Pubblicità
Economia
gennaio, 2013

Fornero e Camusso sorelle d'Italia

Nonostante gli screzi le due signore sono accomunate dalla convinzione che il mercato del lavoro si possa dirigere. E invece con l'aumento delle rigidità si crea soltanto più disoccupazione. Come insegnano queste due vicende

Il tema della campagna elettorale che più di ogni altro sta interessando gli italiani è l'occupazione. Ormai è chiaro che siamo in emergenza: il tasso di disoccupazione è volato all'11 per cento, raggiungendo per i giovani la strabiliante cifra del 37 per cento. Il tasso di occupazione della popolazione tra i 15 e i 65 anni è tra i più bassi del mondo e quello femminile non è da paese avanzato. La Cassa integrazione, infine, ha raggiunto il record di un miliardo di ore nel 2012. Di fronte a dati così drammatici, il ministro Elsa Fornero ha dichiarato che non si tratta di «un suo fallimento». Può darsi: nemmeno un gran successo però.

La riforma del mercato del lavoro che porta il suo nome è stata strombazzata ai quattro venti come uno strumento che avrebbe liberalizzato la flessibilità aziendale attraverso la riforma dell'art. 18 e introdotto maggiore stabilità a favore dei precari.

SI SONO QUINDI ALLUNGATI i termini tra la fine di un contratto a termine e la stipula di uno nuovo (60-90 giorni al posto dei 10-20 pre-riforma), sono stati maggiorati i costi contributivi dei contratti di somministrazione lavoro e di quelli a termine, è stato limitato l'utilizzo degli apprendisti nell'ambito dei contratti di somministrazione lavoro. Gli apprendisti, poi, possono essere assunti solo se viene confermata dal datore di lavoro almeno la metà degli apprendisti precedenti che comunque non possono stipulare contratti inferiori a sei mesi; l'utilizzo del lavoro intermittente è sostanzialmente subordinato all'accordo dei sindacati e le partite Iva vedono ridotto il loro raggio di azione. Insomma, norme che hanno introdotto rigidità e che hanno subito scatenato le proteste delle associazioni imprenditoriali. Fornero prima ha sdegnosamente respinto le critiche, poi ha detto che avrebbe dovuto studiare l'impatto della riforma, dopodiché non l'ha studiato ma ha concesso che qualche ritocco si potrebbe fare e ora mestamente soggiunge che non è un fallimento. Può succedere a chi crede che il legislatore sia in grado di creare il lavoro o le condizioni in cui lo stesso viene prestato.

Però non sarebbe giusto riversare tutte le colpe sul ministro uscente. Per capire quanto l'Italia sia lontano dall'avere il giusto approccio su questo tema basta ricordarsi la recente polemica tra la Cgil e McDonald's. La catena di fast-food aveva lanciato una campagna pubblicitaria che riprendeva l'articolo 1 della nostra Costituzione ("L'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro"), mostrava delle belle facce pulite di dipendenti dell'azienda e annunciava 3 mila future assunzioni.

IL SINDACATO NON HA APPREZZATO. Ha trovato la pubblicità un po' troppo patinata (è noto che le aziende chiedono alle agenzie spot sgarrupati), ha denunciato che l'80 per cento dei contratti sono part-time e soprattutto che la multinazionale non si siede al tavolo coi sindacati per firmare il contratto aziendale integrativo. Pronta la replica di McDonald's, che ha vantato i suoi meriti di essere in cima alle classifiche dei migliori posti dove lavorare. Ma la replica non coglie il segno. La risposta giusta avrebbe dovuto essere "embé?". Un'impresa ha bisogno di lavoro part-time, notturno e domenicale perché i suoi clienti, maledizione, consumano a tutte le ore, ma il sindacato vorrebbe che le assunzioni fossero a tempo pieno e dalle 9 alle 17. Non si capacita, l'organizzazione di Susanna Camusso, di come mai ci siano frotte di giovani che vogliono entrare in un tale luogo di perdizione, senza seguire il modello di impiego conquistato grazie alle lotte del movimento operaio. Guarda un po', al tramonto dell'esperienza del governo dei tecnici ci è toccato scoprire pure questo: nonostante gli screzi passati, Fornero e Camusso, pensando di poter dirigere con le loro superiori conoscenze le dinamiche del mercato, si sono ritrovate più vicine di quanto si pensasse. Magari fonderanno un partito: "Sorelle d'Italia".

L'edicola

La pace al ribasso può segnare la fine dell'Europa

Esclusa dai negoziati, per contare deve essere davvero un’Unione di Stati con una sola voce

Pubblicità