Cultura
6 novembre, 2025Tre parole scritte a mano. L’opera di Tracy Emin ai Giardini Reali torinesi riporta al letto sfatto che segnò il suo debutto
Nel 1995, alla Saatchi Gallery, Tracey Emin (Londra, 1963) realizza un’opera che la porterà a essere guardata con interesse dal mondo intero: “Everyone I Have Ever Slept With 1963-95”. Una tenda all’interno della quale il visitatore doveva entrare e sulle cui pareti erano stampati 102 nomi, tutte le persone con le quali Emin aveva dormito nei 30 anni precedenti. Non si parla di sesso, o almeno non solo, c’erano anche la nonna, la mamma, il fratello gemello. Insomma non solo i suoi compagni, che fossero di una notte o di anni. Inserisce persino i nomi dei due feti che aveva abortito qualche anno prima.
Quel lavoro è duro, porta l’artista a essere completamente alla mercé di chi guarda, a denudarsi completamente della sfera privata in una dimensione di solitudine, anche quella fisica di una tenda pensata per uno. Per Tracey Emin d’altronde il contatto con l’altro è una soglia: un gesto di resistenza, che sfida la solitudine inscritta nel destino umano, prima di essere ricondotti, come un’onda che si ritira, alla riva segreta di sé. A questo fa pensare la nuova opera permanente che la Fondazione Arte Crt ha installato nei Giardini Reali di Torino in occasione di Luci d’Artista, manifestazione che dal 1998 accende le piazze e le strade di Torino con opere luminose. È una scritta al neon realizzata partendo dalla grafia di Emin stessa: “Sex and Solitude”. Ogni artista ha una propria “spina dorsale”, c’è chi la trova nella pittura o nella scultura: per lei risiede nella scrittura. E allora in quella manciata di parole sembra condensarsi un intero romanzo: il desiderio di contatto e l’inevitabile ritorno alla distanza, il corpo come tentativo di unione e la coscienza come testimonianza di scarto. Emin mostra che l’amore non basta a salvarci dalla nostra origine solitaria: a volte, dopo l’abbraccio, rimane solo l’eco di due universi che si sfiorano senza riuscire davvero a toccarsi. Tutto è più potente perché una cosa così privata è esposta in un parco. Chiunque può incontrarla e capire che l’arte è fragile come un neon che può spegnersi in qualsiasi momento o durare per sempre.
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