Cultura
2 settembre, 2025La vicenda del pugile sinti Johann Trollmann, vittima dell'olocausto, diventa un corto di animazione diretto da Alessandro Rak: il 4 settembre è alla Mostra del cinema di Venezia
“Il mio nome è Johann Trollmann, detto Rukeli, che in lingua sinti significa albero”. A parlare è una voce dall’accento esteuropeo, sulle note di un violino. Introduce alla vicenda del pugile Trollmann, campione di Germania negli anni del regime nazista. Un campione scomodo, per Hitler e i suoi, dato che Rukeli è di etnia sinti. Lo zingaro, lo chiamano infatti, naturalmente in senso dispregiativo. Dopo la conquista del titolo gli tolgono tutto: moglie, figlia, casa e il titolo stesso. E quando lo deportano nei campi di concentramento lo castrano, mentre Rukeli, l’albero, perde le foglie, ovvero muscoli e peso. Ma avrà modo – in parte - di riscattarsi.
La sua storia è diventata un corto d’animazione che viene trasmesso in prima visione ufficiale alla mostra del cinema Venezia il 4 settembre, mentre il 9 è in oltre cento cinema di tutta Italia nell'ambito del programma “Corto che passione”. A firmarlo è Alessandro Rak, regista napoletano pluripremiato coi suoi “L’arte della felicità” e “Gatta cenerentola”, che lo ha realizzato su spunto dell’associazione “Chi rom e chi no”. È prodotto da AntropicA di Parsifal Reparato con Sideways Studios, Film i Väst, in associazione con Mad Entertainment e in collaborazione con Rai Cinema e il supporto di Film Commission Regione Campania; la distribuzione è a cura di Premiere Film.
Lo hanno scritto Biagio Di Bennardo e Emma Ferulano come esito di un laboratorio per giovani che si è tenuto nel corso di quest’anno a Scampia, un percorso di formazione e testimonianza culminato in un viaggio ad Auschwitz. Rukeli morì nel campo di Wittenberge, non prima di essersi “vendicato” del regime che gli aveva levato tutto. Al centro del corto, infatti, c’è una sfida che gli lancia il capo del lager, Emil Cornelius: lo zingaro è pur sempre il più famoso pugile del Paese, batterlo sarebbe una soddisfazione immensa e un modo per dimostrare che la razza ariana è superiore alle altre, figurarsi quella rom o sinti, specie adesso che Rukeli ha perso 40 chili ed è destinato a morte certa. Attorno all’imprivvisato ring si raduna una folla di nazisti, rom ed ebrei. E nonostante lo stato di forma, col povero Rukeli ridotto uno scheletro, “quando mi misero i guantoni accadde qualcosa. Mi parve di sentire di nuovo quel violino gitano, e ripresi a muovermi in quel modo tutto mio, che pareva che danzassi” dice la voce, interpretata in italiano dall’attore Antonio De Matteo, in lingua romanes e inglese da Alecio Araci. Al nazista non rimase un dente in bocca: “Sono Rukeli, uno zingaro. E tutti quelli che si credevano di razza superiore li ho messi al tappeto”. Il tratto sfumato, danzante, poetico di Rak è un tramite ideale per rendere il confine incerto tra fiaba e orrore.
Rak commenta la lavorazione del corto: “Ho ricostruito un discorso tenuto da Rukeli facendolo parlare in prima persona, e poi ho chiesto ai ragazzi del laboratorio di ideare, per ogni sua frase, un’immagine che potesse raccontarla. Loro poi hanno realizzato ricerche fotografiche, all’insegna di un metodo molto semplice, quello dell’associazione tra testo e immagine, qualcosa che potesse far vibrare l’uno e l’altra”.
Sui contenuti il regista dice: “Il tema centrale è quello dell’emarginazione sulla scorta dell’idea di razza e tutto ciò che di spregevole il periodo nazista ha portato e che purtroppo si ripresenta anche oggi sotto alcuni aspetti: discriminazioni su base razziale, etnica, religiosa. Il laboratorio serviva a ricordare un momento buio dell'umanità per sensibilizzare i ragazzi. La contemporaneità purtroppo ci fa ripiombare nel buio di quegli anni, quello che accade a Gaza è il prodotto più degradato della memoria: è l'eredità del male”.
LEGGI ANCHE
L'E COMMUNITY
Entra nella nostra community Whatsapp
L'edicola
Vergogna - Cosa c'è nel nuovo numero de L'Espresso
Il settimanale, da venerdì 5 settembre, è disponibile in edicola e in app