medioevo, con successive invasioni di saraceni, normanni, lanzichenecchi. Il XVIII secolo fu relativamente tranquillo risentendo però delle guerre sviluppatesi nel resto dell’Europa, le cui potenze dominavano la Penisola. Il resto è storia recente: guerre napoleoniche, guerre d’indipendenza e le due guerre mondiali.

 

La realtà è che la guerra, storicamente, ha rappresentato lo stato normale delle cose, come ci ricorda un recente libro (“Why war?”) dello storico inglese Richard Overy, in cui si esplorano le varie motivazioni dell’animo umano che hanno spinto la nostra specie animale al conflitto armato. Si potrebbe sperare che la pace che abbiamo vissuto in Italia negli ultimi ottant’anni, e la relativa (i conflitti non sono certo scomparsi) pace che il mondo ha vissuto nello stesso periodo, siano il risultato di una riduzione tendenziale al ricorso alle armi. Purtroppo, non è così. Il numero di morti causati da guerre, in rapporto alla popolazione mondiale, non mostra una tendenza discendente nel corso nei secoli. Gli ultimi ottant’anni sono un’isola in un mare di sangue.

 

Non è chiaro perché la pace abbia prevalso in un periodo così lungo. Forse è stata la consapevolezza che, con lo sviluppo delle armi nucleari, una guerra tra le principali potenze avrebbe portato alla fine dell’umanità. Forse la pace è il risultato dell’emergere di una potenza egemone, gli Stati Uniti d’America. Sia come sia, c’è da essere preoccupati. Da un lato le potenze egemoni sono ora due (la Cina può essere ormai considerata come tale). Dall’altro la tendenza al riarmo è ormai evidente ovunque e gli “scudi spaziali” possono far pensare a qualcuno di poter essere protetti dalla minaccia nucleare. Potrebbe venire pure in mente che una bella guerra possa anche essere rigenerativa dei valori dell’umanità (come cantava Battiato: «E perché il sol dell'avvenire splenda ancora sulla terra facciamo un po’ di largo con un’altra guerra…»).

 

Il ripetuto appello di Papa Francesco alla pace non è stato quindi casuale: è stato una fondamentale eredità. Non ne abbiamo mai avuto così tanto bisogno, da così tanto tempo.

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