Il 6 ottobre 2022, Praga ha ospitato un incontro piuttosto singolare. Nel contesto di un’escalation della guerra alle porte dell’Europa, 44 capi di Stato e di governo si sono riuniti per il lancio della Comunità Politica Europea. È raro avviare un nuovo forum senza aver previamente concordato obiettivi chiari, termini di riferimento espliciti o piani futuri, ma questo si è rivelato estremamente efficace, anche se dovranno seguirne altri.
Questo primo incontro su scala continentale ha inviato segnali importanti. Il principale è stato un messaggio geopolitico: di fronte alla guerra della Russia contro l’Ucraina e all’aggressione in altri Paesi, i leader europei - sia all’interno che all’esterno dell’Ue - riconoscono la necessità di collaborare più strettamente e strategicamente per proteggere e ricostruire l’Europa, mantenervi l’ordine e, come concorda la maggior parte dei 44 leader presenti, proteggerne i valori e principi fondamentali. Il compito è ora quello di trasformare questa prima conversazione in una comunità politica d’impatto che risponda in modo adeguato alle gravi sfide dell’Europa, in primis quelle della sicurezza e della crisi energetica.
È una scelta saggia quella dei leader di riunirsi nuovamente nella primavera del 2023, questa volta ospitati dalla Moldavia, paese candidato all’ammissione all’Ue, dove l’influenza russa si manifesta in forme molteplici, mentre un governo eletto democraticamente combatte la corruzione, spinge per la riforma del sistema giudiziario e accoglie migliaia di rifugiati ucraini. Ci si augura che il viaggio a Chisinau farà capire ai leader dell’Ue l’urgenza di attuare politiche più incisive per i Paesi più vulnerabili.
Incontri ravvicinati e regolari tra i leader permetterebbero alla Comunità Politica Europea di evolvere in un forum continentale chiave, ma solo a condizione che tutti i suoi membri concordino su principi fondamentali come quelli che stanno alla base dell’Ue o del Consiglio d’Europa nei settori dello stato di diritto, della democrazia e dei diritti umani. Sebbene il primo incontro abbia avuto le caratteristiche di un utile workshop che combina grandi gruppi multilaterali e piccoli gruppi, nonché colloqui bilaterali attesi da tempo tra leader dello stesso continente, a un certo punto la Cpe dovrà passare alla definizione delle politiche per rimanere rilevante. In questo caso, le divisioni interne potrebbero richiedere una modifica dell’elenco degli invitati e sarà di fondamentale importanza raggiungere un allineamento affidabile di tutti i Paesi partecipanti sulla loro posizione nei confronti della Russia.
Sono necessari anche legami più stretti tra l’Ue e i suoi vicini, perché né l’allargamento né la politica di vicinato possono dare i risultati rapidi e convincenti di cui abbiamo bisogno. La Cpe può dare un contributo positivo se diventa un ponte verso l’Ue per i Paesi in via di ammissione, consentendo legami più stretti e la stabilizzazione al di là degli attuali confini dell’Ue.
Ciò è tanto più importante in quanto i leader europei, in particolare il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz, hanno chiarito in modo inequivocabile i prerequisiti per un ulteriore allargamento. Entrambi hanno sottolineato che prima di accogliere altri Stati membri saranno necessarie riforme dell’Ue che coinvolgano il processo decisionale e le istituzioni. Il processo decisionale dell’Ue è a volte lento e macchinoso e, mentre l’unione politica lavora duramente per la propria capacità di agire, deve anche diventare più agile. Spesso ostacolata da veti o minacce di veto, la legittimità democratica di questo processo decisionale deve essere sostenuta e rafforzata.
Uno spazio politico in cui affrontare le sfide alla sicurezza e alla stabilità collettive e definire politiche concrete è infatti ciò che accomuna gli interessi dell’Ue con quelli degli Stati vicini. I leader dovrebbero quindi utilizzare il tempo che ci separa dal prossimo vertice per costruire una piattaforma in grado di combinare il dialogo politico con l’attuazione delle politiche in modo rapido e flessibile, al fine di strutturare in modo più incisivo le relazioni tra l’Ue e i suoi vicini, compresa, ad esempio, la cooperazione in materia di sicurezza energetica, i progetti infrastrutturali e altri passi pratici. In questo senso è fondamentale considerarsi come pari. La logica asimmetrica del processo di adesione, con un centro forte e un candidato speranzoso, viene ribaltata, poiché l’Ue fa bene a imparare anche dai suoi vicini, ad esempio in materia di difesa, digitalizzazione o elaborazione di politiche decentralizzate e agili.
In questo modo la Cpe può essere due cose insieme: un forum intergovernativo per coordinarsi non solo contro l’aggressione della Russia, ma anche nei confronti della Cina come sfidante sistemico che mira a dividere l’Ue per guadagnare influenza, e il “voto unanime” di cui ha bisogno per impedire decisioni politiche che vanno contro i suoi interessi in aree in cui l’Ue decide ancora all’unanimità.
Per attuare rapidamente le politiche, la Cpe dovrebbe basarsi su un accordo di “soft law” tra gli Stati partecipanti e l’Ue e disporre di chiari meccanismi decisionali. Dovrebbe lavorare il più possibile con le istituzioni esistenti, puntando ad un processo decisionale più efficace di quello che avviene attualmente nell’Ue. Potrebbe, ad esempio, funzionare senza veto in sottogruppi di Stati membri, o lavorare in aree geopoliticamente rilevanti che non sono ancora di competenza dell’Ue. Una Cpe ambiziosa fornirebbe risorse finanziarie per una cooperazione più profonda in materia di energia e clima, sicurezza e difesa, e convergenza economica e sociale. Tuttavia la Cpe non sarebbe e non dovrebbe essere considerata un sostituto dell’adesione all’Ue. Al contrario, dovrebbe essere concepita in modo tale da poter funzionare da acceleratore. Per i Paesi che non intendono aderire all’Ue, la Cpe fornirebbe un quadro di riferimento continuo che sostiene una cooperazione strutturata.
Solo pochi anni fa, i Paesi in via di ammissione respingevano l’idea di costruire legami più stretti al di sotto del livello di piena adesione. La situazione è cambiata: ora è necessaria la capacità comune di agire e di aumentare la resilienza di fronte ad attacchi multiformi. Una Cpe lungimirante può essere d’aiuto e potrebbe alla fine produrre risultati che le politiche tradizionali dell’Ue non avrebbero potuto dare.
A cura di Amélie Baasner
Tradotto da: Amanda Morelli e Nicholas Teluzzi
Daniela Schwarzer è Direttrice dell’Open Society Foundations. È stata consulente di diverse presidenze dell’Ue. La sua specializzazione è sempre stata la politica europea ed internazionale. È docente presso la Johns Hopkins University e ha insegnato, tra l’altro, presso la Freie Universität di Berlino e la Hertie School of Governance