Guardiamo il mondo una volta sola, nell’infanzia. Il resto è memoria”, scriveva in “Nostos” la poetessa Louise Glück. Ed è un istintivo ritorno all’infanzia, ai traumi subiti che condizionano una vita intera “I giorni di Vetro” di Nicoletta Verna (Einaudi Stile Libero). Idea già nitida nel suo precedente romanzo, “Il valore affettivo”, nel quale la perdita di una sorella sbriciola l’altra e dà vita a un’inguaribile ossessione. E che nella storia di Redenta – personaggio che entra nel cuore – si amplifica fino a fare di uno stigma infantile il leitmotiv di un’esistenza intera.
Perché se Zambutèn – che aveva vissuto dai frati “e nessuno conosce il diavolo meglio di Dio”, erudito di piante e guaritore con intrugli – mormora che quella creatura nata dopo che la madre ha già sepolto un certo numero di neonati abbia la scarogna, sopravvivere è solo un aggirarsi come un’appestata in un mondo di radicale violenza. L’altro filo conduttore del romanzo: la sopraffazione maschile. La brutalità della guerra. E la violenza fascista, già simbolicamente enunciata nella data in cui Verna colloca la nascita della protagonista: il giorno del delitto Matteotti, il 10 giugno 1924. A Castrocaro, in Romagna, non distante dalla Predappio di Mussolini.
Fronteggia la storia di Redenta quella di Iris, maestra che arriva a Forlì al servizio di una famiglia di aristocratici antifascisti, in una casa stracolma di libri e di giornali. Li legge finiti i lavori domestici: Mussolini ha fatto assassinare i fratelli Rosselli. Gramsci è morto nelle prigioni fasciste. Matteotti è vittima di un delitto politico, è la storia che esplode. Con “la consapevolezza sempre più affilata che è possibile esserne parte”. Così mentre Redenta è costretta a sposare il gerarca Vetro, fanatico e feroce, che trasforma il matrimonio in morte (“un enorme bovino con il petto gonfio come un cappone, lucido e sudato”), Iris sceglie la passione e la lotta partigiana. Dando vita, insieme, a una storia dove “non c’è niente di vero, eppure non c’è niente di falso” e dove la forza delle donne troneggia per una e per tutte le altre. In un bellissimo romanzo, escluso non senza polemiche dalla dozzina del Premio Strega, che merita di continuare a essere letto.