
Nell’autunno 2006, quando esplose il fenomeno Borat, George W. Bush era infatti nel pieno del suo secondo mandato, Saddam Hussein era ancora vivo (non per molto) e il mockumentary d’assalto con cui il comico inglese metteva a nudo il peggio degli Usa bruciava come il napalm. Difficile dire lo stesso di questa seconda impresa, anche se non mancano momenti oltraggiosi e esilaranti.
L’America di Trump infatti non si vergogna più di niente e per battere il presidente sul suo terreno, razzismo, rozzezza e sciovinismo, Borat deve portarsi dietro la sua unica figlia (Maria Bakalova) tirandola fuori dalla gabbia in cui vive per offrirla in dono al vicepresidente Mike Pence, anzi Penis. Al resto pensano raduni filo-Trump sinistri e blindatissimi (ma Borat si intrufola in completino bianco da Ku Klux Klan), chirurghi estetici pronti a rifare seni e volti («Cos’ha il mio naso? Sembro forse un’ebrea?? - No, no, no...»), sostenitori del presidente col mitra a tracolla, un’influencer platinata che conosce i trucchi per far soldi («Ti serve un vecchio ricco, possibilmente reduce da un infarto»).
E naturalmente le idiozie sparate da Pence («In America ci sono stati solo 15 casi di coronavirus») e da Rudolph Giuliani («Trump ha salvato un milione di vite, diversamente da quanto avrebbero fatto i democratici»), poco prima di sdraiarsi sul letto con la figlia di Borat e mettersi una mano nei calzoni alla fine dell’intervista che le ha concesso. Ovvio che ridere sia sempre più difficile. Ma è comunque bello provarci.
“Borat - Seguito di film cinema..."
di Jason Woliner
USA, 95’