Fino al 9 aprile torna l’evento più più importante per il settore dell’arredamento. Una 56a edizione che racconta il panorama contemporaneo del nostro design, fatto anche di medie aziende che hanno cercato vie nuove. Combinando eccellenza artigianale e vendite digitali

Salone del mobile, un design da abitare 

Il design è uno Stato a sé. E Milano è la sua capitale. Lo afferma Roberto Snaidero, presidente del Salone del Mobile arrivato alla sua 56 a edizione, di fronte a numeri (visitatori, espositori, eventi, economie) che ogni anno si fanno sempre più importanti su scala globale.

Ma quanti Saloni possiamo incontrare nel Salone 2017? Si tratta di un labirinto metropolitano in cui è piacevole perdersi e per questo ci concentriamo su due mondi specifici.

Il primo è un anniversario, ovvero la mostra a cura di Beppe Finessi sui vent’anni del SaloneSatellite, una manifestazione unica che in due decenni ha visto passare diecimila giovani progettisti all’opera prima, tenendo a battesimo la meglio gioventù del design mondiale.

Il secondo scenario riguarda una metamorfosi che una parte del design italiano sta vivendo, producendo risultati interessanti. Si tratta di quel pulviscolo di aziende medie che, non potendo mettersi a confronto con la forza delle nostre ammiraglie, hanno cercato una strada alternativa che combinasse eccellenza artigianale con una rete di vendita digitale e il superamento della specializzazione produttiva.
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La storia del design italiano non è esente da queste esperienze com’è stato negli anni Cinquanta per Azucena di Caccia Dominioni e Gardella o per Danese con Enzo Mari. Ma ci sono voluti questi ultimi anni di crisi profonda per spingere una nuova generazione di autori, artigiani e aziende a cercare strade alternative.
Apripista è stato Michele De Lucchi con Produzione Privata. Anche se oggi è molto interessante cercare altre storie che puntano al dialogo laico tra progettisti e aziende, oltre che alla creazione di cataloghi trasversali che guardano a un ambiente instabile, abitato da necessità mutevoli.

Artigiani 2.0 e progettisti si trovano così nel lavoro di InternoItaliano ideato da Giulio Iachetti, uno dei talenti puri del nostro design, e la Berto per un nuovo divano dalle geometrie e materie elementari. Nelle carpenterie di Mingardi, reinterpretate nel progetto “The iconic handicraft” da sette giovani designer, scopriamo la forza del metallo a una scala privata. Gli oggetti domestici di Incipit rivelano una qualità preziosa nella ricerca del dettaglio.

I lavori di Maurizio Navone per Restart giocano con finezza tra moda, eleganza delle linee e ironica essenzialità compositiva. Incontriamo la stessa grazia italica nei pezzi di Marta Sala Éditions curati da Lazzarini e Pickering. Sorprenderà la torre d’infissi e finestre che guarda al cielo di Brera da Gambardella architetti per Capoferri. Mentre le lampade disegnate da Francesco Librizzi per Fontana Arte sono un sofisticato omaggio al realismo magico e al genio di Giò Ponti.

Tutte queste storie sono accomunate da una volontà di rinascita che passa dall’abilità assoluta dei nostri artigiani-manager, dal talento indiscusso di una nuova generazione di autori e dalla conferma che il nostro Paese continua a produrre oggetti che diventano subito spazi porosi, accoglienti e caldi da abitare.

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