Muos, il radar americano a Sud d’Italia

Davanti all’impianto di Niscemi, in Sicilia, l’ultimo presidio pacifista contro la militarizzazione Usa del territorio. La struttura osteggiata anche per danni ambientali e alla salute

Uno steccato, un recinto più volte vandalizzato, in un terreno ormai brullo e magro. È questo l’ultimo presidio di pace dell’Italia, il presidio più a Sud della penisola. Mentre una parte del mondo è in guerra e si contano una ottantina di conflitti sul pianeta, quel recinto dove il marrone della terra ancora resta vivido rappresenta un piccolo posto di resistenza. Sarà il destino della Sicilia, che è sempre stata terra di dominazioni, ma quando bisogna scegliere un posto per le vicende più insolite il mappamondo in mano ai potenti gira e rigira si ferma magicamente sull’isola. Hawaii, Australia, Virginia e Niscemi, pieno entroterra siciliano, nella provincia che è sempre in fondo alle classifiche per qualità della vita, Caltanissetta: lì si è deciso di installare il Muos, un sistema satellitare militare, americano, costituito da antenne e parabole utili a un sistema di comunicazioni ad alta frequenza, che crea una rete di comunicazione segreta in tutto il pianeta pronta a essere utilizzata dai militari statunitensi. Sì, perché, di italiano in questa storia non c’è nulla se non il posto che è stato scelto per piazzare il sistema. E la resistenza, rappresentata ormai da quel recinto vuoto: «Abbiamo deciso di comprarlo per organizzare i nostri raduni, un luogo simbolico – dice Pino Marcello, vedovo a causa di un tumore che ha strappato alla vita sua moglie –. Qui è tutto deserto, stanno cercando di desertificare la zona con il diserbante, l’erba è un problema per il loro sistema ma anche noi siamo diventati un problema da annientare, come l’erba». In quella che viene considerata erba da estirpare, ma che invece rappresenta una riserva naturale e un sito di interesse comunitario (Sic), l’unico «sic», inteso come espressione fumettistica di rassegnazione, è quella degli esponenti “No Muos” che ormai sembrano non avere speranze contro il potente “Muostro”, considerato che dopo anni di lotte pacifiche, il sistema è attivo da quasi 10 anni.

 

In migliaia, nella piccola cittadina di Niscemi, sono riusciti a ostacolare il passaggio degli americani, anche facendo scudo con il corpo, ma adesso la protesta, con il Muos attivo e con gli Usa al centro della politica internazionale ancora più di prima, assume un significato diverso: «Protestiamo proprio perché è attivo – spiega Giancarlo Ania, insegnante facente parte dei No Muos – Prima abbiamo tentato di impedirne l’installazione perché strumento di guerra con impatti negativi su persone e ambiente. Oggi da Niscemi in ogni istante si fa la guerra, in Ucraina come in Palestina e in Africa: il Muos fornisce intelligence, guida i droni e i bombardamenti delle forze Usa e dei loro alleati. Questo ha anche fatto diventare Niscemi e la Sicilia un target. Inoltre, da quando è in funzione non sono stati fatti i monitoraggi sulla salute della popolazione esposta all’elettromagnetismo».

 

In un mondo in guerra, lo schierarsi contro il simbolo del conflitto diventa scelta radicale e presidio di pace, tanto che a crederci sono più gli “stranieri” che gli stessi niscemesi, molti dei quali scappano perché non riescono a vedere un futuro in una terra in cui l’orma del potente vale più di qualunque vincolo e così una sughereta, riserva naturale diventa un campo sterminato di antenne. Il Muos, infatti, è solo l’ultima delle “meraviglie” che hanno messo piede a Niscemi. In questo avamposto americano, difatti, dal 1991, accanto alla sughereta ci sono 44 antenne che coprono un immenso territorio dell’entroterra siciliano, un tempo area boschiva. Sopra ogni diritto di dire “No”: «Cerchiamo di fare quello che possiamo – dice Filippo Arena, attivista operato per un tumore secondo lui riconducibile alle emissioni del “mostro” – abbiamo avuto ragazzi che sono andati via, persone deluse che dicono che non si è raggiunto nulla. Per anni non li abbiamo fatti passare ma potevamo solo far rinviare». Per questo il Muos ha un altro significato: chi invece adesso partecipa ai campeggi arriva dai posti in guerra, dalla striscia di Gaza o dall’Ucraina, da ambienti stravolti da industrie o dall’agricoltura selvaggia, come Gela e Acate, tanto che quel campeggio sembra un mondo fuori da Niscemi, una melting pot di proteste: «La maggior parte delle persone arriva anche da fuori – dice ancora Giancarlo Ania, che in quella sughereta ancora passa le sue giornate in cerca di uno spiraglio di natura – perché animata da una forte tensione antimilitarista e no war e vede nella lotta No Muos uno dei fronti più importanti dell’opposizione alla guerra e alla militarizzazione dei territori in Italia».

 

E poi ci sono coloro che di questo stravolgimento ambientale ne hanno subito le conseguenze, un inquinamento rilevato da uno degli animatori storici della protesta, Antonio Mazzeo, autore di un dossier sul caso, che metteva in risalto la potenza delle onde elettromagnetiche sulle persone, basato su una ricerca del Politecnico di Torino. «Ormai avere un tumore qui è una cosa normale – dice Pino Marcello – purtroppo siamo stati condannati». L’inquinamento rilevato aveva portato al sequestro dell’area per opera della Procura di Caltagirone, ma quel successo durò poco. «Secondo l’istituto superiore di Sanità però questo inquinamento non supera i limiti – dice Filippo Arena – così Rosario Crocetta (l’ex presidente della Regione Siciliana, ndr) ha revocato la sua stessa revoca dell’autorizzazione all’impianto, una cosa indegna». Passato Crocetta, dove forse la protesta ha raggiunto l’apice, oggi c’è il silenzio del Muos attivo se non durante i campeggi annuali, e una sola scritta ancora viva: “Pace”.

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