Il messaggio è arrivato a Berlino in via informale: se e quando si dovesse decidere che la Grecia va abbandonata al suo destino, dovrebbe scattare subito una dichiarazione di sostegno illimitato agli altri Paesi "deboli", Spagna e Italia soprattutto. Altrimenti per  la moneta europea non ci sarebbero più speranze

Il messaggio è arrivato a Berlino in via informale: se e quando si dovesse decidere che la Grecia va abbandonata al suo destino, dovrebbe scattare subito una dichiarazione di sostegno illimitato agli altri Paesi "deboli", Spagna e Italia soprattutto. Altrimenti partirebbe l'effetto domino e per l'euro non ci sarebbero più speranze. Dunque, la scelta di abbandonare Atene ha implicazioni complesse per Angela Merkel. Non significa solo sganciare dall'eurozona una piccola propaggine che vale il 3 per cento del Pil totale. Significa molto di più. Ovvero impegnarsi di fronte al mondo sulla sopravvivenza dell'euro. Perché è proprio questo che i mercati non capiscono: quanto la Germania, e con essa l'Unione europea, è disposta a fare per garantire un futuro alla valuta introdotta poco più di dieci anni fa. Lo ha fatto capire anche il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, nelle sue Considerazioni finali: gli investitori sono scettici sulla capacità dei governi europei di assicurare la tenuta stessa dell'unione monetaria. Questo non vuol dire che i Paesi deboli, e in particolare l'Italia, hanno finito i loro "compiti a casa".

Il governo di Mario Monti deve ancora lavorare sulla composizione del bilancio pubblico, più che sull'entità della manovra. E continuare sulla strada delle riforme anche se la crescita al 3 per cento non è un obiettivo che si raggiunge in pochi mesi. Ma un Paese da solo non se la cava. E i governi dell'Europa intera devono esserne consapevoli. La Banca centrale europea ha strumenti limitati, e non può tenere in piedi il sistema: quanto ha fatto finora, soprattutto con i prestiti alle banche, è il massimo.

Ora però il quadro globale sta peggiorando: gli Stati Uniti e la Cina rallentano, la recessione si aggrava in molti Paesi europei, gli spread sono alti, le banche stanno soffrendo e hanno bisogno di capitali, il rischio di una corsa a ritirare i depositi si fa giorno dopo giorno più minaccioso. E allora serve una decisione politica: annunciare al mondo che la sopravvivenza dell'euro non è in discussione, costi quel che costi, e presentare una serie di strumenti in grado di tradurre quell'impegno in fatti (dal fondo per la garanzia dei depositi bancari all'utilizzo dell'Esm, European stability mechanism, per rafforzare il capitale delle banche). Quanto alla Grecia il suo destino sembra segnato. Anche se i tedeschi per primi sanno bene che, al di là dello sconquasso provocato dall'uscita dall'euro, i greci hanno già ricevuto quasi 150 miliardi di prestiti: quasi metà del loro Pil. Se escono dall'euro quali ragionevoli probabilità ci sono che li restituiscano? E comunque, arrivati a questo punto, la vera decisione non è più sui greci ma sugli altri Paesi deboli. E la posta in gioco è alta anche per la Germania. Perché una corsa ai depositi e il blocco del sistema dei pagamenti in Europa innescherebbero una recessione di proporzioni colossali. Da cui nemmeno Berlino uscirebbe immune. La scelta per Angela si profila terribile: o dire "sosterremo l'Italia fino in fondo" o provocare una catastrofe paragonabile, in termini economici, a una guerra mondiale.