Nel mondo ha ?già 62 milioni di abbonati e Mediaset e Sky preparano le contromosse. Ma le novità che introdurrà cambieranno per sempre l’offerta. Niente telegiornali e niente sport: solo entertainment e serial. Da vedere in qualsiasi momento e su qualsiasi apparecchio

Il nome Reed Hastings dice poco o nulla agli italiani. Almeno per ora. Il signore in questione ha 54 anni, è originario di Boston, già ufficiale dei marines, studente di matematica e informatica, vive in California dove ha sostenuto e lavorato con l’ex governatore Arnold Schwarzenegger. Imprenditore e filantropo, è diventato miliardario inventando (assieme a Marc Randolph) Netflix, rete on line che ha lanciato “House of Cards” e sta rivoluzionando la televisione al punto da far paura a personaggi poco abituati a perdere come Rupert Murdoch e Silvio Berlusconi.

I due tycoon, amici-nemici, durante il loro vertice ad Arcore, il 29 aprile scorso, avrebbero discusso a lungo degli incroci tv-telecomunicazioni e della minaccia Netflix in arrivo a ottobre. Lo stesso Hastings interrogato a proposito del summit dalla rivista americana “Wired” ha risposto sornione di non sapere se la storia dell’accordo fosse vera, ma «ad ogni modo dovrà sicuramente servire per contrastare qualcosa di molto potente», perché «i consumatori italiani avranno presto un’offerta più ampia tra cui scegliere».

La sfida è da Ok Corral, anzi da Ok Fiction. Lanciato come servizio di streaming nel 2007, Netflix è oggi la tv on line più diffusa al mondo. Ha 62 milioni di abbonati in oltre 50 paesi e mette a disposizione più di 100 milioni di ore di show televisivi, serie tv originali, documentari, lungometraggi tutto via Internet, godibili dunque su smart tv, tablet, smartphone, computer e consolle per videogiochi. Ha prodotto in tre anni 320 ore di contenuti originali, tra cui tre film e 18 serie televisive ottenendo 45 nomination agli Emmy Award con 16 vittorie (in gran parte per “House of Cards”), 13 al Golden Globe con due conquiste (incluso l’attore Billy Bob Thornton per “Fargo” prodotto dai fratelli Coen) e due all’Oscar, senza trofei.

L’organico mondiale è di oltre duemila dipendenti e il fatturato si aggira attorno ai 5,5 miliardi di dollari. È quotata al Nasdaq, dove entrò nel 2002 al prezzo di collocamento di 15 dollari. Lunedì 29 ne valeva 645. In America può contare su 41 milioni di iscritti, ma ora il mercato internazionale, rivela il manager Joris Evers, cresce più di quello statunitense e l’obiettivo finale è quello di diventare globali.

Il quartier generale europeo è in Olanda, ad Amsterdam, e al momento il pubblico più ampio è in Inghilterra e Irlanda, mentre in ottobre avviene lo sbarco contemporaneo nel Sud Europa, quindi Italia, Spagna e Portogallo. Alcuni dettagli, tra cui la data esatta di inizio e il prezzo, devono essere ancora annunciati. Ma è molto probabile che le tariffe oscilleranno dai 7,99 euro al mese della formula Basic agli 11,99 della Premium, come nel resto d’Europa. Il primo mese di abbonamento sarà gratuito.

Ma perchè uno abituato al telecomando e a centinaia di canali tv deve andare sul computer e scegliere Netflix? Ecco la risposta dei diretti interessati: con un solo abbonamento accedi a migliaia di programmi che puoi vedere ovunque e in qualsiasi momento, costa poco, non ha pubblicità. L’80 per cento è costituito da programmi americani il 20 per cento europei o italiani. Se è vero che “House of cards” verrà trasmesso da Sky Atlantic (alla quale Netflix ha ceduto i diritti dopo averla creata con successo e stupore dello stesso Kevin Spacey) e che “Orange is the New Black” è stata presa da Mediaset Premium, il catalogo è comunque molto vario, da “Grace and Frankie” con Jane Fonda a “Bloodline”, da “Chef’s table” (con l’Italia rappresentata da Massimo Bottura dell’Osteria francescana di Modena, puntata andata in onda il 26 aprile in America) a “Daredevil” a “Marco Polo”, con Lorenzo Richelmy nel ruolo principale e Pierfrancesco Favino. Poi “Narcos”, una serie tv originale che racconta la storia del traffico di droga del cartello di Pablo Escobar e che probabilmente ha qualche analogia con “Gomorra” realizzata da Sky.

E a proposito di prodotti originali italiani, il vertice Netflix dichiara di aver ricevuto tante offerte che si stanno valutando. Più in là Evers però non si spinge e non precisa né gli argomenti né gli eventuali autori delle proposte. Resta il fatto che la formula scelta per l’Italia è la stessa adottata in America e in tutto il resto del mondo: tutto entertainment, niente news, meteo e sport. L’ottimismo non manca, non si placa né davanti a un mercato italiano dove la concorrenza della tv è molto forte, né all’obiezione sull’estensione e la qualità della banda larga in Italia. Il ragionamento di Evers è semplice: quattro anni fa abbiamo cominciato in America Latina, dove lo streaming era quasi inesistente e oggi andiamo molto bene in quell’area, quindi possiamo farcela anche in Italia.

L’ingresso sul mercato di Hastings & soci ha spinto gli operatori di casa nostra o d’importazione a darsi una mossa. A partire da Murdoch: l’arma scelta è Sky Online Tv box, una scatola nera alta nove centimetri e profonda circa tre realizzata dalla Roku, società leader nell’hardware per lo streaming. La “scatola” si potrà collegare al proprio televisore e al WiFi di casa. Lo streaming di Mediaset si chiama invece Infinity tv, dalla quale si possono scaricare film e serie per un utilizzo offline. Esiste poi Tim Vision, servizio di tv on demand di Telecom che una volta si chiamava CuboVision e ha oggi circa 260 mila utenti, in crescita del 64 per cento rispetto a un anno prima. Soprattutto attraverso l’alleanza con Vivendi il gruppo Telecom sembra offrire notevoli potenzialità in questo campo e annuncia investimenti in tecnologia e contenuti, che includono lo sport. Da segnalare infine Google Play film, attraverso cui puoi comprare o noleggiare film da qualsiasi mezzo, e Chili Tv, azienda spinoff della Fastweb fondata e guidata da Stefano Parisi.

Un capitolo a parte merita la Rai, più timida quando si parla di on line. Una prudenza incomprensibile a giudicare dalle manovre dei principali concorrenti tv. A febbraio è stata presentata Ray (ray.rai.it), una piattaforma unicamente Web studiata per un pubblico tra 15 e 30 anni e che punterà sulle fiction tipo “Braccialetti Rossi 2” e su produzioni originali anche di profilo storico-culturale come “Cent’anni dopo” sulla Grande guerra. Un’idea di Eleonora Andreatta, direttore di Rai Fiction. Al di là di questo e dell’offerta abbastanza scontata di programmi già passati sulle reti e disponibili on demand, il gruppo pubblico non pare al momento agitarsi più di tanto. Eppure il debuttante (in Italia) Hastings è convinto che entro i prossimi vent’anni la televisione sarà interamente sulla Rete, «anche perché la fibra ottica sta crescendo ovunque», ha sentenziato su “Wired” «e Internet sta diventando un diritto umano fondamentale, come l’acqua e la corrente elettrica».

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