Il filosofo Remo Bodei, illustre accademico che al pensiero speculativo ha unito una grande capacità divulgativa è morto all'età di 81 anni il 7 novembre 2019. Riproponiamo qui l'intervista che ci concesse in occasione dell'uscita del suo libro.
"Sprecando abbiamo ridotto le cose a puri oggetti. Ne abbiamo svalutato il senso. E impoverito anche noi stessi". Per il filosofo Remo Bodei, che al rapporto tra l'uomo e i beni che lo circondano ha dedicato il libro "La vita delle cose" (Laterza), c'è un valore intrinseco, nel mondo inanimato, da preservare. Averne la consapevolezza vuol dire fare un passo avanti nella comprensione dell'universo. E cogliere l'occasione per riscoprire relazioni: tra individui, generazioni, collettività.
In che modo le cose acquistano significati ulteriori?
"Innanzi tutto, occorre distinguere tra le cose e oggetti. Gli oggetti sono qualcosa di cui ci si appropria, ci stanno di fronte e aspettano di essere consumati. Le cose, invece, hanno una loro autonomia: sono strati di senso che si depositano nel tempo e che fanno parte di noi. Le cose, cioè, si impregnano di significati che si tramandano di generazione in generazione".
Le cose sono collegamenti col passato?
"Sono depositi di significati che parlano del nostro rapporto col mondo. Per questo dobbiamo avere verso di loro un atteggiamento di visione e di ascolto, invece di usarle. Perché sono crocevia del mondo, ci rimandano ad altre esperienze e ad altre situazioni".
Ci fa qualche esempio?
"Una bambola di ceramica ci fa tornare all'infanzia delle nonne, a un periodo che precede la scoperta della plastica, ci consente di inquadrarla nella storia dei giocattoli. Una spada ci riporta ai tornei cavallereschi, alla diversa educazione dei maschi e delle femmine. Le cose ci mettono in contatto con esperienze del mondo che si sono oggettivate. Una volta riportate a noi ce lo fanno comprendere".
Oggi circola spirito di conservazione. Il monito è: non sprecare risorse. E adottare comportamenti più frugali. Che ne pensa?
"Abusando del rapporto di appropriazione, le cose sono diventate un riempitivo della nostra esperienza, sostanzialmente povera. A dire il vero, siamo stati messi in una condizione per cui consumare è importante. La stessa società si è strutturata così: alimentando l'idea che se non si consuma tutto si ferma. E si sono moltiplicati i desideri: su essi la società ha basato il suo immaginario".
Ora però qualcuno sostiene che questi desideri siano appagati, saturi.
"È vero solo in parte: si compra di meno per via della crisi economica che ci sta rimettendo su un binario di rapporti diversi con le cose. La sobrietà è necessaria: l'ha spiegato meglio di tutti Edmondo Berselli nel suo ultimo libro "L'economia giusta". Dobbiamo abituarci a essere più poveri. Che non vuol dire avere una vita più triste, ma una logica dei desideri che punta ad altro".
A cosa?
"Può darsi che passare più tempo coi propri figli, coltivare un rapporto diverso con la natura ci consoli molto di più che avere rapporti di voracità con le cose. E sia la strada per la felicità".
Insomma, lei crede che la crisi sia l'opportunità per un cambiamento positivo?
"Ne siamo in parte costretti per ragioni economiche. Ma sono convinto che avere più attenzione per le cose, più cura per ciò che ci circonda, sia un'occasione da non perdere".
Non ha il sospetto che si tratti di un'ennesima moda, dei capricci di un'élite che può scegliere come impiegare i propri mezzi?
"Il rischio c'è. Ma se non puntare tutto sull'effimero diventasse un'abitudine culturale sarebbe un gran bene. Già un cambiamento c'è: l'ostentazione della ricchezza ha recuperato pudore".
Cultura
1 febbraio, 2011Articoli correlati
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«Se cambiamo la nostra logica dei desideri, scopriamo diverse fonti di gioia interiore». Riproponiamo l'intervista che ci concesse il filosofo scomparso nel novembre 2019
Remo Bodei: «Le cose sono diventate un riempitivo della nostra vita povera»
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