Nonostante le distanza tra le parti rimanga ancora troppo grande per parlare di progressi tangibili nei colloqui per la pace in Ucraina, per Vladimir Putin l’incontro avuto il 2 dicembre con gli emissari americani Steve Witkoff e Jared Kushner è comunque “stato molto utile”. Washington, ha spiegato il presidente russo in un’intervista a India Today alla vigilia del viaggio alla corte Narendra Modi, a proposto di suddividere il piano in 28 punti in quattro pacchetti separati. Hanno proposto di discuterne con noi”. Ma, ha aggiunto, “lavorare sul piano di pace per l’Ucraina è difficile” e “ogni punto dovrebbe essere discusso in dettaglio, perché la Russia non è d’accordo con tutti”.

Se per Putin il dialogo con gli Stati Uniti di Donald Trump è comunque un buon primo passo, le rivendicazioni sull’Ucraina non cambiano. E anzi, proprio mentre si fa sempre più stretta la morsa su Pokrovsk, il leader russo continua a fare la voce grossa e a ribadire l’intenzione di “liberare” il Donbass e la “nuova Russia” (cioè i territori ucraini annessi): "Tutto si riduce a questo: o libereremo questi territori con la forza, oppure le truppe ucraine lasceranno questi territori e smetteranno di combattervi”.

Trump, per l’inquilino del Cremlino, sta “cercando sinceramente di trovare una soluzione consensuale al problema ucraino, ma questo compito non è facile”. Quello che si è assunto il tycoon è un “compito difficile”. E poi ha rimandato al mittente uno dei punti contestati del primo piano di pace filtrato negli scorsi giorni, cioè il ritorno di Mosca nel G8. A una domanda in merito, Putin ha risposto con un secco “no”.