Il 19 maggio 1975 il Parlamento italiano approvava la legge 151. Una rivoluzione antropologica che ha riscritto le regole della famiglia nel nostro Paese.

Il diritto di famiglia compie cinquant’anni: da Callas a Mina, gli scandali che hanno fatto scuola

“I figli sono figli”. È la frase che Eduardo De Filippo mette in bocca a Filumena Marturano, protagonista di una delle sue opere più celebri. Era il 1946, il teatro di Eduardo diventa specchio di una delle più profonde ingiustizie del tempo: quella che colpiva i figli nati fuori dal matrimonio. Filumena, donna vissuta ai margini, si ribella all’oblio in cui la società ha confinato lei e i suoi tre figli. “Volevo fare una truffa, volevo rubarmi un cognome!”, urla al compagno Mimì Soriano. Nonostante i tanti anni passati insieme, lui non l’ha mai sposata, condannandola per tutta la vita al disprezzo della gente. Non cerca amore né pietà, solo un riconoscimento: che quei figli, ormai adulti, esistano agli occhi della legge come agli occhi del mondo. Il testo di Eduardo portava sul palco una realtà scomoda: quella delle discriminazioni legali e sociali subite dalle donne e dai cosiddetti “figli illegittimi”.

 

Un anno dopo l’uscita della commedia, il 23 aprile 1947, l’Assemblea costituente approvò l’articolo che stabiliva il diritto-dovere dei genitori di mantenere, istruire ed educare anche i figli nati fuori dal matrimonio ma non si può parlare di piena equiparazione. Il figlio “naturale” continuava ad essere considerato dal legislatore un “soggetto” a parte: non entrava a far parte del nucleo familiare del padre, anche se riconosciuto. Tutti gli atti civili e pubblici mantenevano la distinzione tra “figlio naturale” e “figlio legittimo”.  Nonostante fu un passo avanti, i figli “adulterini”, cioè nati da una relazione extraconiugale, rimasero categoricamente esclusi.

 

Alla “segregazione” legale si aggiungeva, ancora più pesante, lo stigma sociale. Serviranno ancora ventotto anni prima che questa discriminazione venga abbattuta. La riforma del ’75, oltre ad aver emancipato la donna e ristabilito i rapporti coniugali, ha sancito legalmente un cambiamento della concezione della genitorialità.

I figli “scandalosi” delle star: Mina e Callas, ma anche Massimo Ranieri

Un caso che fece molto discutere fu quello di Maria Callas e Aristotele Onassis. Sebbene loro figlio non fosse sopravvissuto (nacque prematuramente e morì poche ore dopo nel 1960), il fatto che fossero entrambi sposati con altri e che la loro relazione fosse pubblica suscitò uno scandalo enorme. Se il bambino fosse sopravvissuto, sarebbe stato considerato “adulterino” e quindi, secondo la legge italiana dell’epoca, non avrebbe potuto essere riconosciuto da Onassis se non con enormi difficoltà legali.

 

Un altro esempio emblematico fu il caso di Mina: nel 1963, con la nascita del primo figlio Massimiliano Pani (avuto dall’attore Corrado Pani) si trovò a fare i conti con le pesanti discriminazioni sociali e giuridiche dell’epoca. Il bambino, figlio di un uomo sposato che non poteva legalmente riconoscerlo, fu registrato con il cognome della madre. Nonostante la sua fama, Mina subì critiche feroci venendo anche bandita dalla Rai per molto tempo. Negli anni Sessanta, la legge e la morale non solo penalizzavano i figli nati da relazioni extraconiugali ma relegavano le madri e i bambini a una condizione di marginalità e vergogna. 

 

Ancora nel 1971, un figlio “irregolare” poteva costituire un danno di immagine per i personaggi del mondo dello spettacolo: è il caso di Massimo Ranieri che, giovanissimo, venne convito dai suoi discografici a non riconoscere la bambina nata da una relazione con Franca Sebastiani. La figlia verrà riconosciuta legalmente solo molti anni dopo. 

Verso la piena equiparazione 

Con la legge 151/1975 venne finalmente sancita la piena equiparazione tra figli legittimi e naturali, riconoscendo a tutti i bambini gli stessi diritti civili e successori. Inoltre, la riforma introdusse la condivisione della responsabilità genitoriale, attribuendo a madre e padre pari diritti e doveri nella cura e nell'educazione dei figli. I coniugi vennero trattati alla pari mettendo fine alla preminenza del marito e sancendo la parità legale all'interno del matrimonio. Accanto al profondo rinnovamento del ruolo genitoriale, con l’introduzione della potestà condivisa tra madre e padre, la riforma del diritto di famiglia del 1975 intervenne anche sul rapporto tra i coniugi, sancendo l’uguaglianza tra marito e moglie e superando definitivamente la figura del “capofamiglia”. In questo modo, la riforma del 1975 segnò un cambiamento epocale contribuendo in modo decisivo all'emancipazione della donna e alla trasformazione dei rapporti familiari in Italia.

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