Chiunque tenga in mano una macchina fotografica prima o poi sente il bisogno di immortalare se stesso. Con quel sottile piacere misto di narcisismo e vanità, tutti noi ci siamo fotografati davanti a uno specchio o a uno schermo di un cellulare. Poco importa se quelle immagini sono rimaste in fondo a un cassetto o nella memoria della fotocamera. Nel momento in cui abbiamo puntato l’obiettivo verso noi stessi ci siamo scattati un selfie.
Secondo uno studio del Cnr, l’Italia è al secondo posto nella classifica dei Paesi in cui si fanno più autoritratti digitali per poi condividerli su Instagram, il social network dedicato alle immagini. Se si guarda però al rapporto tra selfie e numero di abitanti, ecco che il Belpaese diventa primo, superando gli Stati Uniti, nazione che detiene il primato grazie anche a una popolazione di oltre 310 milioni di persone.
Che la penisola non se la cavasse male con gli autoscatti digitali lo aveva già decretato la rivista “Time”, che nel 2014 ha stilato una classifica delle città del mondo con più selfie: Milano si guadagnò un ottavo posto, dopo Tel Aviv e Manchester.
Il fenomeno selfie è iniziato ufficialmente nel 2004, quando un utente di Flickr, piattaforma per la condivisione di foto, ha usato il termine per la prima volta. Ed è esploso in fretta, basti pensare che nel 2013 è stato inserito nell’Oxford Dictionary, che l’ha anche eletto “parola dell’anno”. L’italiano Zingarelli ha aggiunto il termine nell’edizione 2015.
Michele Mazza, studente di Informatica umanistica a Pisa, la mania dei selfie l’ha vista dilagare sulle pagine social dei suoi contatti. Così, quando ha dovuto pensare a un progetto di analisi dati per un esame all’università, il ventitreenne livornese non ha avuto dubbi e si è proposto per tracciare l’identikit di chi è solito postare autoscatti su Instagram, l’app di condivisione di foto lanciata nel 2010 e acquisita da Facebook due anni più tardi. Il progetto di Michele si è trasformato nella sua tesi di laurea, che ha dato il via alla ricerca del Cnr.
Per studiare le immagini gli informatici hanno utilizzato un software di riconoscimento facciale in grado di stabilire in modo automatico una serie di informazioni sulle persone ritratte nelle foto, dal sesso all’etnia, passando per l’età. Il risultato è una mappa dove gli Stati assumono un colore più scuro via via che aumenta il numero di selfie postati in media da ogni abitante. Il numero di scatti fatti a se stessi è impressionante. Secondo lo studio, le condivisioni viaggiano a un ritmo di 17 mila l’ora.
«Sono soprattutto le donne a condividere i selfie», racconta Maurizio Tesconi, ricercatore all’Istituto di Informatica e Telematica del Cnr di Pisa e responsabile dello studio. Tuttavia, le differenze tra i vari Paesi sono notevoli: in nazioni come la Turchia o gli Emirati Arabi, maschi e femmine raggiungono un sostanziale pareggio, fino ad arrivare a un ribaltamento della statistica in Siria o in Iraq, che vedono una netta prevalenza di foto maschili. Per quanto riguarda età ed etnia, non ci sono grosse sorprese: sono soprattutto i giovani bianchi, con età compresa tra i 18 e i 24 anni, a condividere foto sui social, mentre la percentuale si abbassa con il progredire dell’età.
Ma cosa spinge tutte queste persone a postare selfie? Diversi studi di psicologia hanno provato a dare una spiegazione al fenomeno, arrivando a conclusioni anche molto differenti. Un lavoro dell’università della California, per esempio, ha addirittura trovato una correlazione con problemi psichiatrici, tra cui depressione, voyeurismo o disturbi ossessivi compulsivi. Secondo i ricercatori statunitensi, i selfie sarebbero tipici di persone insicure e narcisiste. Tesconi e colleghi sostengono che non ci sia niente di patologico nel postare foto di se stessi in Rete, dal momento che i social network sono nati per questo scopo.
I selfie possono rivelare informazioni importanti sui vari Paesi del mondo. È il caso del continente africano, dove i cinque Stati più chiari sulla cartina - Niger, Repubblica Democratica del Congo, Repubblica Centroafricana, Ciad e Sierra Leone - corrispondono a quelli con un indice di sviluppo economico più basso. Analizzando le espressioni facciali, i ricercatori hanno scoperto che i Paesi più sorridenti - Salvador, Brasile, Panama, Venezuela e Repubblica Dominicana - appartengono tutti al Sudamerica e si trovano nelle prime posizioni dell’Happy Index Planet, che misura il benessere in termini di qualità della vita.
Quando si postano più selfie? La domenica specialmente; ma qui la religione del Paese, e quindi il giorno di festa, gioca un ruolo fondamentale:«In Qatar il picco massimo si registra il venerdì, mentre in Israele il sabato», illustra Tesconi.
L’orario preferito è quello serale, che sembra variare in base all’orario della cena. Mentre in Inghilterra abbiamo già molti selfie a partire dal tardo pomeriggio, in Italia e in Spagna il picco si raggiunge più tardi. «Un buon momento per scattarsi una foto è subito dopo cena, quando siamo liberi e magari vestiti bene per uscire», dice Mazza.
Su un milione di foto analizzate, il software ha riconosciuto circa 2 milioni di volti. Anche se di solito i selfie ritraggono un solo soggetto, ci sono anche diverse foto di gruppo. «In Indonesia quasi metà delle immagini riguarda gruppi di più di tre persone», notano gli informatici. Un dato che testimonia quanto il fenomeno dei selfie sia esteso riguarda i Paesi dove l’utilizzo di Instagram è vietato.
Come la Cina, da cui però sono partite oltre 3.000 foto in un solo mese di osservazione. «Durante lo studio avevamo anche intercettato un selfie dalla Corea del Nord. Purtroppo la foto è stata cancellata quasi subito», racconta Mazza. Della pratica non si può più fare a meno. La polizia di Mumbai si è vista costretta a istituire delle zone “no-selfie” in alcune aree della metropoli: sono diversi i ragazzi morti mentre erano intenti a scattarsi foto in luoghi impervi o pericolosi. «I selfie esistevano anche un secolo fa, solo che non si chiamavano così», riflette Mazza, pensando agli autoritratti fotografici del passato.
Il più famoso è quello in cui un Andy Warhol spettinato e sorridente tiene in mano la macchina fotografica: era il 1976. Il primo autoritratto fotografico della storia è datato 1839, ed è lo scatto di Robert Cornelius nel retro del negozio di famiglia a Philadelphia: il pioniere della fotografia rimase immobile per un minuto per l’autoscatto.
«Un’opera che assomiglia ai moderni selfie è l’autoritratto della granduchessa Anastasia Romanov, figlia dell’ultimo zar di Russia», dice Mazza. La nobildonna si ritrae di fronte allo specchio, con lo scopo di inviare la foto a un amico.
In tempi più recenti, ha destato interesse il selfie del rover Curiosity della Nasa, che ha girato la fotocamera verso se stesso sul suolo marziano. L’11 luglio 2013 l’astronauta Luca Parmitano ha twittato un selfie realizzato puntando la macchina fotografica sulla visiera a specchio del casco. Nell’immagine compare la Terra. Nel 2015 ha fatto il giro del mondo l’autoscatto di alcune celebrità agli Oscar. La foto con Bradley Cooper, Brad Pitt, Kevin Spacey e colleghi ha superato i 3 milioni di condivisioni su Twitter: l’immagine più condivisa di sempre.