La Corte dei Conti boccia l'Inea e chiede al Governo di valutarne l'utilità

Nel mirino della magistratura contabile debiti e affitti di lusso, ma anche i tanti incarichi e le consulenze affidate a uomini vicini all'ex sindaco di Roma Gianni Alemanno

La gestione dell’Inea è stata bocciata dalla Corte dei Conti. Troppi debiti, ma soprattutto troppe spese in consulenze e affitti di lusso. I magistrati contabili, in una dettagliata relazione inviata ai presidenti delle Camere,  invitano il Parlamento a valutare l’abolizione dell’Istituto nazionale di economia agraria, al centro di un’inchiesta anche della Procura di Roma. Per il presidente del consiglio, Matteo Renzi, si ripropone dunque il problema di affrontare il futuro di certi enti. Cancellato il Cnel, Palazzo Chigi ha ancora davanti decine di strutture affatto indispensabili, ma che nel tempo nessuno è riuscito a smantellare, rappresentando posti di potere e lauti stipendi.

Lo scandalo Inea esplose lo scorso anno. L’ente, che dovrebbe analizzare lo stato dell’agricoltura italiana e indicare le vie di sviluppo per il settore, solo nel 2012, ultimo anno di gestione analizzato dalla Corte dei Conti, è costato allo Stato 23 milioni di euro di contributi e ben 22 sono stati spesi per il personale, tra dipendenti e consulenze. Su quest’ultimo fronte nel 2013 si scatenarono le polemiche, tanto che la Procura di Roma aprì un’inchiesta, ipotizzando il reato di abuso d’ufficio. Tanti incarichi erano infatti andati a uomini vicini all’allora primo cittadino della capitale, Gianni Alemanno. Uomini impegnati nella fondazione Nuova Italia, con cui il sindaco cerca di mantenere un ruolo forte all’interno del centrodestra, e sistemati all’Inea, dove il direttore generale era Alberto Manelli, approdato lì nel 2006, quando Alemanno era ministro delle politiche agricole e che è rimasto sempre legato all’ex sindaco, tanto che ancora siede nel Cda ed è direttore del centro studi della fondazione Nuova Italia.

Sull’istituto iniziarono a piovere in Parlamento interrogazioni, a partire da quella dell’attuale ministro Marianna Madia. L’allora titolare del dicastero delle politiche agricole, Nunzia De Girolamo, inviò un’ispezione e il 3 gennaio commissariò l’ente. “L'esito dell'attività ispettiva – specificò il Ministero in una nota – ha confermato l'esistenza di reiterate irregolarità gestionali”.

Ora a confermare la bocciatura delle consulenze e del “sistema” messo in piedi attorno all’Istituto è arrivata anche la Corte dei Conti. È emerso che in incarichi esterni nel 2010 l’Inea spendeva quasi 7 milioni di euro, saliti a 9 l’anno successivo e mantenutisi su quel livello nel 2012, il tutto mentre il fondo cassa è sotto di 5,7 milioni e le disponibilità liquide risultano azzerate. I magistrati contabili hanno specificato che “il ricorso agli incarichi ha assunto dimensioni piuttosto considerevoli sia in termini assoluti sia in rapporto al restante personale. Pertanto è opportuno che gli organismi preposti ai controlli interni effettuino approfondite e continue verifiche sull’effettiva sussistenza dei presupposti e dei requisiti prescritti dalla legge”.

Altra scoperta è relativa alla sede dell’Inea, che durante l’era Manelli è stata spostata in un palazzo di sei piani su via Nomentana, di proprietà delle Generali, dove l’Istituto paga un canone di 1,6 milioni l’anno, nonostante sia proprietario di tre immobili, “di cui uno solo locato a canone annuo di 86.580 euro”. Uno spreco dietro l’altro, secondo la magistratura contabile. L’Istituto, che prima del commissariamento aveva come presidente Tiziano Zigiotto, ex consigliere regionale del Veneto legatissimo all’ex governatore Giancarlo Galan, e come direttore generale  Manelli, ha contratto debiti verso le banche per 5,7 milioni.

Abbastanza per spingere la Corte dei Conti a sostenere che si tratta di “una struttura sovradimensionata e rigida, senza le caratteristiche di essenzialità e di flessibilità che dovrebbero connotare un istituto di ricerca”. Si arriva così al tasto dolente degli enti con cui il Governo Renzi deve fare i conti. I magistrati contabili invitano esplicitamente il Parlamento a intervenire sull’Inea: “In una fase economica come l’attuale, caratterizzata da una riduzione di risorse pubbliche e dalla necessità di contenere la spesa anche attraverso una razionalizzazione degli organismi gravitanti nel settore pubblico, appare utile ribadire l’opportunità di effettuare una ricognizione degli enti la cui attività presenti aree di sovrapposizione o di contiguità con le tematiche oggetto della missione istituzionale dell’Inea”.

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