Cultura
21 agosto, 2025Ragione e sentimento, progresso e istinti primordiali: il nostro organo più complesso, centro di controllo del sistema nervoso, ha una natura duplice. E l’abilità di rinnovarsi, se ben allenato. In una reciproca influenza con la società. Parola di neuroscienziata
Studiare il cervello per studiare il mondo. E viceversa. Così Michela Matteoli, direttrice del programma di Neuroscienze e ordinaria di Farmacologia nell’Ospedale universitario milanese Humanitas, dipana il filo invisibile che unisce la mente umana e la realtà circostante. Già a capo dell’Istituto di Neuroscienze del Cnr e membro di comitati scientifici internazionali, Matteoli affronta il tema con taglio rigoroso, divulgativo e appassionato. Come ha fatto nel suo ultimo volume, “La fioritura dei neuroni” (Sonzogno, 2024), e come farà durante un incontro al Festival della Mente di Sarzana il prossimo 30 agosto.
Professoressa, per le neuroscienze, l’essere umano ha una dimensione d’invisibile?
«Certo. In gran parte, quella mentale e soggettiva. Anche se il cervello è un oggetto fisico, la mente, intesa come l’insieme di pensieri, emozioni, ricordi, immaginazione, resta un mistero invisibile che la scienza continua a esplorare. Mi riferisco a tutto ciò che non si può osservare direttamente nel cervello, ma che esiste nella nostra esperienza. La coscienza, per esempio, è un aspetto molto affascinante. Nessuno può “vedere” la coscienza di un altro, eppure si sa che c’è: le neuroscienze cercano di capire come essa sia rappresentata dall’attività neurale».
Il cervello, dunque, racchiude la nostra identità?
«È il centro che genera, coordina e conserva ciò che ci rende unici. Partiamo dalla memoria. Ne esiste una episodica, per i ricordi relativi a esperienze personali, che è legata al senso del tempo e del sé e che coinvolge alcune aree cerebrali. Ne esiste poi una inconscia, legata al comportamento e alle abitudini, che coinvolge altre aree. Ma l’identità umana non si forma solo attraverso il pensiero e la memoria, è connessa anche alla capacità di relazionarsi e alle emozioni. Queste guidano le scelte, influenzano i ricordi, danno valore alle esperienze; senza, la nostra identità sarebbe fredda, priva di motivazione o significato. E il cervello regola le emozioni. Infine, l’autocoscienza; pure il pensare a noi stessi, il riconoscerci allo specchio, l’avere un “io interiore” dipendono da processi cerebrali complessi».
Che cosa s’intende per plasticità del cervello?
«È la capacità del sistema nervoso di modificare la propria struttura e il proprio funzionamento in risposta a stimoli ambientali diversi. Così il cervello si adatta, si riorganizza e cambia durante la vita. C’è una plasticità strutturale, rappresentata dalla nascita di connessioni tra neuroni, le sinapsi, che possono creare nuove vie di comunicazione dentro al cervello. Queste, a loro volta, permettono una plasticità funzionale. Un esempio: dopo un danno cerebrale, altre aree, se allenate, possono prendere il controllo delle funzioni perse. La plasticità è uno straordinario talento del cervello. Ma non si attiva da sola illimitatamente: richiede pungoli per svilupparsi e rimanere operativa».
È il modo con cui il cervello si evolve?
«Il cervello è capace di rinnovarsi, soprattutto nelle sue funzioni superiori. Cioè quelle che ci contraddistinguono come esseri umani: pensiero astratto, linguaggio, coscienza, creatività. Grazie alla plasticità, appunto, il cervello riesce a garantire evoluzione. E lo fa con l’apprendimento: integra informazioni nuove e vecchie, creando reti neurali più complesse. Perché ogni esperienza importante lascia una traccia. Ma questo processo avviene anche tramite l’ambiente sociale. Il contatto con gli altri stimola empatia, comunicazione, pensiero articolato».
E come si aiuta questo lavorio?
«Mantenendo il cervello attivo, sollecitandolo con esperienze nuove, musica, teatro, ascolto. Ma pure svolgendo attività fisica, per aumentare la produzione di fattori che potenziano la plasticità; non trascurando i rapporti sociali; conservando regolari ritmi di sonno-veglia, perché il sonno è fondamentale per selezionare e rafforzare le memorie rilevanti e per eliminare le scorie. In generale, contrastando processi che aggravano il carico infiammatorio dell’organismo. L’infiammazione, infatti, danneggia i neuroni e la loro capacità di comunicazione».
Che ruolo ha la lettura?
«È davvero stimolante per il cervello. Non è un’abilità innata, ma, una volta acquisita, attiva tante aree cerebrali contemporaneamente e favorisce lo sviluppo cognitivo, emotivo, sociale. È come un “circuito di lettura”: una regione riconosce le lettere, le parole; una seconda traduce i segni grafici in suoni; una terza elabora il significato delle parole e delle frasi. Mentre un’altra gestisce l’attenzione e la riflessione critica, fondamentale per la lettura profonda, il pensiero astratto e l’interpretazione. E un’ultima è responsabile della risposta emotiva al contenuto del testo, che ci permette di empatizzare con i personaggi, sentirci coinvolti. I vantaggi? Si sviluppa il linguaggio, si migliora la memoria, si coltivano l’immaginazione e la concentrazione. Leggere regolarmente rafforza le connessioni neurali e può aiutare a prevenire il declino cognitivo».
L’innovazione tecnologica corre veloce. Che rapporto c’è tra noi e le “macchine”?
«L’Intelligenza artificiale e i robot sono oggi capaci di svolgere compiti complessi: distinguere volti, tradurre lingue, guidare veicoli, creare testi e immagini. I modelli dell’Ia imitano, in parte, il funzionamento delle reti neurali del cervello: possono apprendere da esempi, dati o informazioni, allenandosi a riconoscere schemi, prendere decisioni, migliorare. Tuttavia, gli esseri umani possiedono autocoscienza, desideri, dolore, amore, paura. Non si limitano a identificare parole e oggetti: danno un significato profondo a ciò che vivono, filtrandolo con cultura, memoria, emozione, etica. Inoltre, il cervello sa capire i sentimenti altrui. Le macchine, no».
Ma ci sono dei rischi?
«Forse il pericolo principale è che le nostre capacità cerebrali non vengano più stimolate opportunamente. L’uso di cellulari, navigatori, piattaforme per la scrittura dei testi impigrisce il nostro cervello. Che risponde alla legge dell’use it or lose it: tutto ciò che non utilizziamo rischia di essere perso».
Cervello e mondo esterno, insomma, sono connessi…
«La società e il cervello s’influenzano reciprocamente. Le guerre, le ideologie, i modelli politici e sociali, le scelte religiose e morali sono frutto delle menti umane e, al contempo, condizionano il nostro modo di pensare, sentire, decidere. Il funzionamento del cervello contribuisce a costruire la società e la società, a sua volta, plasma il cervello. I conflitti spesso derivano da reazioni emotive collettive, che si radicano in meccanismi cerebrali primitivi. Il cervello ha bisogno di relazioni e riconoscimento: da qui nascono gruppi, partiti, comunità che, però, entrano in contrasto quando “l’altro” è percepito come una minaccia. Del resto, il contesto in cui viviamo e i nostri valori modificano il cervello, che si adatta all’ambiente culturale e impara regole, credenze, comportamenti. Crescere in una democrazia o in una dittatura, nella violenza o in pace, incide sullo sviluppo della mente».
Si spiegano, allora, le contraddizioni umane?
«Il fatto che l’umanità raggiunga l’eccellenza in alcuni ambiti e, allo stesso tempo, perpetui atti ingiusti o distruttivi in altri è una delle grandi sfide per comprendere la nostra natura. Il cervello è razionale ed emotivo. È il risultato di milioni di anni di evoluzione e contiene strutture antiche, legate alla sopravvivenza, assieme a quelle più recenti, sedi del pensiero razionale. Siamo di continuo sottoposti a due spinte: una istintiva e difensiva che scatta in situazioni di paura, insicurezza o conflitto; una più riflessiva e razionale che ci permette di progettare, innovare, seguire un’etica. Servono educazione, cultura e consapevolezza per far prevalere la parte migliore. La sfida tra arretratezza e progresso si gioca nella dimensione più profonda, nell’invisibile che orienta le nostre scelte. Solo conoscendolo e riconoscendolo possiamo sperare in un’evoluzione autentica».
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