Un consorzio intende reintrodurre i semi autoctoni nel mercato agricolo. È in lizza per farli entrare nel patrimonio immateriale. E in Sicilia un parco punta a diventare museo immersivo

I grani antichi "born in Italy" in corsa per l’Unesco

Tre proposte di legge e una candidatura per entrare nel patrimonio immateriale dell’umanità dell’Unesco. A muoversi è il consorzio Avasim, Alleanza per la valorizzazione delle antiche sementi italiane e del Mediterraneo, che si batte per la tutela e la reintroduzione nel mercato agricolo degli antichi grani italiani e del Mediterraneo, custodi di storia e identità culturale.

 

Il consorzio, diretto dall’avvocata romana Alessia Montani in collaborazione con Slow Flow, ha creato il bollino valoriale M’ama.seeds, un marchio per la creazione della prima filiera agroalimentare culturale e turistica degli antichi semi italiani. E ha presentato tre proposte legislative al G7 Agricoltura di Siracusa, nel 2024. Le tre proposte, incentrate sulla definizione giuridica della categoria e del regime dei semi e grani antichi, distinguono tra semi “born in Italy”, cioè nati e giuridicamente presenti in Italia, e semi semplicemente coltivati in Italia, ma provenienti da altre parti del mondo. Possibilità che oggi non esiste, in quanto la legislazione italiana, di derivazione comunitaria, individua l’origine con il Paese di coltivazione, trascurando la nascita. Puntano sul riconoscimento dei semi antichi come patrimonio non solo colturale ma anche storico e culturale, inserendoli nel Testo unico dei Beni Culturali; infine mirano alla defiscalizzazione della filiera agricola dei semi antichi, per incentivarne la coltivazione e trasformazione. «Queste misure sono fondamentali per preservare il patrimonio genetico italiano e creare un made in Italy dei semi», ha dichiarato Alessia Montani: «È importante dare un valore economico alla biodiversità, affinché gli agricoltori custodi abbiano un reale incentivo a coltivare varietà antiche».

 

Una tutela che passa anche attraverso la combinazione tra divulgazione e consapevolezza e un sistema economico sostenibile. E tra le altre attività di Avasim per la tutela e la promozione delle sementi ci sono anche la promozione del riconoscimento tra i beni immateriali Unesco e il “Parco dell’anima”.

 

I semi antichi non rappresentano solo la biodiversità agricola, quindi un patrimonio ambientale di inestimabile valore, ma sono anche un simbolo di identità culturale, saperi e tradizioni italiane, che si intrecciano con la storia delle civiltà del Mediterraneo. «La biodiversità agricola non è solo un’eredità del passato, ma una risorsa per il futuro», ha proseguito Montani: «Coltivare e tutelare i semi antichi significa proteggere varietà che rischiano l’estinzione, contribuendo alla resilienza degli ecosistemi locali e globali e, contestualmente, significa proteggere la cultura, perché ogni seme racchiude una storia unica, che rappresenta secoli di conoscenza agricola e un contributo inestimabile alla salute del nostro Pianeta e dell’uomo. Per questo puntiamo al riconoscimento Unesco».

 

Infine c’è il “Parco dell’anima”, un museo all’aria aperta in Sicilia, nelle campagne di Noto in provincia di Siracusa, che ambisce a diventare una banca dei semi del mondo, dove le sementi vengono coltivate con finalità solo divulgative e educative. Nascerà un museo multimediale immersivo che racconterà, grazie all’intelligenza artificiale, il viaggio millenario delle sementi e il loro intreccio con la storia umana.

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