Sempre più discriminata, sempre più sola. La comunità Lgbtqia+ paga il prezzo di un'Europa che torna indietro sulla tutela delle minoranze. A prenderne atto è proprio il Parlamento europeo, che ha approvato nella plenaria del 18 giugno una relazione sullo Stato di diritto con 405 voti a favore, 210 contrari e 36 astensioni. Il documento denuncia un peggioramento nella tutela delle libertà delle minoranze e delle comunità vulnerabili. La risoluzione non ha valore legislativo, ma è un chiaro segnale politico: i valori fondanti dell’Unione – democrazia, uguaglianza, giustizia – sono sotto pressione in diversi Stati membri.
Nel mirino del Parlamento ci sono le restrizioni ai diritti civili, gli attacchi alla libertà di stampa, l’uso di spyware contro giornalisti e attivisti, e un preoccupante arretramento delle garanzie per le persone Lgbtqia+. Si parla di un’erosione sistemica dello Stato di diritto, che in alcuni Paesi assume ormai caratteri strutturali. È il caso dell’Ungheria di Viktor Orbàn, dove – secondo il testo – persistono gravi violazioni dei valori europei: dall’influenza politica sulla magistratura, all’uso improprio dei fondi Ue, fino alla repressione dei diritti civili. Per questo motivo, il Parlamento invita il Consiglio europeo a riattivare la procedura prevista dall’articolo 7 dei trattati, che potrebbe portare a sanzioni nei confronti di Budapest. Tra le richieste della relazione c'è anche una più stretta condizionalità tra Stato di diritto e accesso ai fondi europei, strumenti diretti per raggiungere la società civile nei Paesi dove i governi ostacolano il pluralismo democratico, e l’applicazione piena delle nuove normative europee come il Digital Services Act e l’European Media Freedom Act, pensati per contrastare la censura e la disinformazione online.
Forte anche la condanna all’intenzione della Commissione di ritirare la direttiva sulla parità di trattamento, cioè la norma che garantisce l'applicazione del principio della parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro. Farne a meno, secondo i firmatari, sarebbe un passo indietro inaccettabile. I deputati chiedono inoltre di criminalizzare a livello europeo l’incitamento all’odio, fenomeno in crescita soprattutto contro minoranze etniche e comunità Lgbtqia+. Una necessità ribadita anche dal Segretario Generale delle Nazioni Unite António Guterres, intervenuto sul tema in occasione della giornata internazionale contro i discorsi d'odio (che cade proprio il 18 giugno): "I discorsi d'odio viaggiano più velocemente e più lontano che mai, amplificati dall’intelligenza artificiale. Per soffocarli, abbiamo bisogno di collaborazioni a tutti i livelli". Se l'odio va sempre più veloce, l'Europa rallenta e, in alcuni casi, ingrana anche la retromarcia.