Ci sono maestri che più di altri sanno mescolare fiaba e realtà, umanità e spiritualità, umorismo e disincanto. È il caso di Shigeru Mizuki, maestro del manga senza eguali nato a Osaka nel 1922 e cresciuto nella piccola città di Sakaiminato, nella prefettura di Tottori. Inviato da ragazzo nell’isola di Nuova Britannia, in Papua Nuova Guinea, ha vissuto gli orrori della Seconda guerra mondiale, conoscendo morte e malattia, tra malaria, compagni feriti e un’esplosione traumatica in cui ha perso il braccio sinistro. Mancino di nascita, animato da una fortissima vocazione per l’arte, ha reimparato a scrivere e disegnare con la mano destra, specializzandosi nell’arte del Kamishibai, (piccolo teatro itinerante di immagini e parole), fino all’esordio da fumettista con Rocketman nel 1957. Due anni dopo, grazie a “Kitaro dei cimiteri”, il manga che ha reso popolari gli Yokai, i mostri dell’immaginario tradizionale nipponico, è arrivato il grande successo.
Da allora la sua produzione a fumetti è stata inarrestabile. Scomparso nel 2015, Shigeru Mizuki è riconosciuto tanto a Oriente quanto a Occidente come una delle voci più rappresentative della cultura giapponese. “Mondo Mizuki, Mondo Yokai”, è la prima grande mostra in Italia, e la seconda in Europa dopo la personale di Angoulême del 2022, che ne svela l’universo. Un appuntamento dal 26 aprile al 30 agosto negli spazi di Casa Cavazzini a Udine. Organizzata in occasione del Far East Film Festival, il festival di cinema dell’Estremo Oriente fuori dall’Estremo Oriente, è un’antologia con oltre cento opere originali, molte delle quali mai esposte fuori dal Giappone, riproduzioni, riviste, libri, documenti video e testi critici.

Un viaggio per toccare con mano la profondità dell’autore, per capire come ha saputo tessere episodi storici e leggende, sentimenti delicati e disperati, divertenti e grotteschi. Un cammino per scoprire la luce di un artista che con cuore e pennino ha ridato vita a spiriti quasi sepolti, un patrimonio etnologico sul punto di essere dimenticato in nome di una modernità che bussa alla porta. A lui va il merito di aver reso pop gli Yokai, quei demoni del folklore che parlano a ognuno di noi, che vivono la notte e che, pur invisibili, ti si appiccicano addosso, restituendo spiritualità e magia. Sono ovunque, nelle foreste e nei boschi, tra gli alberi e sulle montagne, nell’acqua e nelle case, assumono sembianze umane, animali e si insinuano negli oggetti di uso comune. Sanno essere terribili e spettrali, portandoci negli abissi di paure ancestrali, mettendoci in guardia con scherzi e dispetti, ma anche benevoli, portatori di fortuna, ricchezza e protezione. Tavola dopo tavola attraverso le pagine di Tono Monogatari ecco il Giappone della vita di Mizuki, quello rurale e antico in contrapposizione con la nuova contemporaneità. Un’opera fondamentale per la letteratura del fantastico giapponese in cui l’autore riadatta i racconti che il ricercatore Kunio Yanagita aveva scritto nel 1910, l’equivalente delle nostrane fiabe dei Fratelli Grimm. Inevitabile è il passaggio nel mondo autobiografico di NonNonBâ, ispirato a sua nonna che parlava con i fantasmi.
Lo scontro con gli “spiriti occidentali” torna con Verso una nobile morte, che ci catapulta negli anni della guerra vissuta e passata, in cui disegni e parole accompagnano nell’angosciante realtà del conflitto. Prima il disincanto e poi una vorticosa spirale di dolore verso un male irreparabile. Un’epoca di cui Mizuki si fa testimone, raccontando in un’opera monumentale a fumetti il periodo Showa (l’era dell’Imperatore Hirohito il cui regno è iniziato nel 1926 e si è concluso nel 1989). Il suo è un resoconto sia storico che personale, in cui alterna fatti e punti di vista, realismo e brutalità. Ci sono la politica e la battaglia e poi c’è lui che si arruola, vive la miseria, perde il braccio e torna a casa. Del maestro il curatore Vincenzo Filosa spiega: «Nelle sue storie troviamo la volontà fortissima di rappresentare il mondo reale nei suoi aspetti problematici, fraintesi o ignorati; già nei primi anni Sessanta, ha sviluppato un’idea chiara e definita delle potenzialità del manga come linguaggio che deve sicuramente intrattenere ma anche diffondere, divulgare e condividere bellezza e umanità. Il “mangaka” ha dedicato la sua vita ad avvicinare mondi apparentemente lontanissimi. Nelle sue storie le vicende più intime si intrecciano allo sguardo attento del contesto storico e sociale, il mondo terreno abbraccia quello spirituale, i mostri sono caratterizzati da un’umanità vibrante e gli umani ritratti anche nelle loro piccole mostruosità quotidiane. Ma sempre con affetto». Nei giorni della mostra Canicola pubblica “Il mondo delle fessure rotonde”: la prima antologia in Occidente di racconti a fumetti inediti, scritti autobiografici e riflessioni sul linguaggio del maestro, usciti tra il 1966 e il 1980 sulla celebre rivista “Garo”, un punto di riferimento per il mondo del manga alternativo e palestra per moltissimi autori sperimentali. Curata dall’associazione culturale bolognese Canicola, dal fumettista, traduttore e docente tra i massimi divulgatori del manga in Italia Vincenzo Filosa, e dalla Mizuki Productions di Tokyo, “Mondo Mizuki, Mondo Yokai” è la mostra da non perdere.
