Una, nessuna, centomila Indie

Nell'immaginario occidentale il subcontinente indiano è fatto di colori, spiritualità, contrasti violentissimi. Ma c'è un'altra India che avanza. E Matteo Miavaldi la racconta, rompendo molti stereotipi

C'è l’India magica, il Paese dei mille riti, del fascino mistico di città tra le più antiche al mondo come Varanasi; la terra di templi e sadhu, asceti che a tutto rinunciano; l’India delle vacche sacre e misere insieme, dei bambini per le strade, del traffico insulso e spericolato in cui tutto s’incrocia, tuk tuk e risciò, motorini strombazzanti e auto inferocite; l’India colorata di sari sfavillanti e di fiori narcotizzanti, che sovrastano la bruttezza della povertà; l’India della sua gente che sorride e sembra custodire dentro gli occhi verità dimenticate.

È l’India dell’immaginario occidentale e quella che si offre ancora al viaggiatore nel subcontinente. Ma basta poco per scardinare apparenze e aspettative: il Paese è in profondo cambiamento. E chi lo conosce bene lo avverte nettamente. Matteo Miavaldi, giornalista che da anni vive l’India, la osserva, la studia (“I due marò, tutto quello che non vi hanno detto” è il libro precedente, Edizioni Alegre), ha appena scritto “Un’altra idea dell’India” (pubblicato da add editore): titolo mutuato dal reportage del viaggio fatto da Alberto Moravia nel 1961 in compagnia di Pier Paolo Pasolini e della moglie Elsa Morante, che già smascherava le profonde contraddizioni del Paese. E compie un viaggio nelle pieghe di una nazione dove ai contrasti di sempre si sommano polarizzazioni nuove: la supremazia degli hindu sui musulmani, le sacche rimosse di resistenza da parte di alcune minoranze come i sikh, le scelte autoritarie del primo ministro Narendra Modi, le alleanze politiche con una oligarchia di ricchi tra i più ricchi del Pianeta, le prospettive ancora più radicali con esponenti politici anche capi religiosi.

Intorno, l’India che marcia spedita verso l’innovazione, gli investimenti smisurati sull’intelligenza artificiale, i tanti business per il mondo, il soft power e le amicizie geopolitiche che si consolidano (con l’Italia compresa). Un’analisi lucida, un racconto chiaro anche per chi non segue le dinamiche del Paese. E un atto d’amore necessario, che mentre spezza stereotipi allarga lo sguardo sul posto dell’Europa nel mondo.

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