È finita con una disavventura la vacanza in Italia di un mio amico americano. Una disavventura a lieto fine, per fortuna, che si presta a qualche utile considerazione. Sarà stata colpa del caldo, o del tour de force per ammirare in una sola settimana tutte le bellezze italiane ma, arrivato stremato a Fiumicino per imbarcarsi e tornare a casa, il mio amico si è sentito male. Temendo di avere un infarto, invece di presentarsi al banco del check-in, si è messo in cerca d'aiuto ed è subito stato accompagnato al pronto soccorso dell'aeroporto. Non si è imbattuto nelle code a cui siamo abituati nei reparti di emergenza dei grandi ospedali metropolitani ed è stato rapidamente sottoposto ai primi accertamenti: visita medica, pressione, elettrocardiogramma, prelievo del sangue e delle urine.
A PRIMA VISTA nulla di grave, ma il medico di guardia non è tranquillo e decide di trasferirlo in ambulanza all'ospedale più vicino dove viene ricoverato in osservazione. Come da protocollo, il paziente viene sottoposto ai prelievi per controllare i segni di necrosi delle cellule del cuore, agli esami radiologici, poi esegue una Tac e un ecocardiogramma da cui non risultano alterazioni. Ma lui non si sente bene, le infermiere si accorgono che non riesce a camminare diritto e così gli somministrano dei farmaci. Non capendo a cosa servano, e trovandosi in difficoltà a parlare in inglese con il personale sanitario, il paziente chiama la moglie, in America, per chiederle di verificare su Internet che cosa sta prendendo. Sono medicine indicate per la pressione alta. Allora non è vero che va tutto bene, pensa. E, infatti, i medici non lo dimettono ma lo trattengono perché se i sintomi persistono, e dato che si tratta di segnali che fanno pensare a un problema cardiovascolare, non è prudente lasciare che il paziente esca e si imbarchi per un volo intercontinentale con il rischio di sentirsi male sorvolando l'oceano Atlantico. Alla fine il ricovero dura cinque giorni, qualunque dubbio viene fugato da indagini accurate e il mio amico si sente finalmente bene, fuori pericolo. Prima di salire sull'aereo mi chiama: «Sai che quando mi hanno dimesso non mi hanno fatto pagare nulla?». Sì certo, lo so. È uno dei motivi per cui non riusciamo più a fare andare avanti la sanità pubblica, rispondo. «La vostra assistenza non ha nulla da invidiare a quella degli ospedali americani in quanto a professionalità di medici e infermieri. Mancava solo la tv in camera e comunque non l'avrei capita».
Ma ci sono altre differenze, e sono più profonde. Nel sistema sanitario italiano, le decisioni sulla terapia, sul ricovero, sulla durata della degenza, le prende il medico. Spesso, lo sappiamo, indulgendo sui tempi che si allungano e possono creare disservizi e inefficienze. Ma resta il fatto che non può e non deve essere una compagnia assicurativa privata a chiamare l'ospedale per sapere se di quelle cure c'è davvero bisogno o se si può accorciare di un giorno la permanenza in ospedale. Lo scopo del medico è curare bene il suo paziente, quello dell'assicurazione è non pagare un dollaro in più dello stretto necessario.
PROVIAMO A RIFLETTERE con occhi "americani" sulla nostra sanità e vedremo che non è poi così male. Ciò che per noi è un fatto scontato, in paesi molto avanzati e ricchi non lo è affatto. Certamente molte procedure andrebbero rese più efficienti e medici e infermieri, non solo gli amministratori, devono percepire più che in passato la responsabilità anche sugli aspetti economici perché il loro contributo è fondamentale nel percorso di razionalizzare la spesa. Ma quando la nostra sanità viene guardata da occhi stranieri, soprattutto nell'emergenza, vengono alla luce i suoi aspetti più importanti: l'uguaglianza degli individui nel momento della malattia, la garanzia di cure appropriate indipendentemente dal censo. Non è un fatto da poco, anzi, è un punto in più di civiltà e democrazia che pochi paesi al mondo riescono a garantire ai propri cittadini. E a cui non siamo disposti a rinunciare.
Cultura
13 settembre, 2012Curato bene. E gratis. L'avventura sanitaria di un americano in vacanza. Che si rende conto di quanto sia meglio un posto dove decidono i medici e non le assicurazioni
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