Pubblicità
Cultura
agosto, 2014

Lo scontro in piazza diventa un gioco da tavolo Tra Femen, Anonymous e Primavera Araba

Si chiama RIOT ed è l'idea di un gruppo di italiani, che si sono finanziati grazie ad una raccolta fondi online. Il gioco simula il conflitto sociale aggiornato ai nostri tempi ed è solo l'ultimo di una serie di prodotti che puntano a coniugare realtà e simulazione

La polizia è schierata da una parte, ma i manifestanti stanno avanzando. Nel quartiere accanto però ci sono tafferugli fra due fazioni ostili, entrambe scese in piazza: anarchici e nazionalisti. Mentre armate di mediattivisti stanno riprendono quanto avviene per strada, un cyberattacco colpisce siti governativi. È l’Ucraina? L’Egitto? L’Italia? È il conflitto sociale nel XXI secolo, solo che ha preso una forma inaspettata: quella del gioco da
tavolo
.

Si chiama RIOT (in inglese “rivolta, sommossa”) e ci sta lavorando un gruppo di giovani italiani: un board game, un gioco di strategia in stile Risiko!, tutto dedicato agli scontri di piazza. C’è il tabellone su cui si sviluppa la partita, che raffigura i quartieri di una città internazionale. Ci sono le carte, le unità da schierare nelle vie. L’ispirazione è stata un vecchio gioco da tavolo prodotto da Mondadori negli anni ‘70, Corteo, intriso di riferimenti all’atmosfera di allora e alla sinistra extraparlamentare. Un prodotto che oggi è un oggetto da collezione e viene rivenduto online intorno ai 70 - 100 euro.

[[ge:rep-locali:espresso:285129373]]

Ma i creatori di RIOT hanno riattualizzato lo scenario, gli attori e anche le meccaniche del gioco. Sarà più facile di Corteo, dicono, ma più difficile di Risiko!, e non si useranno i dadi, anche per minimizzare il fattore fortuna e spingere di più sulla strategia. Le truppe hanno connotati diversi, le carte danno dei bonus, e si possono intraprendere più azioni rispetto a un Risiko!.

Tra le carte sbucano soggetti come le Femen, le femministe ucraine che manifestano in topless; Critical Mass, i raduni di biciclette autorganizzati; i cyberattacchi alla Anonymous; ma anche la conferenza stampa della polizia, o l’immagine di una ragazza col velo che filma quanto succede con la videocamera, chiaro riferimento alla Primavera Araba.

Il gioco - che punta a un pubblico internazionale e non solo italiano - verrà autoprodotto attraverso il crowdfunding. Una piccola campagna su Indiegogo che chiedeva 3.500 euro ha superato l’obiettivo e raccolto 170 donatori. “Sono sparsi in vari Paesi, dalla Germania agli Stati Uniti fino al Brasile”, spiega all’Espresso Federico Fabiani, 25 anni, laureato in scienze politiche e tra i creatori del gioco. Entro Natale puntano a produrre almeno 500 copie - e già ora si possono preordinare con 26 euro più le spese di spedizione.

[[ge:rep-locali:espresso:285502237]]

Ma nella campagna di crowdfunding il gruppo ha cercato di coinvolgere il più possibile i sostenitori e chiunque fosse interessato, producendo anche magliette a tema e chiedendo di esprimersi su alcune decisioni nella progettazione di RIOT. Ad esempio, inizialmente i ruoli erano due, Polizia e Manifestanti. Agli utenti online è stato chiesto di votare gli altri due ruoli, e alla fine la scelta è caduta su Anarchici e Nazionalisti. Le varie fazioni hanno lo stesso obiettivo, il controllo del territorio, tranne la Polizia che deve invece cercare di fermare tutti ed evitare che facciano punti. Tutto ciò apre scenari di rivalità ma anche di collaborazione fra i diversi gruppi di manifestanti, come succede negli scontri reali.
Schermata-08-2456882-alle-16-03-01-png

“Uno dei motivi che ci ha spinto a fare il gioco è di portare in questo mondo, dominato da fantasy o fantascienza, tematiche attinenti alla realtà”, commenta ancora Fabiani. L’humus è quello dei centri sociali, dove gli organizzatori hanno raccolto molti beta tester, ma lo sguardo è sul mercato globale. “All’estero c’è un rilancio dei giochi da tavolo, stanno anche nascendo aziende indipendenti. Credo che il momento sia favorevole anche perché c’è una generazione cresciuta coi giochi che una volta adulta continua a divertirsi con questa attività”. D’altro canto, malgrado il proliferare di videogiochi e app, sta tornando il bisogno di condividere fisicamente questo genere di esperienza. Almeno questa è la scommessa di chi crede nei board game.

Non è la prima volta che italiani innovano il settore dei giochi cercando di ancorarli alla realtà, se non a una lettura politica della stessa. Un paio di anni fa una piccola associazione aveva dato vita a un gioco da tavolo dedicato alle malefatte e al malcostume dei rappresentanti italiani, Bunga Republic. I giocatori simulavano di essere politici senza scrupoli che cercavano di emergere fra festini, corruzione e accordi sottobanco.

Nel settore dei videogame c’è invece l’esperienza di livello internazionale di Molleindustria, che ha fatto della critica al capitalismo una delle sue cifre, e che ha permesso agli utenti di mettersi, di volta in volta, nei panni di un operaio della Foxconn che produce iPhone, o di un militare che comanda un drone.

A chi pensa che in fondo si tratta solo di giochi, vale la pena ricordare quanto successo proprio in questi giorni: la Thailandia, dove due mesi fa è avvenuto un colpo di stato dei militari, ha appena messo al bando un videogioco apparentemente innocente. Si chiama Tropico 5, è sviluppato da una società bulgara e la sua unica colpa sembra essere di far simulare ai giocatori un dittatore di una isola caraibica che cerca di conservare il potere con ogni mezzo. Secondo le autorità, “metterebbe a rischio la sicurezza del Paese”.

L'edicola

La pace al ribasso può segnare la fine dell'Europa

Esclusa dai negoziati, per contare deve essere davvero un’Unione di Stati con una sola voce

Pubblicità