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Cultura
gennaio, 2023

Decision to Leave, una vertigine made in Corea

Il regista di “Old Boy” e “Mademoiselle” reinventa “La donna che visse due volte” e coniuga azione e sentimento

L’ultimo erede di Hitchcock si chiama Park Chan-wook, è coreano, ha al suo attivo film molto diversi e molto premiati, ma stavolta guarda addirittura a “Vertigo - La donna che visse due volte”, da cui riprende la struttura bipartita e il dubbio che tortura il protagonista per l’intero film. La malinconica Seo-rae, immigrata cinese dal coreano imperfetto, cosa che la rende ancora più indecifrabile (e affascinante), è un’assassina manipolatrice, la donna del destino – o magari le due cose insieme?

Il resto è stile, ricercatissimo ma mai vistoso, perché un film naturalmente non è solo ciò che mostra, è anche ciò che tace o nasconde, lasciando allo spettatore il compito (e il piacere) di capire cosa è accaduto fra una scena e l’altra. Ovvero cosa passa nella mente, nel cuore e sotto la pelle dei protagonisti, l’impeccabile e sposatissimo ispettore Hae-joon (Park Hae-il) e quella giovane badante con un marito troppo vecchio per lei, morto cadendo da una montagna, che in Corea è arrivata su un barcone e potrebbe già avere sulle spalle altri delitti.

Anche se più gli indizi si accumulano (indizi e false piste, Park Chan-wook e la co-sceneggiatrice Chung Seo-kyung sono maestri delle sottotrame), più il detective, oggetto anche di ire e gelosie professionali, cade preda di un sentimento irresistibile. Espresso con un’eleganza e un pudore che possono evocare il Wong Kar-wai di “In the mood for love” ma sono in realtà frutto di un gusto per l’allusione sorprendente nel regista sfrenato di “Old Boy” e “Mademoiselle”.

Una frase ricorrente, uno sguardo sospeso, un dettaglio che si riaffaccia, ed eccoci sprofondare negli abissi della passione o nei tormenti del dubbio. E dell’insonnia che lo accompagna: l’unica scena “di letto” che ci viene concessa è quella, bellissima, in cui Seo-rae rilassa l’amante inquieto invitandolo a scendere nelle profondità marine “come una medusa che non ha occhi, né naso, né pensieri”.

Gli elementi della Natura sono del resto fondamentali in questo film che coniuga Hithcock e Confucio, thriller e melodramma, azione vertiginosa (è il caso di dire) e vampate d’ironia. Ma soprattutto esalta la bellezza, il mistero, insomma la bravura davvero superlativa di Tang Wei (già protagonista di “Lussuria” di Ang Lee). Premio per la regia a Cannes, già nella shortlist dell’Oscar al miglior film straniero, Park-Chan-wook ritrova il gusto dello spettacolo - e dei sentimenti - con sottigliezza insolita, oggi che si tende a dire e mostrare tutto. E tanto più necessaria.

Decision to Leave
di Park Chan-wook
Corea, 138’

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ENTUSIASTI E PERPLESSI

C’è un po’ d’Italia fra i candidati all’Oscar, “Le pupille” di Alice Rohrwacher, in gara come miglior corto. Un piccolo grande film, basato su una lettera di Elsa Morante all’amico Goffredo Fofi, che celebra “il desiderio, la libertà e lo spirito anarchico che può irrompere nelle menti di alcune allieve di un collegio religioso”. Visibile su Disney +

 

E vabbè, sarà anche eccessivo, squilibrato, ridondante, un po’ pulp, ma è mai possibile che il coraggioso e personalissimo “Babylon” totalizzi appena tre candidature agli Oscar (scene, costumi, musiche) mentre il roboante “Top Gun: Maverick”, per dire, ne colleziona ben sei fra cui miglior film, adattamento ed effetti speciali?

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