Cultura
4 dicembre, 2025Torna alla Nuvola di Roma, dal 4 all'8 dicembre, la Fiera nazionale della piccola e media editoria. Grandi omaggi a Jane Austen. E oltre 700 appuntamenti in programma
Un omaggio, un gesto di gratitudine, un intreccio di voci di ieri e di oggi. Scrittori raccontano scrittori a Più libri più liberi, la fiera nazionale della piccola e media editoria – presieduta da Annamaria Malato, diretta da Fabio Del Giudice, promossa e organizzata dall’Associazione Italiana Editori – che ritorna, nell’immaginifica architettura della Nuvola di Massimiliano Fuksas, da giovedì 4 a lunedì 8 dicembre.
Il tema di quest’anno, scelto dalla curatrice del programma Chiara Valerio, è “Ragioni e sentimenti”, tributo a Jane Austen nei 250 anni dalla nascita. E dichiarazione d’amore da parte di scrittrici, scrittori, traduttrici, giornaliste che racconteranno la loro passione per una delle più grandi autrici di sempre. «È il mio terzo anno e torno ai numeri», scherza la scrittrice-matematica Valerio: «Gli appuntamenti in programma sono 700, gli editori 569, in media ci saranno 1,23 incontri a editore. Media è un termine interessante non solo in matematica ma anche in editoria, perché gli editori sono l’ultimo baluardo di mediazione rimasto: autori, editori, redattori, uffici stampa, commerciali, uffici diritti, magazzinieri, uffici tecnici mediano continuamente tra spirito e mercato, tra innovazione e cultura, tra paturnie e mitomanie, tenerezze e debolezze, cartotecnica e forma letteraria. I lettori e le lettrici cercano le storie con tutte le ambiguità che portano con sé, le ragioni e i torti: a Plpl abbiamo una crush per Jane Austen, come dicono le persone under 30, grandi protagoniste della fiera». Un’attrazione che attraversa i generi e le generazioni: da Ben Pastor che interverrà sulle forme letterarie della scrittrice inglese a Letizia Pezzali che parlerà del suo senso per l’economia e a Edoardo Prati con un focus sui sentimenti. E ancora: Susanna Basso e Isabella Pasqualetto rifletteranno sulle scelte linguistiche nelle diverse traduzioni; Giovanni Peresson dell’Ufficio Studi Aie dimostrerà, dati alla mano, quanto pesano le pubblicazioni di Austen nel mercato italiano; Lorenzo Gasparrini parlerà di Darcy; Annalisa De Simone spiegherà come si diventa persone adatte al mondo grazie a Jane Austen; Edoardo Pisani porrà l’attenzione su ciò che la scrittrice lascia a chi legge.
Tra ragioni oggettive e sentimenti personali si muove anche il format coordinato dalla scrittrice Gaja Cenciarelli, nato per conoscere meglio gli scrittori che amiamo attraverso la lente di altri autori. Si chiama “Scrittori che parlano di scrittori” e «la parola centrale è, appunto, “dialogo”: ho chiesto ad alcuni scrittori di oggi di raccontare, con la massima libertà di scelta, il loro scrittore. Il risultato è un percorso dentro la nostra tradizione letteraria, in uno scambio di temi e di sensibilità», spiega Cenciarelli: «La sfida è confrontare lingue diverse e riportare nella contemporaneità voci che hanno composto il paradigma letterario».
«Io adoro lo scrittore Platone. Autore di capolavori letterari come il Simposio, il Fedro e il Fedone, insegna molto a chi voglia scrivere», interviene Matteo Nucci, che al filosofo ha dedicato il suo ultimo romanzo, “Platone. Una storia d’amore” (Feltrinelli). Per esempio? «Per esempio, come l'omissione dia potenza al non detto. O come la passione brilli nelle parole risuonando nel petto di chi legge. O come le voci degli esseri umani siano innanzitutto essenzialmente voci di cui far ascoltare il suono prima ancora che il significato. Un enorme scrittore filosofico, insomma». Come Flannery O’Connor, per Romana Petri, che a lei ha dedicato “La ragazza di Savannah” (Mondadori), «un’avventura di vita. Ma di quelle che te la cambiano», spiega: «Fosse nata uomo si parlerebbe da un pezzo di oconnerismo. Da senza fede, sono stata rapita dalla sua. Un modo unico e apocalittico di amare Dio. Una Grazia che non è Provvidenza, ma una legge durissima da vivere e pagare qui».
Nucci e Petri saranno protagonisti di un incontro il 6 dicembre (alle 14,30) sulla loro mappa di influenze e genealogie. Perché scegliere chi raccontare è rivelare gusti, definire affinità. E tratteggiare un canone che si costruisce tramite relazioni che escono dalle pagine dei romanzi e diventano incontri esistenziali. «Per me tutto nasce dalla lettura, a 15 anni, di “Urlo” di Allen Ginsberg: mi ha aperto gli occhi sulla potenza di una poesia che non teme di confrontarsi con la realtà», conferma Rossano Astremo: «Ho iniziato a scrivere versi emulando il suo stile febbrile e visionario. Ginsberg resta attuale perché la matrice civile di molte sue poesie ben si allinea con le ipocrisie del mondo di oggi, dalle guerre contemporanee alle ingiustizie quotidiane, invitandoci a guardare in faccia ciò che spesso evitiamo». Il 5 dicembre (alle 19) lo scrittore-insegnante (“Nudo di padre”, Solferino) sarà ospite della fiera con Susanna Tartaro, che racconterà invece il suo amore per Philip Roth, gigante restituito nelle sue inquietudini, nei suoi desideri. «Chi ha paura di Marcel Proust?«, interviene Viola Ardone: «Quelli a cui ha cambiato la vita, quelli che lo hanno sul comodino da dieci anni, quelli che lo hanno iniziato cento volte e si sono arresi sempre alla sesta subordinata del secondo periodo, quelli che lo leggeranno, prima o (più probabilmente) poi», dice: «In 25 minuti proverò a spiegare vita epica e miracoli del libro più citato al mondo». Il 7 dicembre (ore 16), con Ardone interverrà anche la giornalista Angela Frenda, a confermare la sua passione per Jane Austen. Come Simone Lenzi: «Ho per lei un'ammirazione sconfinata. Una vera devozione. La Austen parla spesso di soldi nei suoi romanzi, che è una cosa volgare solo per chi ne ha troppi». Lenzi parteciperà a un incontro il 6 dicembre (alle 18), con Alessandra Sarchi e la sua Anna Banti, protagonista del Novecento italiano: «Storica dell’arte e scrittrice fondò nel 1950, col marito Roberto Longhi, la rivista Paragone», ricorda Sarchi (“Il ritorno è lontano”, Bompiani): «Autrice di romanzi originalissimi e potenti, come “Artemisia" e "Noi credevamo", da cui Martone ha tratto l’omonimo film, la sua opera è oggi finalmente oggetto di una ripubblicazione integrale da parte di Mondadori per le cure di Daniela Brogi». Tutto al maschile, invece, l’appuntamento dell’8 dicembre (alle 15,30), con Fabio Stassi che narra il suo rapporto con Ignazio Silone, e con Giorgio Nisini che racconta Pier Paolo Pasolini: «C’è un mio Pasolini, che è l’autore a cui ho dedicato tanti studi, con il quale ho un rapporto di attrazione e di repulsione, perché sento che mi dice qualcosa d’importante e di doloroso che non riesco a mettere a fuoco. E poi c'è il Pasolini di tutti. La sua attualità è un dato oggettivo: lo si strumentalizza e lo si reclama da ogni parte politica, s’intravede nella sua morte l'ombra di qualcosa che sfugge, il suo pensiero irrita e fa discutere, la sua opera ha una traccia stilistica potente e inconfondibile. Ma è forse la sua inafferrabilità e il suo originalissimo sguardo sul mondo che ancora ci seduce, proponendoci un modello intellettuale di cui sentiamo nostalgia». Il più sorprendente è l’incontro d’apertura, il 4 dicembre (alle 16), con Tommaso Pincio, Licia Troisi e con le loro scelte: la brasiliana Clarice Lispector, la giapponese Murata Sayaka. «Non so quanto sia attuale Lispector né voglio saperlo. Spero sia come io la sento, una creatura di un altro tempo, o meglio, ancorata al suo tempo, semmai ne avuto uno», dice Pincio: «La vera letteratura è alterità e in ogni sua frase si ha l'impressione che Lispector vivesse in un altro mondo e che si affacciasse in questo solo a tratti e solo in forma di parole. Soltanto Kafka ha lo stesso impatto, almeno su di me». Destinazione “l’altro”: perché la letteratura non serve a confermare chi siamo o cosa pensiamo, ma a spostarci, a trasformarci, a metterci in una posizione scomoda. «In Occidente siamo abituati ad associare la letteratura giapponese ai “comfort book”, quindi a libri consolatori, con atmosfere rarefatte, magari capaci anche di elargirci quelle perle di saggezza che immaginiamo tipiche della filosofia orientale», nota Troisi: «Murata Sayaka è l’esatto contrario di tutto ciò: i suoi libri ci trascinano sempre in posizioni scomode, mettono in dubbio i nostri principi morali, ci costringono a riflettere sui lati più oscuri della nostra società e di noi stessi. Non sono una grande fan della “funzione della letteratura”, ma trovo prezioso che, in un momento in cui in tanti cedono alla tentazione di produrre libri che vogliono insegnarci la vita e mostrarci meglio di quel che siamo, Murata non abbia paura a sporcarsi le mani con la materia più oscura e sordida di cui tutti siamo anche fatti». Un coraggio proprio dei piccoli editori: talent scout di novità, sismografi di tendenze, pronti a scommettere e a rischiare non su ciò che è facile, ma su ciò che è necessario.
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