Cultura
15 ottobre, 2025Ghali. Elisa. Zucchero. Tanti artisti hanno preso posizione per Gaza. Mentre pop e trap continuano a cantare un mondo a parte
L’effetto di scollamento tra musica e realtà è sempre più forte. Ancora più che nel recente passato, la musica che si sente nelle liste delle nuove uscite provoca un singolare e surreale effetto di straniamento. Sembra di ascoltare musica proveniente da un mondo spensierato e gaio.
La trap indugia su problemini spiccioli, donne, automobili e litigi di bottega, il pop si scolora in canzoni senza la minima aderenza al reale, come se tutto andasse per il meglio, come se non stessimo vivendo il momento più difficile della storia contemporanea, come se non vivessimo sull’orlo di guerre che si combattono a un passo da noi, come se non stessimo assistendo in Palestina a un abominio che rappresenta la pagina più oscura e terrificante del nostro presente.
E la musica? Non si tratta di impegno, nel senso più antico e schematico. Basterebbe percepire almeno una sensibilità, un voler essere nel tempo presente, anche senza necessariamente essere didascalici o schierati. E invece niente. Ma per fortuna questa copertina di superficialità e distrazione comincia a mostrare crepe. Ghali, che fu il primo a usare la parola “genocidio”, ha fatto una lunga dichiarazione in cui fa a pezzi la trap, accusandola di essere colpevolmente lontana dalla realtà. Piero Pelù ha inciso di getto un pezzo intitolato “Sos” che è un grido di protesta e lo ha messo sul suo sito a disposizione di tutti.
Lo stesso ha fatto Cosmo. Vasco Brondi ha pubblicato un lungo bellissimo post in cui esalta la partecipazione e la condivisione dei cortei di questi giorni. Zucchero ha scritto: «Non puoi fare un concerto in questo momento e fare finta di nulla. Chi non ha un blues per Gaza ha un buco nell’anima». Elisa non si è vergognata di postare un video in cui piange per la crudeltà a cui è sottoposta la gente di Palestina. Insomma il velo di ipocrisia e autoindulgenza si sta in parte squarciando. I musicisti cominciano a uscire allo scoperto.
Da Brunori Sas ai Negramaro ormai nei concerti si parla il linguaggio della solidarietà. Ma non dovunque. E per questo ascoltare di continuo canzoncine senza arte e parte fa un effetto stridente come se chi le canta venisse da un altro mondo, spensierato e innocente, un luogo che purtroppo non esiste se non in questo fittizio mondo di cartapesta. La musica deve prendersi le sue responsabilità di fronte a un mondo che chiede di essere raccontato per quello che è, con le sue bellezze e i suoi orrori, un mondo di persone vere che gioiscono e soffrono, che vogliono divertirsi, ma anche guardare in faccia la realtà. E che non voltano la faccia per non vedere l’ingiustizia.
UP & DOWN
Qualche volta le favole sono ancora possibili nel cinico mondo dello spettacolo. È successo quando Lana Del Rey, andando a passeggio a Santa Monica, si è accorta di una band sconosciuta che stava suonando un suo pezzo e ha deciso di unirsi ai musicisti chiedendo di poterla cantare con loro.
Sean Diddy Combs, ex Puff Daddy o Diddy che dir si voglia, è stato condannato a quattro anni per abusi sessuali e favoreggiamento, salvandosi da accuse ancora più pesanti. Pare voglia chiedere la grazia a Trump, sperando in un atteggiamento comprensivo da parte del Presidente.
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