Ebbene sì, sono un E da palcoscenico!». L’attore americano Willem Dafoe torna alle origini, ovvero al suo primo grande amore: il teatro. E sono proprio le esperienze personali e gli incontri che hanno influenzato la sua carriera artistica a nutrire il programma della 53esima edizione del Festival internazionale del Teatro, in programma a Venezia dal 31 maggio al 15 giugno. Per la sua prima direzione artistica della Biennale Teatro, Willem Dafoe, nominato dal consiglio d’amministrazione della Fondazione presieduta da Pietrangelo Buttafuoco, mette al centro parole chiave come corpo, poesia, rituale. “Theatre is Body - Body is Poetry” è il titolo dell’edizione 2025, che permette a Dafoe di rituffarsi in quel mondo teatrale dove la sua carriera iniziò molto prima di diventare un volto amatissimo del cinema (tra i tanti personaggi interpretati quello del dottor Godwin in “Povere creature!” o il Goblin di “Spider man 4”).
Ma l’attore americano, che da tempo vive a Roma, con la moglie Giada Colasanti, non abbandona di certo il cinema, che continua a occupare gran parte del suo tempo. Lavora senza sosta sul set anche in questi giorni precedenti l’avvio della Biennale. Si racconta a l’Espresso dal Nepal, dove sta lavorando al film “Tenzing”, diretto da Jennifer Peedom.
Gli chiediamo subito cos’è per lui il teatro, che lo ha assorbito sin da ragazzino. «Il teatro per me è un incontro tra le persone sul palco e il pubblico, che può creare una comunità estemporanea, con una propensione all’ascolto», dice Defoe: «Una forma d’arte che può coinvolgere tutte le discipline in un’esperienza di meraviglia e di nuovi modi di vedere. Da quando ho iniziato a recitare all’età di 18 anni, la mia identità è sempre stata e rimane quella di un artista teatrale e questo influenza, ma non necessariamente limita, il mio lavoro nel cinema».
La sua nomina, inutile negarlo, è stata una sorpresa («Le sorprese sono importanti!» dice), ma il teatro è stato davvero centrale per la sua formazione. Per anni ha lavorato al Wooster Group con Elizabeth Le Compte, storica fondatrice del collettivo americano nonché sua ex compagna. A lei verrà assegnato il Leone d’oro alla carriera.
«Ho lavorato con il Wooster Group per 27 anni, quindi conosco a fondo il lavoro di Elizabeth. È un’artista coraggiosa che ha creato un corpus di opere stimolante, innovativo, in continua evoluzione e che ha influenzato anche altre compagnie per oltre 50 anni. Un punto di riferimento per il teatro d’avanguardia da decenni. Ha lavorato senza condizionamenti, al di fuori del sistema produttivo americano, con feroce indipendenza. Il mio lavoro quotidiano come membro di quella compagnia per anni – creare, andare in tournée e esibirmi – mi ha formato come persona e come artista. Semplicemente, se il pubblico italiano ha probabilmente goduto indirettamente dell’influenza del lavoro del Wooster Group perché la compagnia raramente si è esibita in Italia, la Biennale offre la grande occasione di vedere una compagnia stimolante, unica e originale».
Questa edizione della Biennale renderà omaggio proprio ai grandi maestri, di ieri e di oggi, da Thomas Richards a Eugenio Barba. Il Wooster Group porterà in prima europea “Symphony of Rats”, uno dei maggiori successi di Richard Foreman, a quasi quarant’anni dalla prima messinscena. Sarà anche l’occasione per fare il punto su cinquant’anni di Nuovo Teatro, dalla Biennale Teatro del 1975 diretta da Luca Ronconi a oggi. Il 5 giugno è previsto un incontro proprio su questo tema con Willem Dafoe, Andrea Porcheddu, Eugenio Barba, Thomas Richards, Giorgio Sangati, Richard Schechner, Sandra Toffolatti e con Satyamo Hernandez, Toby Marshall, Chris Torch.
Lo stesso Dafoe, insieme a Simonetta Solder, renderà omaggio a Richard Foreman, il drammaturgo, poeta e regista scomparso di recente, con “un esperimento performativo” (“No title”).
Ma ci saranno anche molti artisti giovani. Ormai è una presenza costante a Venezia la Biennale College, il progetto pluriennale avviato per sostenere i nuovi talenti. La vincitrice del bando Regia 2024-25, Mariasole Brusa, presenterà “Golem_e fango è il mondo”, mentre i vincitori del bando Drammaturgia 2024-25, Jacopo Giacomoni e Athos Mion, porteranno in scena rispettivamente “Tacet, mise en lecture” a cura di Silvia Costa e “Orge per George”, a cura di Arturo Cirillo. «Biennale College è nato per sviluppare e coltivare registi e artisti italiani emergenti», spiega Dafoe: «Questo lavoro continuerà anche in futuro. In questa edizione della Biennale ho voluto condividere la mia esperienza teatrale e ciò che so, presentando il lavoro di persone con cui ho collaborato o che ho ammirato». E l’anno prossimo cosa accadrà? «Il mio programma per la prossima edizione è ancora in fase di definizione, ma so che voglio esplorare la possibilità di trovare autori teatrali il cui lavoro, io e il pubblico, potremmo non conoscere», continua.
Intanto, tra i maestri ospiti di questa edizione c’è anche Eugenio Barba, fondatore dell’Odin Teatret, che sarà a Venezia con il nuovo spettacolo “Le nuvole di Amleto”, un’interessante rilettura di Amleto come metafora del passaggio generazionale e della trasmissione della memoria. L’eredità, il lutto, il tempo e il dialogo sono i temi che attraversano lo spettacolo. «Tutta la cultura europea è basata sul dialogo. Alla scuola militare della Nunziatella, a Napoli, i miei professori mi hanno insegnato a dialogare con i morti, con Saffo, Catullo e Dante», racconta Barba a l’Espresso: «La necessità del dialogo è un riflesso condizionato che si impara nelle famiglie e nella scuola. E anche osservando come parlano i politici». Cosa rimarrà di questi 60 anni di storia dell’Odin? Resterà «la leggenda dell’Odin Teatret, un gruppo di giovani rifiutati alla scuola teatrale norvegese che seguirono un emigrante italiano che diceva loro: devi pagare di tasca tua per fare il teatro che ti è necessario, e farti ricompensare bene per fare il teatro che vogliono gli altri».
Il modo di fare teatro di questo storico gruppo multiculturale è senza dubbio diverso da tutte le altre compagnie. «A volte la sorte mi ha aiutato e permesso di dar vita a spettacoli fuori del comune», continua Barba: «“Anastasis-Risurrezione”, per esempio, l’ho creato due anni fa al Teatro Nazionale di Budapest con una ventina di maestri attori e musicisti tradizionali da Bali, Giappone, Cina, Brasile e Argentina e una settantina di giovani attori. Lo spettacolo chiuse le Olimpiadi del Teatro. Vorrei tanto avere la possibilità di resuscitarlo e farlo danzare per il mondo. Vi realizzo il mio sogno di Theatrum Mundi».
Arriverà a Venezia anche Romeo Castellucci con una creazione site-specific, “I mangiatori di patate”; Thomas Ostermeier con “Changes” di Maja Zade; e Milo Rau con “Die Seherin”, interpretato dall’attrice svizzera Ursina Lardi, Leone d’argento del Festival.
E poi ci saranno Davide Iodice con il suo “Pinocchio”, Gardi Hutter con Giovanna D’ArpPo, i darivisci dell’Istanbul Historical Turkish Music Ensemble, il poeta americano Bob Holman, il collettivo Industria Indipendente, la coreografa e regista greca Evangelia Rantou, l’artista afro-belga Princess Bangura, la tedesca Yana Eva Thönnes e lo statunitense Anthony Nikolchev.
E poi laboratori, workshop, incontri con artisti e un’Arena cinema. Il festival si concluderà con l’unico concerto dell’anno, in Italia, della cantautrice sarda Daniela Pes.